Da Il Fatto Quotidiano
Cinque deputati democratici scrivono al ministro della Difesa dopo i risultati dello studio della giovane storica Isabella Insolvibile: "Invochiamo giustizia e memoria". Tra i faldoni rimasti senza risposta giudiziaria anche quelli sugli eccidi dei soldati italiani dopo l'8 settembre nelle isole greche e nei Balcani
Nell’interpellanza i deputati democratici scrivono che “particolarmente disattesi” sono i casi degli eccidi dei soldati italiani all’estero dopo l’8 settembre 1943 nelle isole greche, nei Balcani, nei campi di prigionia. “In particolare su 41 episodi (in 26 dei quali vi erano i nomi di alcuni dei presunti responsabili) solo per 18 si è tentato un qualche tipo di indagine che non ha dato esito”. Tra i casi esemplari è quello della strage di Cefalonia, l’isola dove i soldati della divisione Acqui, che si rifiutarono di arrendersi, vennero sterminati. “La documentazione – prosegue l’interpellanza – spettava, per competenza, alla procura militare di Roma”, in quell’epoca retta dal dottor Antonino Intelisano, attuale procuratore militare generale.
Circa
300 fascicoli contenuti in quell’armadio trovato rivolto al muro
a Palazzo Cesi (sede della Procura generale militare) dettero vita
a processi e sentenze: tra queste le condanne
all’ergastolo
di 57 ex
militari nazisti.
Le pene non furono mai scontate in carcere in ragione dell’età
avanzata dei condannati. Là dentro si trovavano i nomi delle
stragi di
Marzabotto,
Sant’Anna di
Stazzema, San
Polo, Bardine
San Terenzo,
la Certosa di
Farneta e
tante altre. Migliaia di civili innocenti trucidati per
rappresaglia dalle SS
e dalla Wehrmacht.
Tutte inchieste condotte, fra il 2002 e il 2010, dalle procure
militari della Spezia,
di Verona
e di Roma, rette in successione temporale da Marco
De Paolis,
tuttora procuratore militare a Roma. Nel 2013 per la strage di
Cefalonia, De Paolis ha ottenuto la condanna all’ergastolo
dell’ex caporale Alfred
Stock. E ha
riaperto le indagini per gli eccidi di Kos
e
Leros.
Ma non ci sono solo i casi “esteri”. Ci sono anche stragi di civili massacrati dai nazifascisti nel Centro Italia durante il periodo dell’occupazione. Scrivono i parlamentari del Pd che incrociando “l’elenco fornito dalla procura e gli atti della commissione parlamentare che indagò sull’occultamento dei fascicoli si capisce facilmente come anche i fascicoli sui casi italiani abbiano subito la sorte dei molti di quelli esteri. Ricorrono, ad esempio, le stesse date. In data 18 aprile 1996 il gip di Roma archivia senza nessuna attività investigativa quattro casi esteri. Lo stesso giorno, verosimilmente a seguito di nessuna attività investigativa, vengono archiviate la strage di Calvi, in Umbria (dodici morti), di Tolfa, in provincia di Roma (quattro morti), dell’Aquila (nove morti). Il 5 novembre 1999, il giorno in cui il gip firma l’archiviazione di 11 casi esteri viene archiviato anche il fascicolo 536 relativo a fatti avvenuti a Capistrello (L’Aquila) e lo stesso giorno si procede all’archiviazione degli omicidi commessi a Tagliacozzo, sempre nell’Aquilano”.
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