Eseguite 25 misure cautelari personali e sequestri per oltre 32 milioni di euro
E’ stato eseguito, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bologna, un sequestro preventivo di beni per oltre 32 milioni di euro, emesso dal G.I.P., dott. Andrea Salvatore ROMITO, nei confronti di un sodalizio criminale dedito alla commissione di reati fallimentari e tributari, nonché al conseguente riciclaggio dei proventi illeciti, anche per il tramite di compiacenti cittadini cinesi.
Complessivamente, sono 32 le persone
denunciate, di cui 15 tratte in arresto, nei confronti delle quali le Fiamme
Gialle bolognesi hanno eseguito anche perquisizioni in diverse regioni d’Italia
e, precisamente, nelle province di Ancona, Arezzo, Barletta, Bologna, Brescia,
Crotone, Foggia, Lucca, Milano, Monza e Brianza, Napoli, Parma, Pavia, Prato,
Reggio Emilia, Roma, Torino, Trapani, Treviso, Udine, Venezia e Verona.
Gli accertamenti hanno permesso di ricostruire come la consorteria investigata, nota come “banda del buco” e composta da bancarottieri “seriali”, fosse deputata alla continua acquisizione di società in crisi, ma dotate di apprezzabili asset, da depredare e condurre al fallimento. Le indagini hanno consentito di appurare che l’organizzazione, una volta subentrata alla guida, nel corso del 2020, di un gruppo societario dell’hinterland bolognese - composto da una holding e altre 3 s.r.l. sottoposte al suo controllo - operante nei settori della dermo-cosmesi e della G.D.O. (con ben 32 supermercati dislocati tra Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia e Friuli Venezia Giulia), abbia effettuato vere e proprie operazioni di “sciacallaggio” ai danni delle menzionate persone giuridiche, cagionandone dolosamente il dissesto.
Tra le principali operazioni contestate, figurano la
distrazione di 25 punti vendita, trasferiti, nell’imminenza del fallimento, a
new-co riconducibili all’associazione pregiudicando, peraltro, la riscossione
coattiva da parte dell’Erario per 3,3 milioni di euro di tributi. La conduzione
illecita della catena di supermercati ha permesso agli indagati di lucrare
sulla gestione del personale, assunto e somministrato attraverso società di
“comodo” che hanno compensato i relativi contributi previdenziali e assistenziali, nonché le
ritenute sul lavoro dipendente, con crediti d’imposta fittizi per oltre 2
milioni di euro.
Gli ingenti proventi illecitamente accumulati sono
stati re-investiti in nuove iniziative imprenditoriali, tra cui l’acquisto di
un noto prosciuttificio sito nel parmense, ovvero trasferiti - per la loro
successiva “ripulitura” - a società italiane ed estere compiacenti sulla base
di fatture false emesse ad hoc per giustificare i flussi finanziari. Tra queste
spiccano tre “cartiere”, formalmente sedenti in Milano, amministrate da soggetti
di etnia cinese irreperibili che, in meno di un anno, hanno emesso fatture
false nei confronti di centinaia di imprese italiane realmente esistenti per 7
milioni di euro, nonché ricevuto bonifici sui propri conti aziendali per 11
milioni di euro. Dagli accertamenti è emerso che i soggetti sinici erano
inseriti in un sistema di trasferimento dei fondi illeciti, derivanti da reati
fallimentari e fiscali, attraverso canali estranei ai tradizionali circuiti
finanziari, così da aggirare anche i presìdi anti-riciclaggio e consistente in
meccanismi “triangolari” di compensazione informale del denaro movimentato che
ricalcano l’operatività della c.d. “Chinese underground bank”.
In sostanza, le risorse finanziarie, riconducibili a
operazioni commerciali fittizie, una volta accreditate venivano immediatamente
trasferite in Cina, con contestuale retrocessione agli imprenditori italiani
del contante di dubbia provenienza per un importo equivalente, al fine di
monetizzare l’evasione fiscale ovvero distrarre risorse finanziarie dalle
società.
Trait d’union tra i membri della consorteria e i
citati soggetti asiatici, sono risultati essere due coniugi (l’una cinese,
l’altro italiano) residenti nell’aretino e implicati anche in un florido “giro”
di prostituzione di giovani connazionali della donna.
A testimonianza dell’estrema pericolosità e
pervicacia criminale del sodalizio, i militari operanti hanno ricostruito come
lo stesso, nell’ultimo periodo, avesse rivolto la propria attenzione su un
nuovo target, ossia una storica società ittica sita nel tarantino dotata di un
consistente patrimonio, ma sovra-indebitata e in crisi di liquidità, in
procinto di essere “saccheggiata”.
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