Colossi
cinesi, australiani e inglesi, oltre all’Eni, pronti a estrarre gas
dal nostro mare. Il quartier generale è nei vecchi uffici di Raul
Gardini
Inviato
da Marco
di
Carlo Valentini Twitter: @cavalent
La
Cina alla conquista dell'Adriatico. Non delle spiagge ma del più
remunerativo gas. Lo cercheranno e lo estrarranno di fronte alle
nostre coste. Per i fautori dell'offshore si tratta di
un'opportunità da cogliere al volo perché porterà investimenti
milionari e posti di lavoro. Al contrario per i No-Triv è una
provocazione: coi grillini al governo si buca l'Adriatico?
Minacciano proteste e potrebbero scatenare un altro contenzioso tra
Luigi Di Maio e gli alleati leghisti, favorevoli a queste attività,
fortemente sostenute dalla Confindustria.
Un
tentativo di bloccare le perforazioni era avvenuto con alcuni
ricorsi al tribunale amministrativo, che però ha dato torto ai
contestatori, sentenziando che è il governo a concedere o meno le
autorizzazioni sulla base di un piano nazionale e non le Regioni.
Uno dei ricorsi era infatti firmato dal governatore della Puglia,
Michele Emiliano, che rivendicava competenze regionali ed è
arrabbiato per la sconfitta: «La partita non è chiusa, non è
finita. Apriamo un fronte anti-trivelle con chiunque voglia, con
qualunque forza politica che si impegni a modificare queste norme
che privano le Regioni della possibilità di intervenire. Io difendo
il mare della Puglia».
Di
parere opposto e favorevole alle sentenze è invece Angelo
Colombini, segretario confederale Cisl: «Buon senso e la legalità,
oltre al rispetto delle leggi, sono alla base delle sentenze.
Opporsi alla ricerca degli idrocarburi, di cui siamo importatori per
il 90%, anche in aree marine a distanza dalla costa di 12 miglia,
pari a 22 km circa, significa arrecarsi del male contro ogni buon
senso».
Dopo
queste decisioni dei giudici e sfidando la farraginosità tutta
italica degli iter burocratici i cinesi si sono fatti avanti. Non
solo loro. C'è ressa perché l'Adriatico sembra un grande pozzo di
gas che essendo un'energia pulita vedrà crescere in futuro la sua
richiesta. Così hanno chiesto concessioni per perforare anche gli
australiani della PoValleyEnergy, una potenza nel settore, e gli
inglesi dello SpectrumGeo, che nonostante le incognite della Brexit
sono pronti a stanziarsi lungo l'Adriatico. I cinesi che stanno
sgomitando sono quelli della China Merchants Group, sede a Hong
Kong, 70 miliardi di euro di fatturato.
La
tecnologia dell'offshore è d'avanguardia: è stato perfezionato un
modo di fotografare il fondo marino (in 3D) che riesce ad
individuare in modo non invasivo, al computer, dove si trova il gas
e qual è il punto più conveniente da cui incominciare
l'estrazione.
La
bandiera tricolore è sventolata dall'Eni, presente da tempo in
Adriatico con le sue piattaforme e ansiosa di aumentare la quantità
di gas che estrae dal mare. Nel suo pedigree vi è la scoperta, nel
2015, del mega giacimento egiziano di Zohr. Un successo che è stato
raggiunto quando altri grandi player internazionali avevano
desistito. Si tratta di una montagna di gas naturale da 900 miliardi
di metri cubi, grande come il massiccio del Sella.
Invece
sotto l'Adriatico vi sarebbero riserve per 53 miliardi di metri cubi
di gas. È qui che i cinesi vogliono mettere le mani fiutando un
business assai rilevante.
Dice
Gianni Bessi, autore del libro Gas naturale, l'energia di domani:
«Il nostro Zohr potrebbe essere l'Adriatico settentrionale, ma
dobbiamo domandarci in fretta cosa fare con questo giacimento finora
non estratto in tutta la sua potenzialità. Il sostegno al settore
energetico è una questione di lungimiranza, perché le persone
interessate a un suo successo non sono solo quelle impiegate
direttamente ma anche quelle che occupate nelle produzioni
collaterali».
Aggiunge
Michele Marsiglia, presidente di Federpetroli: «Con quel mare di
idrocarburi che sta sotto l'Adriatico l'Italia potrebbe soddisfare
la metà della sua domanda interna e diventare una potenza
energetica». Non solo. Vi sarebbero anche, da sfruttare i
giacimenti sotto terra. «Federpetroli sta verificando la presenza
di idrocarburi (olio e gas) anche dove un tempo era impensabile»,
dice Marsiglia. «Bacino tra Sardegna e Toscana, mar Tirreno,
Campania, Calabria, Molise, Veneto. L'Italia è grande è vi sono
riserve che non si sa di avere. Anche il Mediterraneo è un grande
hub per riserve energetiche».
Un
esempio di perforazione a terra è quello nella Bassa emiliana,
vicino a Novi, provincia di Modena. Il Comune riceve 40 mila euro
l'anno di diritti di estrazione e con quei soldi rimborsa ai propri
cittadini il 50% del prezzo di un abbonamento annuale di trasporto
pubblico locale e regionale sui treni o sugli autobus.
Ma
il giacimento di Novi e le trivellazioni in mare dovranno vedersela
coi 5stelle, che premono sul governo amico affinché blocchi tutto e
avvertono i cinesi che saranno rispediti indietro. I 42 parlamentari
e consiglieri regionali pugliesi pentastellati hanno sottoscritto un
duro documento: «Questa follia va fermata. Ribadiamo che siamo
contrari tout court alle trivellazioni, sia a mare sia a terra. Si
tratta di un vero assalto ai mari per qualche sporco barile di
petrolio o qualche metro cubo di gas del tutto ininfluente sul
consumo del nostro paese».
Gli
risponde Franco Nanni, presidente del Roca (Offshore Contractors
Association): «Gli italiani pagano il gas sempre più caro e la
causa è la massiccia importazione.
Mi
chiedo: in Italia si può ancora produrre energia? Di quanto
saliranno ancora quei 600 miliardi di progetti bloccati dai tanti
comitati del no? E questo nonostante gli studi effettuati da
università e Istituti scientifici evidenzino come il 60%
dell'inquinamento deriva da scarichi civili e industriali e per il
40% dal traffico navale, insignificante è l'apporto dell'attività
estrattiva (minore dello 0,1%). Se diventassimo meno dipendenti
dall'import di gas, certamente risparmieremmo più denaro,
favoriremmo l'occupazione e potremmo quasi definirci un paese
normale».
Intanto
in via Guerrini, a Ravenna, nel palazzo che negli anni Novanta
ospitava gli uffici di Raul Gardini si sono insediati gli uffici
della China Merchants Group, coi primi 24 ingegneri, un numero
significativo che indica le intenzioni agguerrite del moloch
asiatico. A inaugurarlo è venuto il suo direttore, Simple Hu:
«Questo è il nostro primo centro di ricerca e ingegneria navale e
off shore fuori dalla Cina. Puntiamo sull'Italia e vinceremo la
scommessa». ( Italia Oggi)
1 commento:
Non saranno micca così deficienti da dare le concessioni allo straniero?
Oppure da lasciare che sia l’ex Iugoslavia a ciucciare dal suolo marino queste ricchezze mentre noi da perfetti coglioni stiamo a guardare?
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