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Il
Sangue di Bruxelles
Ancora sangue sull'Europa. Sangue innocente, di studenti,
di famiglie, di turisti, di funzionari. A nome del nostro Governo
ho risposto parlando da Palazzo Chigi martedì scorso. Qui
trovate i dieci minuti di video. E qui,
per gli interessati, il testo. In tanti mi scrivete: "Matteo,
non aver paura di pronunciare la parola giusta. E la parola giusta
è guerra". Non credo che la parola guerra sia la parola
giusta. E lo dico sapendo di andare contro il pensiero dominante.
Non è un problema semantico o lessicale: utilizzare la parola
guerra può servire per mettere al caldo le nostre insicurezze. Ma
paradossalmente finisce per fare il gioco dei nostri nemici. Sono
loro che vogliono parlare di guerra. Sono loro che hanno bisogno
della nostra paura. Ci vogliono morti, ma se rimaniamo vivi ci
vogliono paralizzati dal terrore. Noi dobbiamo reagire.
Distruggendoli, certo. Ma la guerra è fatta da stati sovrani, il
terrorismo da cellule pericolose o spietate che non meritano di
essere considerate stati sovrani. Loro vogliono farsi chiamare
ISIS, Stato Islamico. Noi li chiamiamo Daesh. Spero che questo
possa rispondere al quesito terminologico. La sostanza però è
un'altra. Occorre una reazione durissima nella distruzione di
queste cellule, certo. E poi occorre un gigantesco investimento
educativo e culturale. Perché l'educazione è il principale
fattore per la sicurezza di un popolo. E ci investiremo, senza
rinunciare alla nostra identità, ai nostri valori, ai nostri
ideali. L'Italia ha scelto una strada: per ogni euro investito
in sicurezza, un euro investito in cultura. Per ogni euro
investito in polizia, un euro nelle nostre periferie. Credo
che questo serva anche all'Europa. Per mesi ci hanno spiegato
di essere terrorizzati dalle minacce esterne. E poi ci siamo resi
conto - qualcuno di noi lo diceva da tempo - che il vero problema
è dentro le nostre città, in un radicalismo nichilista che
spesso prende in ostaggio l nuove generazioni. Le periferie
europee e talvolta le prigioni europee diventano il luogo dove
giovani vite vengono attratte da una prospettiva esistenziale
folle e autodistruttiva: il controllo sul territorio va fatto
anche lì. Con le camionette dell'esercito, certo. Ma anche con i
maestri elementari. Con l'illuminazione e le forze di polizia,
ovvio. Ma anche con il volontariato e il terzo settore. è una
sfida difficile, durerà mesi, forse anni. Ma l'Italia dei nostri
nonni ha attraversato la notte del fascismo, l'Italia dei nostri
genitori ha superato il brigatismo e il terrorismo interno,
l'Italia di quando eravamo studenti liceali è stata più forte
delle bombe della mafia. Supereremo anche questa e mi conforta
leggere tante vostre lettere, belle (tra le altre vi segnalo qui
una di Jacopo, qui
una di Nicholas). A condizione di restare noi stessi. Di non farci
piegare dalla superficialità, dalla demagogia, dal semplicismo
vuoto e becero di chi punta a prendere voti anche sulle disgrazie.
Dopo vicende come queste compito di chi guida un Paese è cercare
di tenere tutti uniti, indipendentemente dalle singole idee
politiche. Verr&ag rave; la campagna elettorale e ciascuno
dirà la sua. Ma quando c'è una vicenda come quella di Bruxelles,
prima di tutto vengono la sicurezza nazionale e i valori condivisi
di una comunità.
Le
ragazze dell'Erasmus in Catalogna
Perché - lasciatemelo dire - nonostante una retorica
stanca e polverosa l'Italia è una comunità, molto più di quello
che sembra. Ce ne siamo accorti il primo giorno di primavera,
quando la vicenda terribile delle giovani vittime della strada in
Catalogna ci ha reso tristi, insieme. Sette di queste ragazze
Erasmus erano italiane, Francesca, Lucrezia, Valentina, Elena,
Serena, Elisa ed Elisa. Sono andato a Tarragona a salutare le loro
famiglie, portando loro l'affetto di tutti voi, di tutti gli
italiani. Tutti i giorni, lo sappiamo, muoiono innocenti sulla
strada. E il nostro impegno per la sicurezza non è finito con
l'approvazione della legge dell'omicidio stradale, ma deve
continuare e continuerà, giorno dopo giorno. E allora perché la
vicenda catalana ci ha colpito in modo così profondo? Forse
perché sono sette ragazze così sorridenti e piene di vita che ti
sembra impossibile pensare che non ci siano più. Forse perché
l'Erasmus ha ormai segnato diverse generazioni, da toccare
praticamente ogni famiglia italiana. E sembra impossibile morire
durante l'Erasmus che è un'esplosione di vita. Un inno alla vita.
Ma forse soprattutto perché ci sentiamo comunità molto più di
quello che pensiamo. E se siamo una comunità, il dolore di quei
genitori non può esserci estraneo, lontano.
La
Rai
Nelle prossime settimane discuteremo del contratto di
servizio per la RAI, di concessione, di temi che solitamente
vengono affrontati solo dagli specialisti. Mi piacerebbe che ne
parlassero gli italiani. Perché la Rai non è del Governo, non è
del Parlamento, non è del ministro. La Rai è delle italiane e
degli italiani. E allora ho chiesto agli uffici competenti di
aprire un dialogo in tutte le forme, in tutti i luoghi possibili,
su cosa si aspettano i cittadini dalla Rai. Che tipo di
servizio educativo? Che tipo di missione informativa? Quale
rilancio culturale? Quale protagonismo industriale? Quali idee per
i nostri figli? E - adesso lo confesso - io ho un piccolo
conto aperto con la Rai. No, non vi spaventate. Non mi
riferisco ai talk-show. Qualcuno dice che io voglio i talk-show
come piacciono a me. Se guardate, siamo al Governo da due anni e i
talk-show si moltiplicano. E per chi ancora li segue non sarà
difficile notare come io ci partecipi sempre meno, ma i miei
oppositori talvolta sembrano vivere negli studi televisivi,
qualcuno sembra quasi dormire negli studi televisivi. Buon per
loro, se si divertono: viva il pluralismo. Quello che devo
confessarvi è che una delle mie prime iniziative da giovane
studente universitario fu quella di chiedere insieme a un gruppo
di amici di togliere la pubblicità dalla tv dei bambini. Eravamo
giovani ingenui e forse illusi. Infatti non ci filò nessuno,
nemmeno per sbaglio. Oggi sono molto contento di segnalarvi la
decisione del DG della Rai, Antonio Campo dall'Orto, che ha
disposto che dal 1° maggio 2016 la tv dei bambini (Rai Yo-Yo), ma
anche Rai Cinque e Rai Storia non avranno più la pubblicità. è
una cosa piccolissima, mi rendo conto. Però ci tenevo a
condividerla, da padre prima ancora che da presidente del
consiglio. Ovviamente le sfide strategiche della Rai sono
molto più grandi.
Leggo come sempre volentieri le vostre
email all'indirizzo: matteo@governo.it
A proposito di confronto e di proposte, un gruppo di
ricercatori italiani che studiano e lavorano all'estero ha scritto
un appello
su Repubblica.
Qui
trovate il link alla mia risposta. Che non si limita a riportare
tutto quello che stiamo facendo per la ricerca in Italia, perché
dia chance ai più meritevoli ma riesca anche ad attrarre studiosi
dall'estero. Come accade ai laboratori di fisica del Gran Sasso
che ho visitato di recente. Ma che intende coinvolgere chiunque
abbia idee e voglia e non si rassegni mai all'idea di un paese
fermo. Che noi siamo determinati a rimettere in moto anche in un
settore così decisivo per il futuro come quello dell'università
e della ricerca.
Le
Bufale
Dalla settimana scorsa abbiamo inaugurato la rubrica "Le
bufale". Capita spesso di leggere polemiche nei confronti del
Governo, e fin qui tutto bene: la polemica è il sale della
democrazia. Quando però si fa polemica contro la realtà, è
giusto iniziare a rispondere. Con i fatti, con i numeri. La scorsa
enews ho parlato di lavoro. Per chi se la fosse persa, qui
c'è il link. Nelle prossime puntate parleremo di tutto quello che
volete, vado a richiesta: banche, finte trivelle, tasse. Fatemi
sapere, io rispondo. Questa puntata de "Le bufale"
la dedichiamo a chi dice: con il Governo Renzi, il Mezzogiorno è
scomparso dalla scena politica.
Proprio ieri è stato
firmato il decreto ministeriale sul credito di imposta per chi
investe al Sud. Che unito agli incentivi sul lavoro, ridotti ma
pur sempre presenti, e al superammortamento del 140%, costituisce
una invitante occasione per chi vuole credere nel futuro del
Mezzogiorno. A queste iniziative vi prego di sommare:
La
cultura - cominciando con Pompei, dove ormai la notizia non sono
più i crolli, ma le inaugurazioni. Segnatevi poi la data del 30
aprile per i Bronzi di Riace. E il meglio deve ancora venire.
Bagnoli
- dove nonostante il tempo che ci ha fatto perdere il Comune,
abbiamo vinto mercoledì scorso al Tar contro l'amministrazione
De Magistris e adesso possiamo finalmente partire: sarò
personalmente a Napoli in Prefettura per la cabina di regia il
prossimo mercoledì 6 aprile. Napoli è una città unica e quando
il potere locale collabora si raggiungono risultati insieme (si
pensi alla metropolitana): ma quello che deve essere chiaro su
Bagnoli è che noi andremo avanti comunque, con o senza il
Comune. Perché quella è un'autentica vergogna nazionale. E noi
faremo a Bagnoli quello che abbiamo fatto con la Variante di
Valico o con l'Expo o con la riforma del Senato: proprio perché
tutti dicono "è impossibile!", noi lo faremo.
La
Napoli Bari - accelerata grazie allo sblocca Italia. E più in
generale gli investimenti per il miglioramento delle linee
ferroviarie (circa 500 milioni) sia nella dorsale tirrenica che
in quella adriatica.
Matera
2019 - con i progetti di collegamento più rapido con Bari e
soprattutto culturali (il 6 aprile visiterò anche Matera,
insieme al Governatore Pittella con il quale sono già stato
qualche mese fa allo stabilimento bellissimo della Fiat di
Melfi).
Le
crisi aziendali - dalla più grande, Ilva, fino alle presunte
piccole, da Carinaro a Termini Imerese. Senza dimenticare quelle
appena sistemate, la IrisBus in Irpinia e quelle che ancora
sistemate non sono, a cominciare dalla drammatica vicenda del
Sulcis
Della
parte infrastrutturale calabrese abbiamo già discusso in una
recente enews dopo l'abbattimento dell'ultimo diaframma della
Salerno Reggio Calabria. Adesso c'è da spendere tutto quello che
va speso in Sicilia dove tra strade, dissesto e bonifiche ci sono
risorse per quasi cinque miliardi che però vanno spese nel modo
più efficace e puntuale. Stiamo cercando di spendere il più
velocemente possibile questi soldi (anche perché meno
velocemente sarebbe difficile, visti i tempi a cui siamo
abituati) ma abbiamo il dovere di spenderli bene.
Sulla
banda larga tutti i territori stanno ricevendo una particolare
attenzione, ma il nuovo modello studiato insieme a Enel vedrà
tra gli altri il protagonismo di Bari e Cagliari. Questione di
giorni e saranno resi noti i dettagli.
L'opera
di pulizia su realtà indecorose come le Ferrovie Sud Est in
Puglia o la riduzione delle partecipate previste dalla Legge
Madia sono ulteriori tasselli di un mosaico molto più ampio che
vede il Mezzogiorno finalmente centrale nelle politiche del
governo non con l'assistenzialismo o con l'elemosina, ma con la
richiesta ai soggetti sociali e civili più forti di farsi
sentire, di mettersi in gioco, di non sprecare tempo ed energia
per fare giochini della vecchia politica, ma per mettersi
finalmente in condizioni di competere.
Diciamo
la verità: il Sud non ripartirà mai finché la classe dirigente
del Paese, e del Mezzogiorno in particolare, non rottamerà la
rassegnazione e la lamentela. Le cose stanno finalmente accadendo,
i fondi ci sono, l'impegno è tanto. Il Governo sta impiegando
l'energia più grande per far ripartire il Sud e per sconfiggere
la terribile piaga della disoccupazione. Ma dobbiamo remare tutti
dalla stessa parte.
C'è un sacco di gente splendida al
Sud. Leggo i giornali di questi giorni e penso a Valentina che è
una studentessa che ha vinto le Olimpiadi di Italiano o a Giuseppe
che è un poliziotto e ha disarmato un rapinatore senza utilizzare
la sua arma e dunque senza mettere nessuno a rischio.
Dall'imprenditore che ci crede nonostante tutto al volontario che
manda avanti una comunità con il proprio servizio. Questo Sud è
più forte e più grande delle lamentele di chi sa solo criticare.
Tutti, tutti insieme, possiamo salvare il Mezzogiorno. A
condizione, finalmente, di prendere degli impegni. Di rispettarli.
Di far accadere le cose. Di crederci fino in fondo.
Pensierino
della Sera
Vorrei fare gli auguri di Buona Pasqua a tutti gli
italiani, ma - me lo permetterete - soprattutto a chi in questo
anno ha perduto qualcuno di caro, un amico, un congiunto, un
genitore, un figlio. La Pasqua è per credenti e non un'occasione
di festa, certo. Ma anche una opportunità, laica e religiosa, di
riflettere sulla vita e sulla morte. E allora il mio Buona Pasqua
è innanzitutto per quelli che in questo ultimo anno sono stati
colpiti da un lutto. Tra i tanti, un pensiero speciale alla
famiglia di Giulio Regeni, il giovane italiano ucciso in
circostanze ancora tutte da chiarire al Cairo quasi due mesi fa.
Un pensiero accompagnato da un impegno: l'Italia non si
accontenterà di nessuna verità di comodo. Consideriamo un passo
in avanti importante il fatto che le autorità egiziane abbiano
accettato di collaborare e che i magistrati locali siano in
coordinamento con i nostri, guidati da una figura autorevolissima
come il Procuratore di Roma Pignatone e accompagnati da
investigatori di prim'ordine. Ma proprio per questo potremo
fermarci solo davanti alla verità. Non ci servirà a restituire
Giulio alla sua vita. Ma lo dobbiamo a quella famiglia. E, se mi
permettete, lo dobbiamo a tutti noi e alla nostra dignità.
Buona Pasqua, a tutte e tutti.
Con il consueto
sorriso e a presto, Matteo
PS.
Ci siamo fatti l'idea che Lampedusa sia un'isola "buona".
Di gente con tanti valori che si fa in quattro per salvare gli
altri. Vero. è così. Ma Lampedusa è anche un'isola bella, piena
di attrattive per il turismo o più semplicemente per chi ama la
natura. Ieri, venerdì di Pasqua, sono andato a Lampedusa a
trovare il Sindaco Giusi Nicolini. Abbiamo fatto una breve
riunione di Giunta per parlare dei problemi della sua comunità,
abbiamo incontrato i cittadini, il dottore e i volontari che hanno
salvato migliaia di vite, i pescatori, siamo stati alla spiaggia
dei conigli (impressionante nella sua bellezza), siamo andati a
vedere la Porta d'Europa di Mimmo Paladino. Perché ieri -
casualmente - era il 25 marzo, il giorno in cui 59 anni fa furono
firmati i trattati istitutivi dell'Europa. E il 25 marzo noi siamo
andati a Lampedusa, laddove un gruppo di cittadini sta spiegando
alle istituzioni continentali cosa son o i valori, cosa significa
essere italiani ed europei. Non c'era alcuna emergenza o strage,
non ho comprato nessuna villa a Lampedusa, non ho fatto promesse:
ho portato a quella comunità l'abbraccio di tutti voi.
L'abbraccio - e il grazie - di tutti gli italiani. Per questa
isola che è buona. E bella.
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