domenica 2 ottobre 2016

Regione e Comuni devono attivarsi per garantire il farmaco anti epatite a tutti i malati.


L'Altra Emilia Romagna ha inviato:


L'Epatite C è un virus trasmissibile per via ematica che infetta prevalentemente il fegato, l'infezione può essere acuta o diventare cronica. Intorno al 70-85% delle infezioni da virus dell'Epatite C diventano croniche e questo evento produce l'infiammazione del fegato e la formazione di un tessuto cicatriziale che, nel corso degli anni, può portare allo sviluppo di cirrosi epatica e carcinoma epatico. L'Epatite C è una patologia subdola, generalmente i soggetti non manifestano sintomi per anni e molti non si accorgono di essere infetti.
Il numero di pazienti italiani affetti da epatite C è sconosciuto, e alcune rilevazioni indicano cifre variabili da alcune centinaia di migliaia ad oltre un milione. Secondo il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità, l'incidenza di epatite C acuta presenta da molti anni un trend in diminuzione, che si è stabilizzato su tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2014 l'incidenza è stata di 0,2 per 100.000 (0 per la fascia d'età 0-14 anni; 0,2 per la fascia d'età 15-24 e 0,3 ≥25 anni).
L'aspetto rilevante della malattia cronica da virus C è che molti di coloro che ne sono affetti, sono ignari di averla contratta.
È di poco inferiore di un miliardo di euro, pari a circa 31 mila euro per singolo trattamento, l'investimento che nel 2015 il sistema sanitario nazionale ha effettuato per la somministrazione dei farmaci anti epatite C
Negli Stati Uniti, il prezzo imposto dalla Gilead per il Sofosbuvir è 84.000 dollari per ogni ciclo di trattamento di 12 settimane. In Italia il prezzo si aggira sui 45 mila euro a trattamento: nei soli 2014 e 2015 l’azienda farmaceutica ha guadagnato più di 15,5 miliardi di dollari dalla vendita del farmaco.
Nel nostro Paese, a causa del costo esorbitante del farmaco che potrebbe far saltare le casse del SSN, l’Aifa ha emanato un protocollo secondo il quale la somministrazione del sofosbuvir spetta solo ai malati più gravi.
Per questo motivo la primavera scorsa diverse associazioni tra cui  AITF, ANED, ARRAN, EPAC, LILA, NADIR, PLUS, e le Federazioni FEDEMO, LIVER POOL, THALASSEMIA, forum TRAPIANTATI cui si sono aggiunte la federazione nazionale dei medici e quella degli infermieri hanno promosso un appello/petizione al governo e alle industrie farmaceutiche per garantire «una maggiore accessibilità ai farmaci e risorse aggiuntive necessarie a garantire un accesso universale alla terapia». Anche per porre fine al «turismo farmaceutico» di quanti vanno in India in cerca di medicinali low cost.
L’Altra Emilia – Romagna lo scorso agosto ha presentato una risoluzione nella quale si chiede all’Assemblea legislativa di sottoscrivere gli intenti della petizione, promuovendo presso il Governo gli obiettivi di dichiarare l’epatite C emergenza nazionale e di applicare ai brevetti dei farmaci biologici efficaci contro l’epatite C, l’art. 70 “Licenza obbligatoria per mancata attuazione” del Codice della Proprietà Industriale (DLgs 10 febbraio 2005, n. 30 c.m. L. 29 luglio 2015, n. 115 e  L. 1° dicembre 2015, n. 194) che prevede “l'uso non esclusivo dell'invenzione medesima, a favore di ogni interessato che ne faccia richiesta.” e quindi di estendere universalmente le cure a quanti ne abbiano necessità.
Secondo il consigliere AER Piergiovanni Alleva, che ha illustrato le finalità della risoluzione in una conferenza stampa questa mattina in viale Aldo Moro,  “La strada più semplice ed efficace giuridicamente per poter garantire l’accesso al farmaco a costi ragionevoli è quella di affidarsi al principio della licenza obbligatoria per ovviare alle pretese irrazionali delle industrie mosse esclusivamente dall’avidità di profitto”.
Inoltre, rileva Alleva, “ E’ la prima volta che il Servizio sanitario nazionale si è allontanato dal principio di universalità delle cure. Statuire che una cura viene riservata solo ai malati in condizioni gravi perché costa troppo, trattandosi come in questo caso di una malattia cronica e progressiva, è un atteggiamento criminale”. La licenza obbligatoria che lo Stato può dare ad una sua impresa nazionale prevede l’autorizzazione a produrre un farmaco in deroga di brevetto quando si prefigurano situazioni di emergenza di sanità pubblica.
L’iniziativa politica, su impulso dell’Altra Emilia – Romagna, è stata estesa a tutti i comuni in regione dove sono presenti candidati di Sinistra, a partire da Bologna e Ravenna fino a coprire l’intera regione. Federico Martelloni consigliere comunale di Bologna di Coalizione Civica ha accolto immediatamente la proposta e si è impegnato a portare un odg in consiglio quanto prima perché, ha affermato “Questa vicenda colpisce per l’enorme ingiustizia che sottende, noi ci siamo candidati per rendere Bologna la città meno diseguale d’Italia”.
La consigliera comunale Raffaella Sutter, intervenuta a nome di Ravenna in Comune, ha spiegato che, oltre a proporre un odg  come quello proposto da AER cercherà di sensibilizzare in merito l’opinione pubblica con iniziative pubbliche di informazione.
Infine, Gavino Maciocco del Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze e direttore di saluteinternazionale.it ha evidenziato che “Non era mai avvenuto prima che un farmaco salvavita venisse negato a chi ne ha bisogno e si avverte forte la latitanza della politica, forse a dimostrazione dell’influenza esiziale che le lobby farmaceutiche riescono ad esercitare sul pubblico. La negazione di questo farmaco che promette l’eradicazione completa del virus a tutti quelli che hanno bisogno non è motivata solo da ragione di avidità e ricerca del profitto ma anche dalla volontà di impedire l’eradicazione completa di questa malattia”. Meno malati meno profitti per le case farmaceutiche, l’equazione è chiara.


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