Ma l’impennata dei costi di produzione riduce il guadagno dell’agricoltore anche nelle filiere traino.
di
Barbara Bertuzzi
«Il sistema agroalimentare dell’Emilia-Romagna
ha dimostrato resilienza nell’anno del Covid: cresce del + 8%, su base annua,
il valore complessivo della produzione agricola regionale e aumenta
l’occupazione agricola (+ 13%, 82 mila unità), confermando la rilevanza del
settore primario per la tenuta sociale del territorio, nel periodo più
difficile dal secondo dopoguerra. Tuttavia, l’impennata dei costi di
produzione riduce all’osso il guadagno dell’agricoltore anche nelle filiere
traino dell’economia e delle esportazioni del Paese, ossia quella del latte
(+20% di Plv) che vede nel 2020 la più alta produzione di Parmigiano-Reggiano
mai raggiunta, pari a 3,95 milioni di forme, e quella dei cereali (+11,6% di
Plv) grazie all’aumento delle rese e delle quotazioni, e a soddisfacenti
contratti di coltivazione del grano duro e tenero». Il presidente di
Confagricoltura Emilia-Romagna, Marcello Bonvicini, commenta
i dati del Rapporto agroalimentare di Regione e Unioncamere e,
osserva, «da qui bisogna ripartire per programmare il prossimo PSR 2023-27, scongiurando
eventuali tagli alla dotazione finanziaria regionale nonostante la riduzione
dei fondi Pac».
Fa
il punto: «Per garantire una maggiore redditività e dare un futuro alle aziende
agricole, occorre procedere con una analisi specifica dei costi di
produzione (materie prime, adempimenti amministrativi, certificazioni
ecc.), capire qual è l’effettivo margine di guadagno dell’impresa e
aiutare l’agricoltore a sostenere gli investimenti strutturali
necessari al raggiungimento dei migliori standard produttivi. È
pertanto essenziale indirizzare le risorse verso nuovi modelli di
valorizzazione delle materie prime locali». E lancia un monito:
«Gli oneri non possono ricadere sempre sull’anello debole della filiera quando
sono proprio i prodotti 100% italiani, quali pasta e parmigiano reggiano, a riscuotere
grande successo sui mercati».
Infine serve
assolutamente un approccio nazionale condiviso tra Governo e Regione per ridare
impulso a settori chiave in grave sofferenza come il frutticolo, il
suinicolo e l’agriturismo. In particolare nel comparto frutta dove
i danni produttivi del 2020 si sommano a quelli dell’annata in corso.
Risultato: «Se lo Stato non interviene subito con contributi a fondo perduto,
le aziende muoiono», incalza Bonvicini. Le carni suine hanno
chiuso l’anno della pandemia con un meno 14% di Plv (crollo delle macellazioni
di capi da allevamenti regionali del -8% e dei prezzi medi intorno al -7%). «È
partita la richiesta da parte delle regioni Emilia-Romagna e Lombardia affinché
sia convocato con urgenza il tavolo suinicolo nazionale ma ad oggi – lamenta il
presidente regionale di Confagricoltura – non è stata data risposta». L’agriturismo, che
registra un calo di turisti del 40% nel 2020, sconta le perdite
dovute alle misure anti-Covid ed ha anch’esso bisogno di misure di sostegno
immediate per superare la crisi.
«Dal
Rapporto si evince la valenza dell’agricoltura, la sua capacità
di creare reddito e occupazione stabile soprattutto in
situazioni emergenziali quali la pandemia da Covid e adesso – conclude
il presidente Bonvicini – dobbiamo mettere a punto un piano strategico
per rilanciare le produzioni emiliano-romagnole, i comparti più deficitari;
un sistema coeso che possa contare sul sostegno della politica
e delle istituzioni».
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