lunedì 24 settembre 2018

La Cina è vicina pronta a estrarre gas in adriatico

Colossi cinesi, australiani e inglesi, oltre all’Eni, pronti a estrarre gas dal nostro mare. Il quartier generale è nei vecchi uffici di Raul Gardini

Inviato da Marco


di Carlo Valentini Twitter: @cavalent



piattaforma estrazione
La Cina alla conquista dell'Adriatico. Non delle spiagge ma del più remunerativo gas. Lo cercheranno e lo estrarranno di fronte alle nostre coste. Per i fautori dell'offshore si tratta di un'opportunità da cogliere al volo perché porterà investimenti milionari e posti di lavoro. Al contrario per i No-Triv è una provocazione: coi grillini al governo si buca l'Adriatico? Minacciano proteste e potrebbero scatenare un altro contenzioso tra Luigi Di Maio e gli alleati leghisti, favorevoli a queste attività, fortemente sostenute dalla Confindustria.
Un tentativo di bloccare le perforazioni era avvenuto con alcuni ricorsi al tribunale amministrativo, che però ha dato torto ai contestatori, sentenziando che è il governo a concedere o meno le autorizzazioni sulla base di un piano nazionale e non le Regioni. Uno dei ricorsi era infatti firmato dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, che rivendicava competenze regionali ed è arrabbiato per la sconfitta: «La partita non è chiusa, non è finita. Apriamo un fronte anti-trivelle con chiunque voglia, con qualunque forza politica che si impegni a modificare queste norme che privano le Regioni della possibilità di intervenire. Io difendo il mare della Puglia».
Di parere opposto e favorevole alle sentenze è invece Angelo Colombini, segretario confederale Cisl: «Buon senso e la legalità, oltre al rispetto delle leggi, sono alla base delle sentenze. Opporsi alla ricerca degli idrocarburi, di cui siamo importatori per il 90%, anche in aree marine a distanza dalla costa di 12 miglia, pari a 22 km circa, significa arrecarsi del male contro ogni buon senso».
Dopo queste decisioni dei giudici e sfidando la farraginosità tutta italica degli iter burocratici i cinesi si sono fatti avanti. Non solo loro. C'è ressa perché l'Adriatico sembra un grande pozzo di gas che essendo un'energia pulita vedrà crescere in futuro la sua richiesta. Così hanno chiesto concessioni per perforare anche gli australiani della PoValleyEnergy, una potenza nel settore, e gli inglesi dello SpectrumGeo, che nonostante le incognite della Brexit sono pronti a stanziarsi lungo l'Adriatico. I cinesi che stanno sgomitando sono quelli della China Merchants Group, sede a Hong Kong, 70 miliardi di euro di fatturato.
La tecnologia dell'offshore è d'avanguardia: è stato perfezionato un modo di fotografare il fondo marino (in 3D) che riesce ad individuare in modo non invasivo, al computer, dove si trova il gas e qual è il punto più conveniente da cui incominciare l'estrazione.


La bandiera tricolore è sventolata dall'Eni, presente da tempo in Adriatico con le sue piattaforme e ansiosa di aumentare la quantità di gas che estrae dal mare. Nel suo pedigree vi è la scoperta, nel 2015, del mega giacimento egiziano di Zohr. Un successo che è stato raggiunto quando altri grandi player internazionali avevano desistito. Si tratta di una montagna di gas naturale da 900 miliardi di metri cubi, grande come il massiccio del Sella.
Invece sotto l'Adriatico vi sarebbero riserve per 53 miliardi di metri cubi di gas. È qui che i cinesi vogliono mettere le mani fiutando un business assai rilevante.
Dice Gianni Bessi, autore del libro Gas naturale, l'energia di domani: «Il nostro Zohr potrebbe essere l'Adriatico settentrionale, ma dobbiamo domandarci in fretta cosa fare con questo giacimento finora non estratto in tutta la sua potenzialità. Il sostegno al settore energetico è una questione di lungimiranza, perché le persone interessate a un suo successo non sono solo quelle impiegate direttamente ma anche quelle che occupate nelle produzioni collaterali».
Aggiunge Michele Marsiglia, presidente di Federpetroli: «Con quel mare di idrocarburi che sta sotto l'Adriatico l'Italia potrebbe soddisfare la metà della sua domanda interna e diventare una potenza energetica». Non solo. Vi sarebbero anche, da sfruttare i giacimenti sotto terra. «Federpetroli sta verificando la presenza di idrocarburi (olio e gas) anche dove un tempo era impensabile», dice Marsiglia. «Bacino tra Sardegna e Toscana, mar Tirreno, Campania, Calabria, Molise, Veneto. L'Italia è grande è vi sono riserve che non si sa di avere. Anche il Mediterraneo è un grande hub per riserve energetiche».
Un esempio di perforazione a terra è quello nella Bassa emiliana, vicino a Novi, provincia di Modena. Il Comune riceve 40 mila euro l'anno di diritti di estrazione e con quei soldi rimborsa ai propri cittadini il 50% del prezzo di un abbonamento annuale di trasporto pubblico locale e regionale sui treni o sugli autobus.
Ma il giacimento di Novi e le trivellazioni in mare dovranno vedersela coi 5stelle, che premono sul governo amico affinché blocchi tutto e avvertono i cinesi che saranno rispediti indietro. I 42 parlamentari e consiglieri regionali pugliesi pentastellati hanno sottoscritto un duro documento: «Questa follia va fermata. Ribadiamo che siamo contrari tout court alle trivellazioni, sia a mare sia a terra. Si tratta di un vero assalto ai mari per qualche sporco barile di petrolio o qualche metro cubo di gas del tutto ininfluente sul consumo del nostro paese».
Gli risponde Franco Nanni, presidente del Roca (Offshore Contractors Association): «Gli italiani pagano il gas sempre più caro e la causa è la massiccia importazione.
Mi chiedo: in Italia si può ancora produrre energia? Di quanto saliranno ancora quei 600 miliardi di progetti bloccati dai tanti comitati del no? E questo nonostante gli studi effettuati da università e Istituti scientifici evidenzino come il 60% dell'inquinamento deriva da scarichi civili e industriali e per il 40% dal traffico navale, insignificante è l'apporto dell'attività estrattiva (minore dello 0,1%). Se diventassimo meno dipendenti dall'import di gas, certamente risparmieremmo più denaro, favoriremmo l'occupazione e potremmo quasi definirci un paese normale».
Intanto in via Guerrini, a Ravenna, nel palazzo che negli anni Novanta ospitava gli uffici di Raul Gardini si sono insediati gli uffici della China Merchants Group, coi primi 24 ingegneri, un numero significativo che indica le intenzioni agguerrite del moloch asiatico. A inaugurarlo è venuto il suo direttore, Simple Hu: «Questo è il nostro primo centro di ricerca e ingegneria navale e off shore fuori dalla Cina. Puntiamo sull'Italia e vinceremo la scommessa». ( Italia Oggi)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non saranno micca così deficienti da dare le concessioni allo straniero?
Oppure da lasciare che sia l’ex Iugoslavia a ciucciare dal suolo marino queste ricchezze mentre noi da perfetti coglioni stiamo a guardare?