Si
concretizza la nascita del Consorzio Mela Rosa Romana dell'Appennino
Bolognese, a conferma del fatto che in agricoltura oggi il 'futuro è
nel passato'.
Infatti
l'idea è quella di recuperare la coltivazione di un frutto, la mela
rosa romana appunto, che un tempo era molto diffusa nei fondi
agricoli dell'Appennino, nei campi tra le viti e nelle vicinanze
delle case coloniche, ma che poi è stata abbandonata con lo
spopolamento della montagna. Il consumo di questa mela è stato
soppiantato da quello delle mele di pianura dove le vaste
coltivazioni a frutteto hanno permesso una produzione estensiva.
Eppure questa piccola mela dal profumo intenso e dal sapore gustoso
e inconfondibile è rimasto nei ricordi di tanti che hanno vissuto la
loro infanzia in montagna e che hanno conservato l'abitudine di
tornare d'autunno a cercare qualche residuo coltivatore che ancora
conserva gelosamente gli alberi antichi.
Ieri
sera, a un incontro a Pian di Setta, si sono ritrovati numerosi
aspiranti soci del neo consorzio e aspiranti coltivatori che hanno
ascoltato la relazione del grizzanese Pietro Vicinelli reduce da una
spedizione informativa in Trentino, dove ha potuto sperimentare una
macchina che estrae dalle mele il succo e dove ha avuto la prova che
il succo di mela rosa romana è particolarmente gustoso e dissetante
e non ha niente da invidiare a quello già ampiamente
commercializzato con successo dai produttori di mele di quella zona.
Vicinelli,
che ultimamente si è documentato ampiamente anche raccogliendo le
conoscenze e le testimonianze dei 'vecchi' produttori, ha ricordato
che fino agli anni '50, la rosa romana grizzanese veniva esportata
nel nord Europa, in particolare in Francia, in Germania e in
Inghilterra, dove era utilizzata per la produzione di una melassa che
gli inglesi mettevano a contorno della carne.
L'esperto
ricercatore universitario Salvatore Martelli ha detto che lui stesso
ha fatto delle ricerche sugli alberi ancora esistenti, analizzando il
Dna e ha appurato che sono ancora alberi sani dai quali è possibile
estrarre 'le spolette' per innestare in modo molto efficace nuove
piante.
E' stato anche fatto notare che, a differenza delle altre mele che necessitano di uno stoccaggio in frigoriferi per essere conservate, la rosa romana si mantiene per tutto l'inverno in ambienti riparati.
Proprio
queste notizie hanno destato forte interesse poiché è già forte il
desiderio di recuperare la coltivazione di antiche colture locali
nella convinzione che, fatte con le dovute attenzioni al biologico e
applicando le tecniche operative moderne, ciò possa essere
effettivamente una fonte di reddito interessante e un modo per
ritornare ad appropriarsi di un ambiente salubre, bello e generoso.
Il
consorzio ha già siti web che sono www.melarosaromana.it
e www.consorsiomelarosaromanaappenninobolognese.it
, quest'ultimo in allestimento e si propone di organizzare i soci per
eventuali acquisti, domande di sussidi, informative e supporto per le
nuove tecniche di coltivazione.
Pietro Vicinelli ha inviato:
Pietro Vicinelli ha inviato:
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