«Non
vogliamo rivivere l’incubo della “cimice asiatica” con
conseguenze inarrestabili sulla tenuta economica e sociale del
territorio. L’emergenza va affrontata: gli ungulati sono il
principale vettore di trasmissione della peste suina; diversi quindi
gli ambiti da attenzionare per garantire la sicurezza e la salute
pubblica, a difesa anche della filiera delle carni suine che è
strategica per l’Emilia-Romagna»
Riceviamo:
«Non
vogliamo arrivare tardi e rivivere l’incubo della “cimice
asiatica” con conseguenze inarrestabili sulla tenuta economica e
sociale del territorio. L’emergenza va affrontata: gli ungulati
sono il principale vettore di trasmissione della peste suina; diversi
quindi gli ambiti da attenzionare per garantire in primis la
sicurezza e la salute pubblica, a difesa anche della filiera delle
carni suine che è strategica per l’Emilia-Romagna». Così la
presidente regionale di Confagricoltura, Eugenia Bergamaschi,
invita ad aprire gli occhi e, senza creare falsi allarmismi sulla
proliferazione della peste suina - pur avendo ben presente le
situazioni già allarmanti nei paesi asiatici e dell’Europa
dell’Est -, chiede «interventi rapidi e puntuali per il
contenimento del numero di capi soprattutto nelle aree più sensibili
dove, spesso grazie alla segnalazione degli agricoltori, si sono
verificati casi eccezionali di sovrappopolazione e incidenti
rischiosi per l’incolumità dei cittadini».
Confagricoltura
Emilia Romagna rimarca anzitutto l’urgenza di rivedere il quadro
normativo nazionale (legge n. 157/92) e ricorda alle associazioni
venatorie il proprio ruolo nell’attuazione dei piani di
contenimento, come riportato nel testo del Piano faunistico
regionale.»
L’organizzazione
agricola esorta a uscire dalla sterile fase della contrapposizione
tra mondo venatorio e mondo ambientalista, acquisendo tutti la
consapevolezza che il problema della gestione della fauna selvatica,
degli ungulati ma anche dei lupi, va affrontato pure con misure che
prevedano il riequilibrio delle presenze faunistiche sul territorio.
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