Claudio Corticelli del Circolo SettaSamoggiaReno ha comunicato:
E’ stato presentato
oggi a Bologna il Dossier Idrocarburi in Emilia-Romagna di Legambiente:
37 concessioni di estrazione, 35 permessi di ricerca, 12 nuove richieste che
interessano oltre la metà del territorio regionale; 290milioni di metri cubi già
estratti da 210 pozzi produttivi, pari ad oltre il 12% delle riserve certe di
gas per tutta l’Italia centrale.
Le richieste
dell’associazione è di fermare le estrazioni nelle zone a rischio subsidenza,
fornire regole certe e garantire più trasparenza nei confronti dei
cittadini
Le royalties
pagate dalle aziende petrolifere sono risorse
scarse che non permetterebbero di ripagare i danni dovuti all’abbassamento
della costa
La crescita
delle rinnovabili deve evitare il carbone a Porto Tolle e portare a chiudere
centrali a gas anche in Emilia-Romagna
In quasi
tutte le province dell’Emilia-Romagna sono tuttora presenti richieste di
indagini o sfruttamento e negli ultimi anni si è registrato un intensificarsi
delle domande. L’Emilia-Romagna ha una superficie territoriale
complessiva di 22.122 Km²: di questi poco più di 7mila Km² (pari al 33% del
totale) sono interessati da 35 permessi di ricerca e 1774,5 (pari al 9%
del totale) sono interessati dalle 37 concessioni di coltivazione (cioè
di estrazione di idrocarburi) attive. Una superficie destinata ad aumentare.
Infatti ci sono altri 12 richieste per ulteriori permessi di ricerca che
interesserebbero 5.547 Km². In altre parole, se tutte le richieste venissero
autorizzate, oltre metà del territorio regionale (e la quasi totalità
della pianura) verrebbero interessate da progetti di ricerca.
Si estrae
prevalentemente gas, eccetto due concessioni da cui si estrae greggio, e la
produzione, in aumento negli ultimi anni, nel 2012 ha raggiunto i 290milioni di
metri cubi standard (Sm3) dai 210 pozzi produttivi, oltre il 12%
delle riserve certe di gas per tutta l’Italia centrale. Dati che evidenziano la
brevità nel tempo di possibilità di sfruttare gli idrocarburi e di conseguenza
anche dello sviluppo economico e occupazionale legato a questa scelta.
A fronte di
conseguenze ambientali rilevanti, quali la subsidenza, cioè l’abbassamento del
suolo: anche se l’estrazione di idrocarburi non è l’unica causa di tale
fenomeno, resta un fattore di cui tener conto nel rilascio delle autorizzazioni
alle compagnie estrattive. I dati dei monitoraggi Arpa evidenziano come le
conseguenze più rilevanti si registrano poi sulla fascia costiera regionale
che negli ultimi 55 anni si è abbassata di 70 cm a Rimini e di oltre un metro
da Cesenatico al delta del Po. In generale l’area del territorio bolognese è
oggi la più colpita dal fenomeno con una vasta porzione della provincia
(circa 600 km²), con abbassamenti medi intorno a 20 mm/anno, in particolare
si distinguono alcune zone di massimo sprofondamento (oltre 3 cm/anno).
Questi i
dati principali del dossier presentato oggi, presso la sede di Legambiente
Emilia-Romagna il “Dossier idrocarburi” della nostra regione, curato
dall’associazione.
Negli ultimi
anni inoltre è aumentata sempre più nella popolazione la preoccupazione per
l'assetto del territorio e il possibile impatto di queste attività. Oggi
più che mai è quindi necessario uno sviluppo del territorio regionale,
compatibile con l’ambiente e il paesaggio e soprattutto basato su un reale
coinvolgimento attivo della popolazione, che al momento ancora non avviene,
nonostante le molte richieste che vengono presentate sui territori. Occorre
porsi la domanda: Il gioco vale la candela?
«Riteniamo
prioritario che la Regione si attivi per tutelare il territorio da rischi
certi, come la subsidenza, e potenziali, per favorire uno sviluppo regionale
compatibile con la sua integrità, un corretto uso del territorio e delle
risorse economiche, e soprattutto un coinvolgimento attivo della popolazione
nelle scelte che condizioneranno la loro vita nei decenni a venire, anche sulla
base del principio di precauzione», afferma Lorenzo Frattini, Presidente
di Legambiente Emilia-Romagna. «Occorre vietare le attività di estrazione o
stoccaggio di idrocarburi nelle aree non idonee ad ospitarle e fornire un
quadro di regole chiare e una valutazione a livello regionale di queste
attività. Se il gas rappresenta una scelta di transizione ancora
necessaria, sicuramente meno impattante del carbone, proposto anche per la
vicina centrale di Porto Tolle sul delta del Po, è necessario anche iniziare a
fissare una road map di progressiva riduzione della dipendenza dagli
idrocarburi, ed in questa direzione appare fortemente discutibile il rilancio
dell’attività di estrazione di idrocarburi in Emilia-Romagna. Oggi bisogna
invece puntare con forza sugli interventi di efficienza energetica e sulle
fonti energetiche pulite in modo che, sul versante della produzione di energia
elettrica, la crescita del settore delle rinnovabili possa ragionevolmente
portare a chiedere che vengano spente alcune delle centrali ad idrocarburi
della nostra regione, in nome dell’uscita dalle energie fossili che da tempo
auspichiamo per il nostro Paese».
«Legambiente
si è occupata più volte delle estrazioni di idrocarburi in mare e sul
territorio italiano – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di
Legambiente – mettendo in luce i rischi connessi alla nuova strategia
energetica nazionale (SEN) approvata nel marzo 2013. Si pone l’obiettivo di
incrementare l’estrazione di idrocarburi dal mare e dal territorio italiani portando
il loro contributo dal 7 al 14% del fabbisogno energetico, aumentando da
qui al 2020 l’attuale produzione di gas del 46% e di petrolio addirittura del
148%. Una scelta assolutamente insensata. Infatti le risorse certe di
idrocarburi coprirebbero il fabbisogno nazionale di poco più di un anno per il
petrolio e di soli 9 mesi per il gas. Uno sviluppo economico e occupazionale
che avrà vita molto breve rispetto ad una politica energetica basata su fonti
rinnovabili, risparmio ed efficienza che garantirebbe invece il vero futuro per
il nostro Paese».
A partire da
questi elementi Legambiente avanza una serie di richieste alla politica
regionale e nazionale:
- vietare
le attività di estrazione o stoccaggio di idrocarburi nelle aree non idonee ad
ospitarle, a partire da quelle a rischio subsidenza o soggette a grave rischio
sismico. Occorre dare attuazione alle risoluzioni che in tal senso sono
state prese dal Consiglio Regionale, a luglio 2013 e nel 2011. In questa
direzione va la delibera “Stop a nuove estrazioni nelle aree terremotate”,
approvata a fine febbraio 2013 dall’associazione dei Comuni dell’alto
ferrarese, colpiti dal terremoto del maggio del 2012, in seguito alla richiesta
avanzata dal circolo locale di Legambiente in nome del principio di
precauzione.
- superare
l'attuale sistema, basato sull'esame di ogni singolo progetto, spesso con
processi decisionali riservati, se non nella forma sicuramente nella sostanza,
ai soli addetti ai lavori. Le prassi attualmente in atto non sono adeguate a
garantire una partecipazione informata della popolazione. Sono necessari
processi decisionali che favoriscano una vera partecipazione da parte dei
cittadini e soprattutto un’analisi collettiva di rischi e benefici di
questo tipo di operazioni;
- attuare
una pianificazione regionale delle concessioni minerarie che stabilisca se,
dove e come (con quali prescrizioni, quali cautele, quali costi e quali
benefici per la collettività) sfruttare le ricchezze del sottosuolo
dell'Emilia-Romagna.
- inserire
tutto questo nel quadro più ampio delle politiche energetiche regionali,
che in modo virtuoso hanno puntato ad alti obiettivi di energie rinnovabili. Se
infatti il gas rappresenta una scelta di transizione ancora necessaria,
sicuramente meno impattante del carbone (proposto anche per la vicina centrale
di Porto Tolle sul delta del Po), occorre anche iniziare a fissare una road
map di progressiva riduzione della dipendenza dagli idrocarburi. Oggi
occorre invece puntare con forza agli interventi di efficienza energetica (case
passive, biometano in rete, geotermia e solare termico dove possibile) e alle
fonti energetiche pulite. Sul versante della produzione di energia elettrica,
la crescita del settore delle rinnovabili deve portare a chiedere che vengano
spente alcune delle centrali ad idrocarburi della nostra regione, in nome
dell’uscita dalle energie fossili che da tempo auspichiamo per il nostro
Paese.
- portare
avanti la richiesta di innalzamento delle royalties da avanzare al governo.
Attualmente i livelli dei canoni pagati dalle compagnie sono tra i più bassi al
mondo.
Il dossier
completo è scaricabile alla pagina: http://www.legambiente.emiliaromagna.it/wp-content/uploads/2013/09/Dossier-Idrocarburi-in-Emilia-Romagna_2013.pdf
1 commento:
Corticelli dopo la magra figura che ha fatto a Sasso ha ancora il coraggio di parlare???
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