Scoperta a guida italiana, Università di Ferrara e Bologna
Stessi
tempi di svezzamento, stessi ritmi di crescita: proprio come accade
all'uomo moderno, i neonati dei Neanderthal iniziavano lo svezzamento
intorno al quinto o sesto mese d'età. La scoperta è di un gruppo
internazionale di ricerca a guida italiana ed esclude che la
scomparsa di questa specie umana sia stata causata da uno svezzamento
tardivo e prolungato. Lo studio, coordinato da Marco Peresani,
professore dell'Università di Ferrara, e da Stefano Benazzi,
professore al Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di
Bologna, è stato pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana
delle Scienze, Pnas.
Le prime fasi di vita dei
Neanderthal sono state analizzate grazie ad alcuni denti da latte
provenienti da grotte e ripari paleolitici dell'Italia
nord-orientale, in particolare da Grotta di Fumane e Grotta de
Nadale. Lo studio analizza anche reperti provenienti dal Riparo del
Broion. I ricercatori sono riusciti a stabilire l'età in cui i
bambini neanderthaliani hanno iniziato a mangiare cibo solido
analizzando le 'linee di accrescimento' che si formano sui denti
durante la crescita.
"I risultati di
questo studio mostrano che i Neanderthal e l'Homo sapiens condividono
una richiesta energetica simile nel corso della prima infanzia e un
simile ritmo di crescita - spiega Benazzi - Questi elementi
suggeriscono che i neonati Neanderthal dovevano avere un peso simile
a quello dei nostri neonati: ciò indicherebbe anche una simile
storia gestazionale, un simile processo di sviluppo nelle prime fasi
di vita e forse anche un possibile intervallo tra le gravidanze più
breve di quanto si è pensato finora". Le nuove informazioni,
secondo gli scienziati, permettono di escludere che il numero ridotto
della popolazione dei Neanderthal potesse essere legato a tempi di
svezzamento più prolungati rispetto all'Homo sapiens, elemento che
avrebbe portato a una minore fertilità. (ANSA).
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