L'Altra
Emilia Romagna ha inviato:
L'Epatite
C è un virus trasmissibile per via ematica che infetta
prevalentemente il fegato, l'infezione può essere acuta o diventare
cronica. Intorno al 70-85% delle infezioni da virus dell'Epatite C
diventano croniche e questo evento produce l'infiammazione del fegato
e la formazione di un tessuto cicatriziale che, nel corso degli anni,
può portare allo sviluppo di cirrosi epatica e carcinoma epatico.
L'Epatite C è una patologia subdola, generalmente i soggetti non
manifestano sintomi per anni e molti non si accorgono di essere
infetti.
Il
numero di pazienti italiani affetti da epatite C è sconosciuto, e
alcune rilevazioni indicano cifre variabili da alcune centinaia di
migliaia ad oltre un milione. Secondo il Centro Nazionale di
Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto
Superiore di Sanità, l'incidenza di epatite C acuta presenta da
molti anni un trend in diminuzione, che si è stabilizzato su tassi
tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2014
l'incidenza è stata di 0,2 per 100.000 (0 per la fascia d'età 0-14
anni; 0,2 per la fascia d'età 15-24 e 0,3 ≥25 anni).
L'aspetto
rilevante della malattia cronica da virus C è che molti di coloro
che ne sono affetti, sono ignari di averla contratta.
È
di poco inferiore di un miliardo di euro, pari a circa 31 mila euro
per singolo trattamento, l'investimento che nel 2015 il sistema
sanitario nazionale ha effettuato per la somministrazione dei farmaci
anti epatite C
Negli
Stati Uniti, il prezzo imposto dalla Gilead per il Sofosbuvir è
84.000 dollari per ogni ciclo di trattamento di 12 settimane. In
Italia il prezzo si aggira sui 45 mila euro a trattamento: nei soli
2014 e 2015 l’azienda farmaceutica ha guadagnato più di 15,5
miliardi di dollari dalla vendita del farmaco.
Nel
nostro Paese, a causa del costo esorbitante del farmaco che potrebbe
far saltare le casse del SSN, l’Aifa ha emanato un protocollo
secondo il quale la somministrazione del sofosbuvir spetta solo ai
malati più gravi.
Per
questo motivo la primavera scorsa diverse associazioni tra cui AITF,
ANED, ARRAN, EPAC, LILA, NADIR, PLUS, e le Federazioni FEDEMO, LIVER
POOL, THALASSEMIA, forum TRAPIANTATI cui si sono aggiunte la
federazione nazionale dei medici e quella degli infermieri hanno
promosso un appello/petizione al governo
e alle industrie farmaceutiche per garantire «una maggiore
accessibilità ai farmaci e risorse aggiuntive necessarie a garantire
un accesso universale alla terapia». Anche per porre fine al
«turismo farmaceutico» di quanti vanno in India in cerca di
medicinali low cost.
L’Altra
Emilia – Romagna lo scorso agosto ha presentato una risoluzione
nella quale si chiede all’Assemblea legislativa di sottoscrivere
gli intenti della petizione, promuovendo presso il Governo gli
obiettivi di dichiarare l’epatite C emergenza nazionale e di
applicare ai brevetti dei farmaci biologici efficaci contro l’epatite
C, l’art. 70 “Licenza obbligatoria per mancata attuazione” del
Codice della Proprietà Industriale (DLgs 10 febbraio 2005, n. 30
c.m. L. 29 luglio 2015, n. 115 e L. 1° dicembre 2015, n. 194)
che prevede “l'uso non esclusivo dell'invenzione medesima, a favore
di ogni interessato che ne faccia richiesta.” e quindi di estendere
universalmente le cure a quanti ne abbiano necessità.
Secondo
il consigliere AER Piergiovanni Alleva, che ha illustrato le finalità
della risoluzione in una conferenza stampa questa mattina in viale
Aldo Moro, “La strada più semplice ed efficace
giuridicamente per poter garantire l’accesso al farmaco a costi
ragionevoli è quella di affidarsi al principio della licenza
obbligatoria per ovviare alle pretese irrazionali delle industrie
mosse esclusivamente dall’avidità di profitto”.
Inoltre,
rileva Alleva, “ E’ la prima volta che il Servizio sanitario
nazionale si è allontanato dal principio di universalità delle
cure. Statuire che una cura viene riservata solo ai malati in
condizioni gravi perché costa troppo, trattandosi come in questo
caso di una malattia cronica e progressiva, è un atteggiamento
criminale”. La licenza obbligatoria che lo Stato può dare ad una
sua impresa nazionale prevede l’autorizzazione a produrre un
farmaco in deroga di brevetto quando si prefigurano situazioni di
emergenza di sanità pubblica.
L’iniziativa
politica, su impulso dell’Altra Emilia – Romagna, è stata estesa
a tutti i comuni in regione dove sono presenti candidati di Sinistra,
a partire da Bologna e Ravenna fino a coprire l’intera regione.
Federico Martelloni consigliere comunale di Bologna di Coalizione
Civica ha accolto immediatamente la proposta e si è
impegnato a portare un odg in consiglio quanto prima perché, ha
affermato “Questa vicenda colpisce per l’enorme ingiustizia che
sottende, noi ci siamo candidati per rendere Bologna la città meno
diseguale d’Italia”.
La
consigliera comunale Raffaella Sutter, intervenuta a nome di Ravenna
in Comune, ha spiegato che, oltre a proporre un odg come quello
proposto da AER cercherà di sensibilizzare in merito l’opinione
pubblica con iniziative pubbliche di informazione.
Infine,
Gavino Maciocco del Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di
Firenze e direttore di saluteinternazionale.it
ha evidenziato che “Non era mai avvenuto prima che un farmaco
salvavita venisse negato a chi ne ha bisogno e si avverte forte la
latitanza della politica, forse a dimostrazione dell’influenza
esiziale che le lobby farmaceutiche riescono ad esercitare sul
pubblico. La negazione di questo farmaco che promette l’eradicazione
completa del virus a tutti quelli che hanno bisogno non è motivata
solo da ragione di avidità e ricerca del profitto ma anche dalla
volontà di impedire l’eradicazione completa di questa malattia”.
Meno malati meno profitti per le case farmaceutiche, l’equazione è
chiara.
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