venerdì 17 gennaio 2014

Agricoltori: "relegare i lupi in zone protette".



Ha animato il dibattito sulla presenza della fauna selvatica in Appennino, la presa di posizione dell’Unione Regionale Cacciatori dell’Appennino (URCA) contro la proposta degli agricoltori di relegare la presenza dei lupi nelle aree protette, per scongiurare i danni che il canide arreca agli allevatori. L’Urca  sul proprio giornale informativo scrive infatti:
  
La proposta della Coldiretti  di rinchiudere i Lupi nelle aree protette per contenerne i danni arrecati ad animali come gli ovini, ha, fra lo sconcerto di molti naturalisti, fatto il giro dell'Italia.
Abbiamo sostenuto in altre occasioni
che superare l'articolo 1 della 157/92 attribuendo la proprietà della fauna selvatica ai proprietari dei fondi sarebbe un grave errore in quanto gli interessi economici del mondo agricolo possono condizionare in modo  significativo una gestione della fauna selvatica intesa come bene ambientale comune. Dobbiamo purtroppo registrare che analogo ostacolo può essere determinato da una limitata conoscenza della materia.
La strada maestra per affrontare questi problemi è sempre la stessa: comportamenti umani che tenendo conto delle mutate situazioni faunistico-ambientali siano finalizzati ad una convivenza civile con la fauna selvatica, densità animali compatibili (anche per il Lupo),  risarcimenti congrui e tempestivi ai pochi singoli che in nome di una biodiversità utile a tutti, non debbono farsi carico esclusivo dei problemi prevalentemente economici connessi alla presenza di questo predatore.

Le reazioni del mondo agricolo non si sono fatte attendere e come sempre mettono in luce che il problema ‘presenza faunistica compatibile con l’attività dell’uomo’ sia tuttora lontana da possibili equilibri.

Pietro Sabbioni
 “E’ veramente singolare come i cacciatori siano diventati su queste tematiche i paladini degli animalisti e si facciano scudo dello ‘sconcerto dei naturalisti’", dice Pietro Sabbioni della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori). “In verità sono preoccupati per la quantità e il tipo di animali per loro cacciabili.
Sconcertante poi l’affermazione ‘ sarebbe un grave errore in quanto gli interessi economici del mondo agricolo possono condizionare in modo  significativo una gestione della fauna selvatica intesa come bene ambientale comune’. Quindi la presenza faunistica, chiamata ipocritamente ‘bene ambientale comune’ quando invece è un bene unicamente per i cacciatori, potrebbe essere condizionata dagli interessi degli operatori agricoli. C’è da chiedersi quale futuro costoro vedono per l’Appennino e da queste affermazioni pare sia quello privo della presenza di agricoltori, presenza essenziale e indispensabile per l’equilibrio ambientale  cui, a chiacchiere, tutti dicono di voler ambire .

Incomprensibile anche l’affermazione: “Dobbiamo purtroppo registrare che analogo ostacolo può essere determinato da una limitata conoscenza della materia”  e a chi si  riferisca la frase.

Ipocrita poi l’asserzione ‘La strada maestra per affrontare questi problemi è sempre la stessa: comportamenti umani che tenendo conto delle mutate situazioni faunistico-ambientali siano finalizzati ad una convivenza civile con la fauna selvatica, densità animali compatibili (anche per il Lupo),  risarcimenti congrui e tempestivi ai pochi singoli che in nome di una biodiversità utile a tutti, non debbono farsi carico esclusivo dei problemi prevalentemente economici connessi alla presenza di questo predatore. Quando la direzione e i soci di Urca sanno benissimo che la Provincia, cui è affidata la gestione  della fauna selvatica, non riesce a risarcisce il 100 % del danno accertato e solo agli imprenditori agricoli e ai coltivatori muniti di partita Iva. Tutti gli altri, che sono la stramaggioranza dei danneggiati, poiché gli agricoltori in Appennino  ormai sono una categoria ‘in via di estinzione’, non sono risarciti e, per la difficile contingenza economica, la situazione è destinata a peggiorare. In merito alla ‘convivenza civile’ con un numero di animali in linea con le prescrizioni, gli agricoltori la richiedono da sempre, ma a loro viene riservata una ‘convivenza strozzante’.

Chiudo con alcune considerazioni: se in ballo  vi fosse l’appesantimento del lavoro e la riduzione del  reddito non  degli agricoltori, ma di categoria come quelle degli ambientalisti, animalisti e cacciatori, il problema verrebbe certamente risolto.
Prima dell’immissione artificiale di specie animali ungulate o affini, l’equilibrio ambientale in Appennino esisteva”.

E certamente il confronto non è finito qui.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

che pensassero a sistemare le strade invece di pesare ai lupi e fateli vivere in santa pace

Anonimo ha detto...

Si, lasciamoli vivere in santa pace ma possibilmente non nel cortile di casa nostra perché anche noi abbiamo diritto a vivere in santa pace.

Anonimo ha detto...

LA TERRA AI CONTADINI
E'A LORO CHE SPETTA DECIDERE E NON SICURAMENTE AI CACCIATORI.
IL DANNO ARRECATO AI CONTADINI DEVE ESSERE RISARCITO A TUTTI.NON CAPISCO!!!
CONDIVIDO LA LINEA DI SABBIONI.

Anonimo ha detto...

Propongo di relagare in zone protette, cacciatori, lupi, ungulati e affinipseudoambientalisti dal "pannello fotovoltaico facile" per modo che abbiano la possibilità di sviluppare un comune comportamento umano tra loro..solo così potremo tornare alla situazione esistente prima dell'introduzione del selvatico voluta dal ludici selecontrollori mandati dalla Provincia e dai governanti del centrocittà.

Anonimo ha detto...

Dare licenza d'uccidere ai proprietari del terreno, una specie di legittima difesa, se l'animale selvatico (lupo compreso) non impara a stare alla larga lo si abbatte. I selvatici superstiti riacquisterebbero la paura verso l'uomo e starebbero alla larga.

Anonimo ha detto...

1) ABOLIRE LE PROVINCE
2) ABOLIRE LA CACCIA
3) LIBERA CACCIA AI PROPIETARI DEI TERRENI.

Anonimo ha detto...

Fauna selvatica bene ambientale?
Dopo l'immissione di ungulati,lupi,istrici si verificano frequenti problemi ambientali per l'azione diretta e per l'abbandono delle coltivazioni da parte degli agricoltori.Condanno coloro che con le immissioni hanno rotto l'equilibrio secolare che si era formato nei territori dell'appennino.Dopo il fallimento dei piani faunistici non rimane che esercitare la difesa dei propri terreni, licenziando politici ed esperti che con le loro regole favorisconi pochi e rendono la vita amara a molti.

Anonimo ha detto...

Ad eccezione del primo commento la situazione ed il reale sentimento disperante causato dall'inserimento degli ungulati in appennino è quello degli altri commenti. Gli amministratori pensavano che con l'avvento della civiltà industriale, l'Emilia avrebbe avuto di che campare facendo tranquillamente a meno degli agricoltori della montagna, decisero perciò di trasformare l'appennino in un PARCO SELVATICO da far vedere, di cui vantarsi, a scapito degli agricoltori locali e delle proprietà che si son visti svalutare ed espropriare a favore di ungulati e selecontrollori. Gli ungulati hanno potuto dilagare e razziare tutto perchè animali dello STATO perciò protetti nel loro razziare, limitati però sopra alla LINEA ROSSA tracciata a IMOLA in difesa dei terreni produttivi di pianura ...POI è successo che la crisi economica ha cancellato la civiltà industriale, il lavoro in fabbrica è finito, ora basta giocare alla cacciagrossa in appennino le persone devono mangiare ciò che tirano fuori dalla terra,...o devono andare a rubare?