Di Alessandro Ori
Gli scatti sono stati realizzati durante il Trekking col Treno del C.A.I. Bologna, organizzato
in collaborazione con l’Associazione
Linea Gotica-Officina della Memoria, del 2 Giugno '70° Liberazione nell' alta
Valle del Lavino', che ha visto una notevole
partecipazione di pubblico (94) tra i quali il
Sindaco e due Assessori del Comune di Monte S. Pietro.
Durante l'escursione è stato realizzato un ‘diorama
vivente’, una metodologia didattica che
usa la narrazione biografica di personaggi di tutte le parti in conflitto, interpretati da ricercatori
storici. Essa definisce e ricostruisce
un preciso episodio storico legato ad una data e ad un luogo della memoria, col
fine di stimolare nel pubblico (col quale gli
interpreti interagiscono) una partecipazione attiva ed emozionale ai
fatti e alla complessità della guerra.
Quando i personaggi, vestiti con le uniformi d’epoca - che sono il mezzo per catturare l’attenzione delle persone - 'entrano in scena', ovvero incontrano il pubblico, non c’è azione. Ogni figurante si limita a narrare la propria vicenda personale e a rispondere alle domande che gli vengono rivolte dalle persone. Di solito i personaggi si presentano in azione di pattuglia o di difesa della postazione (mai di battaglia o di scontro) e sono suddivisi in due o più gruppi omogenei, gli uni celati alla vista degli altri.
Ricordiamo alcuni tra i principali obiettivi del progetto: rompere lo dicotomia buoni vs. cattivi, suscitare domande più che fornire risposte, capire come la guerra cambia le persone e come questo cambiamento influenzi i rapporti all’ interno della famiglia.
fatti e alla complessità della guerra.
Quando i personaggi, vestiti con le uniformi d’epoca - che sono il mezzo per catturare l’attenzione delle persone - 'entrano in scena', ovvero incontrano il pubblico, non c’è azione. Ogni figurante si limita a narrare la propria vicenda personale e a rispondere alle domande che gli vengono rivolte dalle persone. Di solito i personaggi si presentano in azione di pattuglia o di difesa della postazione (mai di battaglia o di scontro) e sono suddivisi in due o più gruppi omogenei, gli uni celati alla vista degli altri.
Ricordiamo alcuni tra i principali obiettivi del progetto: rompere lo dicotomia buoni vs. cattivi, suscitare domande più che fornire risposte, capire come la guerra cambia le persone e come questo cambiamento influenzi i rapporti all’ interno della famiglia.
Massimo Turchi dell' Associazione Linea Gotica-Officina
della Memoria, unitamente ai suoi collaboratori in divisa, ha ripercorso le
vicende della 63a Brigata Garibaldi ‘Bolero’ che vide in Monte S. Pietro uno dei suoi principali
luoghi d' azione.
La 63a brigata Garibaldi fu costituita nella
primavera-estate 1944 quando furono accorpati numerosi nuclei armati che operavano
nella zona ad ovest di Bologna, in pianura e in montagna. I nuclei più grossi
erano quelli di Monte San Pietro, guidato da Amleto Grazia ‘ nome di battaglia Marino’ e Monaldo
Calari ‘Enrico’.
Comandante fu nominato Corrado Masetti ‘Bolero’. La brigata nell'autunno contava oltre 230 uomini, molti dei quali disertori dell'esercito tedesco o ex prigionieri sovietici. Ai primi d’ottobre la brigata fu attaccata da ingenti forze tedesche a Rasiglio (Sasso Marconi), perché occupava un'importante posizione strategica alle spalle della linea del fronte.
Lo scontro durò più giorni, con gravi perdite partigiane, sia in caduti sia in prigionieri, 13 dei quali furono trasferiti a Casalecchio di Reno e trucidati nei pressi del ponte della ferrovia. Verso la fine d’ottobre, quando alla brigata giunse l'ordine di convergere su Bologna, per prendere parte a quella che si riteneva l'imminente insurrezione, fu deciso di inviare in città il distaccamento del Comando, forte di una ventina d’uomini, al comando di Masetti e Calari. Dopo essersi aperto la strada combattendo, il gruppo non poté attraversare il fiume Reno in piena e a Casteldebole fu attaccato e distrutto dalle SS tedesche. Nell'inverno la brigata fu ricostituita con la nuova denominazione di 3a brigata Nino Nannetti. Renato Capelli ‘Leo’ fu nominato comandante, Raffaele Vecchietti ‘Gianni’ commissario politico e Adelfo Maccaferri ‘Brunello’ e Bruno Corticelli vice comandanti. Dopo l'arresto di Capelli, in marzo il comando fu assunto da Beltrando Pancaldi ‘Ran’. La brigata - che ai primi d’aprile assunse il nome di 63a brigata Bolero Garibaldi - era organizzata su sei battaglioni intestati a caduti: Nello Zini a Bazzano; Gastone Sozzi a Monteveglio; Angelo Artioli a Calderara di Reno; Umberto Armaroli a Sala Bolognese; Antonio Marzocchi ad Anzola Emilia, San Giovanni in Persiceto, Sant'Agata Bolognese e Crevalcore e Monaldo Calari a Monte San Pietro.
Era inquadrata nella divisione Bologna montagna ‘Lupo’. La brigata ebbe 1.548 partigiani e 706 patrioti. I caduti furono 242 e i feriti 69.
Comandante fu nominato Corrado Masetti ‘Bolero’. La brigata nell'autunno contava oltre 230 uomini, molti dei quali disertori dell'esercito tedesco o ex prigionieri sovietici. Ai primi d’ottobre la brigata fu attaccata da ingenti forze tedesche a Rasiglio (Sasso Marconi), perché occupava un'importante posizione strategica alle spalle della linea del fronte.
Lo scontro durò più giorni, con gravi perdite partigiane, sia in caduti sia in prigionieri, 13 dei quali furono trasferiti a Casalecchio di Reno e trucidati nei pressi del ponte della ferrovia. Verso la fine d’ottobre, quando alla brigata giunse l'ordine di convergere su Bologna, per prendere parte a quella che si riteneva l'imminente insurrezione, fu deciso di inviare in città il distaccamento del Comando, forte di una ventina d’uomini, al comando di Masetti e Calari. Dopo essersi aperto la strada combattendo, il gruppo non poté attraversare il fiume Reno in piena e a Casteldebole fu attaccato e distrutto dalle SS tedesche. Nell'inverno la brigata fu ricostituita con la nuova denominazione di 3a brigata Nino Nannetti. Renato Capelli ‘Leo’ fu nominato comandante, Raffaele Vecchietti ‘Gianni’ commissario politico e Adelfo Maccaferri ‘Brunello’ e Bruno Corticelli vice comandanti. Dopo l'arresto di Capelli, in marzo il comando fu assunto da Beltrando Pancaldi ‘Ran’. La brigata - che ai primi d’aprile assunse il nome di 63a brigata Bolero Garibaldi - era organizzata su sei battaglioni intestati a caduti: Nello Zini a Bazzano; Gastone Sozzi a Monteveglio; Angelo Artioli a Calderara di Reno; Umberto Armaroli a Sala Bolognese; Antonio Marzocchi ad Anzola Emilia, San Giovanni in Persiceto, Sant'Agata Bolognese e Crevalcore e Monaldo Calari a Monte San Pietro.
Era inquadrata nella divisione Bologna montagna ‘Lupo’. La brigata ebbe 1.548 partigiani e 706 patrioti. I caduti furono 242 e i feriti 69.
[Nazario Sauro Onofri] - See more at: http://www.storiaememoriadibologna
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