Un
mestiere scomparso la cui storia è conservata nel museo di Palazzo
Comelli. Il video racconta di un mestiere antico, quello
dell’artigiano che creava e riparava carri, le cui tracce possono
essere ripercorse nell’incantevole scenario di Palazzo Comelli a
Bargi, Camugnano.
Giuseppe Gandolfi |
di
Carmine Caputo
Andrà
in onda domani, venerdì 17 aprile, alle 18.50 su Lepida TV, canale
118 del digitale terrestre “L’ultimo dei carrai”, un video
realizzato dall’Unione dell’Appennino per celebrare
l’inaugurazione del “Museo del Carraio” avvenuta nel 2017 a
Camugnano all’interno di Palazzo Comelli, una delle più belle
dimore storiche dell’Appennino bolognese.
Il
video racconta la giornata dell’inaugurazione (11 novembre 2017)
con le interviste e le dichiarazioni delle autorità presenti, ma è
soprattutto l’occasione per una lunga chiacchierata con Giuseppe
Gandolfi, che
insieme a sua sorella Paola ha voluto donare al
comune di Camugnano gli attrezzi e alcuni manufatti appartenuti a suo
padre Enrico, l’ultimo dei carrai.Le immagini ci mostrano poi un’intervista a Renzo Zagnoni, storico esperto dell’Appennino bolognese che aiuta a contestualizzare meglio il quadro economico e sociale in cui la figura del carraio va inquadrata, grazie anche alle mappe storiche originali messe a disposizione da BolognArt, e da una lettura teatrale a cura di Debora Pometti che legge, accompagnata dalle illustrazioni dell’artista Mario Chimienti, un brano tratto dai Miserabili di Victor Hugo che vede protagonista proprio un carraio.
Durante
l’intervista il signor Giuseppe racconta di come suo padre avesse
amato sin da piccolo i carri, i mezzi di locomozione più diffusi
all’inizio del secolo scorso. Non avendo le possibilità economiche
per comprare gli attrezzi necessari a costruirli, con quell’ingegno
tipico di chi cresce in aree economicamente svantaggiate (la famiglia
Gandolfi viene da Santa Maria Villiana, vicino Gaggio Montano), si
era dato da fare per costruirsi da solo gli attrezzi stessi. Con gli
anni poi la sua passione e il suo talento erano stati ripagati,
perché i suoi carri erano divenuti talmente noti da riportare incisa
una firma stilizzata (quella che oggi definiremmo logo).
Gandolfi
ha anche ricordato come i contadini, quando non erano in grado di
comprare un carro intero, si accontentavano delle parti più pregiate
come le ruote, arrangiandosi da soli con il resto, con la benevolenza
del padre che accettava di vendere loro solo dei pezzi. Altro
dettaglio che Giuseppe ha ricordato del padre Enrico è relativo alla
profonda conoscenza che costui aveva degli alberi: a seconda del
luogo in cui erano cresciuti, infatti, e all’esposizione solare
ricevuta, sapeva dire se il legno sarebbe stato più adatto a
costruire una ruota, un asse o una porta.
Dopo
la seconda guerra mondiale il mestiere di carraio è progressivamente
scomparso e il maestro “carraio” Enrico Gandolfi si era adattato
a fare il falegname. Oggi parte di quegli strumenti utilizzati per
realizzare e manutenere carri e carrozze – torni a pedali, trapani,
metri, livelle – sono visibili in una sala allestita
nell’affascinante palazzo settecentesco Comelli ( nella foto) a Bargi, nel comune
di Camugnano, non distante dal lago di Suviana, una tappa obbligata
per i turisti che frequentino questa zona appenninica.
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