Dai
dati sulle dipendenze dell’Osservatorio epidemiologico dell’Ausl
di Bologna relativi al 2017 emerge che il numero delle persone con
problemi legati al gioco è in costante aumento. Il direttore del
Sert: “E’ un problema che va affrontato non solo dal punto di
vista medico”
Da
E-R Sociale
Mentre
aumentano a Bologna i malati di gioco che si rivolgono al Sert, la
maggior parte dei ludopatici rimane tuttavia sottotraccia. In tutta
l'area metropolitana si stimano "tra
le 1.000 e le 1.500 persone che avrebbero bisogno di essere curate
per il gioco",
con una prevalenza di 1,78 giocatori problematici ogni mille
residenti. Lo segnala
Raimondo Pavarin, direttore dell'Osservatorio epidemiologico
dell'Ausl di Bologna,
presentando il rapporto 2017 sulle dipendenze nel capoluogo
emiliano.
L'anno
scorso si sono presentate al Sert 200 persone per problemi dovuti
al gioco, in costante aumento rispetto al passato (erano 32 casi
nel 2009). Cresce
anche l'età media di chi chiede aiuto
(49,6 anni) e
la percentuale di non nativi
(10%). In calo la quota di femmine e quella di soggetti con
scolarità medio alta. Il 65,5% ha un programma di recupero in
corso (in media durano sei mesi), il 9% lo ha già completato. In
aumento i casi di abbandono: dall'7,7% del 2016 all'8,5% dell'anno
scorso. Nel 5% dei casi, i ludopatici arrivati al Sert avevano
anche altre dipendenze, per lo più dovute all'abuso di alcol.
"Abbiamo
realizzato uno studio, pubblicato sul Journal of clinical medicine
- spiega Pavarin - su tutte le persone che si sono rivolte a un
Sert o in ospedale o a un servizio di salute mentale con problemi
legati al gioco e una diagnosi di ludopatia. Abbiamo visto che il
40% sono persone che si erano già rivolte ai servizi, negli anni
precedenti, per altri problemi di salute mentale. Quindi
probabilmente il target è abbastanza definito", afferma il
direttore dell'Osservatorio.
Sul
gioco però "bisogna affrontare bene il discorso - ammonisce
Pavarin - perché un conto è giocare, un conto è rovinarsi e un
conto è sviluppare dipendenza". Nel 2017 sono aumentate le
persone che si sono rivolte ai servizi, ma "se ragioniamo
sull'incidenza e sui nuovi casi, considerando chi è stato al Sert
e in altre strutture, vediamo che c'è stato un aumento fino al
2015 e poi un calo", segnala Pavarin. Allo stesso tempo, "c'è
anche una tendenza molto forte a medicalizzare il gioco - continua
il direttore dell'Osservatorio - un conto è un problema sociale,
ad esempio determinato dalla solitudine, e un conto è sviluppare
una dipendenza.
Se pensiamo che ognuno che gioca e si rovina debba essere trattato
solo dal punto di vista medico-sanitario, non facciamo un buon
servizio. Il
problema sociale va affrontato con altri strumenti", mette in
guardia Pavarin.
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