domenica 26 aprile 2020

FINESTRE SULLA FILOSOFIA


 di Marco Leoni

 
       PITAGORA : 
 Il numero come principio
del cosmo
 
lezione di Matteo Saudino , fantastico prof. Di filosofia

Parleremo della scuola filosofica di Pitagora e dei pitagorici, una scuola
filosofica celebre, molto originale, fondata a metà del 500 a.c.
Pitagora nacque nel 570 a.c. a Samo, un’isola di fronte all'attuale
Turchia e poi si trasferì nella Magna Grecia, più precisamente a Crotone
e proprio a Crotone, nella città oggi Calabrese, fondò la sua scuola.
Pitagora fu un personaggio eccentrico, sopra le righe, silenzioso,
taciturno, ma anche estremamente carismatico e capace di coinvolgere
con discorsi ponderati, ma anche enfatici, i suoi allievi e il suo uditorio.
La scuola di Pitagora però fu una scuola agli antipodi di quelle
precedenti e in modo particolare di quella di Mileto, la scuola di Talete,
di Anassimandro, di Anassimene che si caratterizzava per la circolarità
del sapere, per l’orizzontalità del sapere e dell’apprendimento. Quella di
Mileto era una scuola orizzontale perché il fulcro era rappresentato dal
Logos, la ragione e la ragione è di per sé un sapere aperto, accessibile;
nella razionalità vi è la Democrazia.
Invece la scuola di Pitagora, che da grande matematico fondava
anch'essa ovviamente sulla razionalità il suo percorso, il suo
ragionamento, poi in realtà ebbe un presupposto mistico, religioso
spirituale che rese la struttura stessa della scuola gerarchica e
piramidale, rese il pensiero pitagorico un sapere elitario, per pochi, un
sapere di natura divina.
Apollo stesso comunicò all’oracolo e poi a Pitagora la verità, dunque
era un sapere divino che dall’alto discendeva verso il basso e Pitagora ne
era il sacerdote, il depositario della verità. Si presentava di fronte ai suoi
allievi con una tunica bianca, che rappresentava il candore,la purezza del
sapere. Entrare a far parte di questa scuola era durissimo perché al di là
di non possedere quell’otium che i latini ritenevano indispensabile per
potersi prendere cura dell’anima, delle arti, delle cose belle e anche
piacevoli della vita, al di là di questo serviva una grande capacità logica
matematica. Era indispensabile superare delle prove durissime.
Innanzitutto Pitagora richiedeva ai suoi allievi un periodo di afasia, cioè
un periodo in cui l’allievo dimostrava la capacità di autocontrollo
attraverso il non parlare, che poteva durare mesi, mesi senza proferire
parola. Dunque un sapere proprio verticale, un apprendimento
che consisteva anche nel riversare sul discente del contenuto.
Ma un sapere anche che richiedeva una predisposizione all’ascolto.
Dunque se in Pitagora è deprecabile quest’idea del sapere come un
abbeverarsi alla fonte della conoscenza, dall’altro lato in Pitagora
vi è una riflessione sul saper ascoltare prima di parlare, sull’essere
predisposti al fare filosofia e ragionare, al fare matematica al fare
musica e dunque al sapersi trattenere dalla passione anche della
verbalità e della immediatezza del giudizio.
E poi ovviamente da gran sacerdote della conoscenza, del sapere
Pitagora chiedeva ai suoi allievi la castità, bisognava essere morigerati
e casti: poca sessualità. Perché ci si deve dedicare anima e corpo alla
filosofia, alla verità.
Il corpo per Pitagora è la prigione dell’anima, e qui anticipa un tema
tanto caro a Platone, trattato nel Fedone, il dialogo sull’immortalità
dell’anima, il dialogo in cui Socrate va a morire, prende la cicuta, il
dialogo più amato dalla filosofia cristiana che esalterà il tema pitagorico
e platonico del corpo come prigione dell’anima, destinata
all’immortalità e alla resurrezione nella beatitudine di Dio.
Ebbene Pitagora credeva nella metempsicosi , un culto di origine Medio
orientale orfico che egli introdusse nel mondo greco, nella resurrezione,
nella immortalità dell’anima, credeva anche che quest’anima fosse
prigioniera del corpo. L’obiettivo della filosofia di Pitagora non fu tanto
la Matematica, la stranezza che ai più spesso sfugge, ma la purificazione
dell’anima la quale essendo prigioniera del corpo, deve purificarsi in
vista di una resurrezione in un altro corpo.
Credeva nella reincarnazione, nel reincarnarsi in un corpo il più possibile
educato, allenato alla vita razionale priva di passioni e di eccessi,
pertanto una vita futura che va preparata nella vita attuale odierna.
Dunque c'è la responsabilità di educare la propria anima perché essa
continuerà in una vita più libera di quella che stiamo vivendo; l'anima va
allenata ad essere più leggera, più sapiente, più candida, più pulita.
La nostra anima è per Pitagora un abito, un abito che nella nostra vita
dobbiamo cercare di mettere in lavatrice ovviamente con un lavaggio
adeguato, col quale l’anima esca integra, non più sporca, e ciò
attraverso il rigido percorso selettivo di entrata nella scuola di Pitagora.
E allora la castità è autocontrollo, non cedere alle passioni del corpo. Un
bacchettone, un moralista in questo sicuramente Pitagora. Per lui
bisogna allenarsi alla morigeratezza, alla castità, mangiare poco, bere
poco. Dunque un percorso quasi ascetico.
I pochi che superavano questo periodo di afasia, di castità, questo
allenamento, potevano accedere alla scuola.
E nella scuola cosa si faceva ? Cosa si studiava ?
Nella scuola di Pitagora si studiava innanzitutto la matematica. La
Matematica è l’unione di algebra aritmetica e geometria. I numeri
hanno per Pitagora una corrispondenza geometrica: l’uno era il punto,
il due, due punti cioè una retta, il tre il triangolo, il quattro un
quadrato o già un primo poligono, il cinque un pentagono. Si studiava
la matematica perché era la disciplina che permetteva di comprendere
la chiave dell’universo.
La chiave è che, essendo tutto numerabile, essendo l’universo un
insieme di rapporti matematico-geometrici, il numero è l’archè, la
legge di questo Universo. Se tutto è numerabile vuol dire che la causa
dell' Universo numerabile è il numero, è il numero che ha prodotto il
mondo, è il numero che governa, il numero è l’essenza del mondo e con
la Matematica si può cogliere questa essenza.
Chi coglie l’essenza del mondo di fatto si purifica perché cogliere l’archè,
cogliere la legge del cosmo significa abbandonare la materialità, la
corporeità, abbandonare l’ignoranza l’apparenza ed entrare nell’intimità
dell’universo. Dunque la matematica era una disciplina esaltata: la
matematica, fatta dei numeri naturali l’uno, il due, il tre, il quattro che
sono figure vi dicevo geometriche, è la disciplina che coglie il segreto
dell’universo: tutto è numerico. La matematica ha anche la funzione di
purificare l’anima, la matematica, ha la funzione di allenare l’anima al
passaggio dal corpo morente alla nuova vita.
Oltre la matematica la disciplina esaltata dai pitagorici era la musica,
che è matematica e geometria: la musica sono accordi, le note
producono accordi, producono armonia, la matematica trova nella
musica il proprio proseguimento. Dunque ascoltare o eseguire musica
significa entrare in intimità, in un rapporto stretto con l’essenza
dell’universo.
Il numero sacro era la TETRAKTYS il 10 , un triangolo che contiene
tutti i primi 10 numeri dall’uno al dieci, che contengono poi tutti gli altri
numeri e tutte le altre figure geometriche.
Lo zero per il mondo greco non esisteva. Gli arabi ebbero il coraggio di
introdurre lo zero nel mondo della matematica e della geometria.
Invece per i greci lo zero equivaleva al non essere, al nulla che non è
rappresentabile, non è pensabile, appunto al non essere. La TETRAKTIS
veniva venerata nella setta di Pitagora. Si venerava il numero come
sacro: ecco che la matematica diventò disciplina religiosa, verso cui
l’uomo deve produrre un anelito quasi di sacrificio, un anelito di
obbedienza e servitù, per emanciparsi cioè per purificare l’anima.
Il numero non è soltanto essere singolarmente l’archè, perché il numero
è sempre doppio. Pitagora divideva i numeri in pari, impari, parimpari,
in numeri pari, imperfetti perché aperti, le tenebre il male e numeri
dispari che si chiudono, completezza finitudine, non nel senso del limite
ma del 'non manchevole di nulla'. L’impari è il bene la luce, la
completezza, è il maschio, mentre il pari è la femmina. (Il maschilismo fa
parte del retroterra culturale di tutte queste scuole filosofiche e della
filosofia, ahimè, fino direi al novecento).
Nella lotta fra il bene e il male fra il pari e l’impari c’è l’equilibrio cioè il
Parimpari, la lotta anche in questo caso produce un equilibrio, dunque
siamo in presenza di una filosofia dualistica bene e male, ereditata dalla
cultura orientale, dal taoismo, dallo zoroastrismo, dall’orfismo: il bene e
Il male che si scontrano producono armonia.
Questa concezione di sapere chiuso, di scuola verticale, produce però
anche degli scontri durissimi tra Pitagora e i suoi allievi. Celebre è la
scoperta di un suo brillante allievo, Ipparco di Metaponto, che si
presentò presso la scuola ponendo un problema : i numeri sono numeri
naturali, le figure sono figure geometriche regolari, ma qual è allora il
valore della diagonale di un quadrato di lato uno? Non è più un numero
naturale, bensì è radice quadrata di 2 e la radice quadrata di 2 porta ad
una crisi, proprio perché una filosofia come quella pitagorica, una
filosofia della completezza, della organicità non poteva sostenere questo
disorientamento. Ipparco di Metaponto si narra che fu ucciso, gettato
da una rupe e che fu sepolto vivo. Degno di un film di Quentin Tarantino.
Anche la morte di Pitagora ci racconta molto del suo essere un vero
fondamentalista del sapere.
Pitagora è un antidemocratico, come molti all’epoca, e Crotone era una
città democratica; più volte complotta contro il governo della città,
vuole rovesciare l’elite, gli illuminati al governo, i colti e sapienti ma a
forza di complottare i democratici di Crotone decidono di dargli la
caccia e di ucciderlo. Egli scappa con i suoi seguaci ma , si narra che
giunto di fronte ad un campo di fave si arrestò perché le fave erano
considerate dai pitagorici cibi impuri, ecco il fondamentalismo. C’era un
elenco di cibi impuri (oggi potremmo dire il wurstel, la mortadella sono
cancerogeni). Lui non parlava di malattie ma di purezza dell’anima e,
piuttosto che attraversare un campo di fave, si fece arrestare e uccidere
Ancora una volta la morte di un filosofo ci racconta molto della sua
filosofia e della sua vita.

3 commenti:

nonna gege^ ha detto...

PITAGORA: ah "quello" del famoso teorema che mi fece impazzire alla scuola Media!
Ora sono seria. Letta e riletta la pagina ed ora le mie sempre più semplici considerazioni.
Per SAPERE bisogna prima saper ascoltare per evitare di dare giudizi sconsiderati.Questa è una delle riflessioni che condivido di più e che considero molto attuale anche per i nostri tempi.
Il grande matematico, filosofo, eccentrico e con poca modestia, a mio avviso, PITAGORA, come altri filosofi, asseriva che la filosofia doveva essere riservata solo ad una classe "elitaria".Attribuiva poi una COLPA all'ignoranza che si poteva solo liberare con il SAPERE.Come potevano uomini di classi sociali inferiori accedere al privilegio dell'istruzione?Perchè poi colpevolizzare l'ignoranza che nasce con l'individuo?Non si nasce "IMPARATI". La curiosità del sapere avviene in seguito ma non ci si può portare appresso il peso di una colpa.
I suoi allievi erano abbastanza succubi dei suoi dettami, erano costretti ad avere uno stile di vita integerrimo per il suo credo sulla trasmigrazione dell'anima in altra persona che doveva nascere con una anima perfetta.
Perchè privare giovani ragazzi ai piccoli piaceri della vita. L'anima di una persona risplende quando c'è armonia fra corpo e spirito e la purezza può essere rappresentata dalla gioia al vivere.
Capire i concetti più importanti dei filosofi è per me oltremodo difficile, condividerne appieno le loro teorie lo è ancora di più,in ogni caso abbeverarmi alla loro "fontana" diventa uno stimolo per il mio cervello.
Capisco che i miei commenti lasciano il tempo che trovano, a forza di leggere queste finestre di filosofia forse un giorno la mia mente si aprirà a riflessioni diverse.

nonna gege^ ha detto...

Aggiungo un commento:PITAGORA divide i numeri in PARI e IMPARI(dispari?).Il pari è numero imperfetto e lo si attribuisce alla femmina (MASCHILISMO FILOSOFICO) mentre l'impari è il numero completo paragonabile al bene e alla sapienza della luce dell'uomo.
Dissento completamente da questo concetto e in questo momento di grande fermento politico-sanitario-sociale del nostro paese mi rammarico sapere che tutte le grandi decisioni vengono prese solo da uomini e in TV le uniche figure femminili che vediamo nelle conferenze "decisionali" sono le traduttrici della lingua dei "segni".
L'Italia ha un grande bacino di figure femminili che con la loro capacità organizzativa per la gestione di vari problemi potrebbero dare un grande contributo pratico per ripartire.
FORZA, CAPACITA', DETERMINAZIONE, COERENZA, PRATICITA' sono sostantivi FEMMINILI.
Caro Pitagora e uomini tutti di oggi non dimenticatelo!
PARIMPARI è l'equilibrio fra pari e impari,perchè allora non unire le due forze?

MARCO LEONI ha detto...

Carissima nonna gege^, parto dalla fine del tuo commento, non condivido quello che dici
a proposito del fatto che i tuoi commenti lasciano il tempo che trovano, NO sono sempre
attenti e puntuali, condivido invece quanto dici dei filosofi, non ho ancora capito come
mai mi sembra che tutti abbiano sempre ragione, ma come dici tu anche per me abbeverarmi
alla loro fontana diventa uno stimolo per il mio cervello.
Anche a me è piaciuta la considerazione che prima di parlare dobbiamo sapere, come lo si
vede purtroppo dai social ancora oggi non lo abbiamo imparato.
L'attualità degli antichi pensatori è sotto gli occhi di tutti.
Grazie ancora e alla prossima. Marco.