L'ombra di Tutankhamon riemerge dal suo passato
millenario e risponde all’intervistatore in una coinvolgente e affascinante
rappresentazione, domani domenica 10 Giugno alle ore 18 al Museo Nazionale
Etrusco Pompeo Ariadi
Marzabotto. Presenta il la Direttrice del Museo, Paola Desantis.
E' una delle "Interviste impossibili" che lo
scrittore, traduttore, giornalista e critico letterario Giorgio Manganelli (Milano, 15 novembre 1922 Roma, 28
maggio 1990) ha ideato e scritto per la RAI (soprattutto per il terzo canale
radio), insieme ad altri giganti della letteratura italiana come Umberto Eco,
Alberto Arbasino, Guido Ceronetti, Italo Calvino, Vittorio Sermonti e altri.
La parte del giovane faraone è interpretata da Marco Mengoli (che introduce anche
l'intervista) mentre il ruolo dell'intervistatore, che fu in origine del
Manganelli stesso, è rivestito da Davide
Giovannini.
Così si racconta
Tutankamon:
"Ho avuto una vita breve e intensa, ho combattuto
il dio Sole di Ekhnaton e riportato l’Egitto ai
suoi vecchi dei, quelli di Tebe.
Ma non ero un teologo, solo un bimbo ubbidiente.
Sono morto a 18 anni, faraone da otto. Un faraone di dieci anni.
Mi distolsero dai giochi rumorosi dei cortili lungo il Nilo, dalle passeggiate mattutine e dalle gite in barca; mi tolsero di mano le navi in miniatura e mi fecero monarca.
Voi pensate sia stata una responsabilità eccessiva per un ragazzo? Il trauma della regalità? Non so, ma non direi. Fare il re era un gioco enorme, massiccio, lussuoso, di pietre gigantesche, obelischi, piramidi e disegni astratti.
Ma non fui mai un sovrano come gli altri. Tutti loro erano stati vivi, supposti vivi, e gli era stato concesso di avere un corpo, febbri infantili, membra mobili, vesti che consentissero la corsa, soffitti che non sembrassero una bara.
A me non toccò nulla di tutto ciò. Per tutta la mia breve vita fui preparato all’unico scopo che fosse degno e congruo a me: la morte. Ed è in grazia di quella mia morte che io ora sono vivo, per quanto sia possibile esserlo in questo luogo".
Ma non ero un teologo, solo un bimbo ubbidiente.
Sono morto a 18 anni, faraone da otto. Un faraone di dieci anni.
Mi distolsero dai giochi rumorosi dei cortili lungo il Nilo, dalle passeggiate mattutine e dalle gite in barca; mi tolsero di mano le navi in miniatura e mi fecero monarca.
Voi pensate sia stata una responsabilità eccessiva per un ragazzo? Il trauma della regalità? Non so, ma non direi. Fare il re era un gioco enorme, massiccio, lussuoso, di pietre gigantesche, obelischi, piramidi e disegni astratti.
Ma non fui mai un sovrano come gli altri. Tutti loro erano stati vivi, supposti vivi, e gli era stato concesso di avere un corpo, febbri infantili, membra mobili, vesti che consentissero la corsa, soffitti che non sembrassero una bara.
A me non toccò nulla di tutto ciò. Per tutta la mia breve vita fui preparato all’unico scopo che fosse degno e congruo a me: la morte. Ed è in grazia di quella mia morte che io ora sono vivo, per quanto sia possibile esserlo in questo luogo".
Il beffardo destino di Tutankhamon, le complicate pieghe del suo vivere quotidiano e della sua corte, e infine il mistero della sua morte escono dalle nebbie della storia per raccontare il dio che si ostinava a non morire. Un modo originale per approfondire la conoscenza di un personaggio noto più per la sua tomba che per le proprie azioni.
L'ingresso è gratuito
L’iniziativa è presentata dal
Gruppo Archeologico Bolognese, in collaborazione con la Soprintendenza per i
Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, dal Museo Nazionale Etrusco Pompeo Aria
di Marzabotto, e dal Dipartimento di Archeologia dellUniversità
di Bologna.
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