Il 25% delle carni dei cinghiali abbattuti è destinato ai volontari selecontrollori mentre la parte restante venduta e l'introito riconosciuto all’Ente di provenienza. Né il 25% spettante ai cacciatori né il 75% spettante all’Ente pubblico è stato assegnato.
Il capogruppo di RETE CIVICA - Progetto Emilia-Romagna Marco Mastacchi ( nella foto) ha presentato un’interrogazione alla Giunta Regionale riguardo all'attività venatoria di controllo della popolazione degli ungulati e in particolare dei cinghiali.
In Emilia-Romagna il cinghiale appare insediato stabilmente e in modo pressoché uniforme principalmente nel complesso Appenninico. Danni alle colture e incidenti stradali sono i due eventi che caratterizzano la presenza del cinghiale e che danno luogo a costi di rimborso dei danni a carico delle istituzioni, nella misura in cui l'animale è presente.
È per questo che, per effetto delle disposizioni della Legge Regionale e del Regolamento Ungulati, il cinghiale è cacciabile in Emilia-Romagna. È inoltre oggetto di consistenti abbattimenti effettuati in regime di piano di limitazione numerica, ai sensi dell’art. 19 della Legge Nazionale. Dall´analisi delle serie storiche dei dati raccolti si registra una generale tendenza all'incremento del loro numero in Regione. Si rileva inoltre come il cinghiale sia la specie più impattante tra quelle che hanno prodotto danni alle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, producendo perdite economiche per oltre tre milioni di euro.
La Città Metropolitana ha approvato il ''Protocollo sperimentale per la gestione degli interventi in piano di controllo cinghiali ed attività correlate conseguenti, in scenario Covid-19'' attivandolo in via sperimentale a decorre dal maggio 2020 al maggio 2021, in quanto la presenza pervasiva del cinghiale nell'area metropolitana interferisce da tempo con l'uomo e ha accentuato negli anni l'allarme sociale e i rischi alla pubblica incolumità, i danni alle colture e all'ecosistema.
La Città Metropolitana aveva inoltre disposto che il 25% circa delle carni fosse riconsegnato ai volontari per compensarli del loro sforzo venatorio, mentre la parte restante, venduta dal Centro, fosse riconosciuta all’Ente di provenienza (Regione, Provincia o in questo caso la Città Metropolitana) con un corrispettivo in base al quantitativo venduto.
Si rileva però che dal 2017 ad oggi né il 25% spettante ai cacciatori né il 75% spettante all’Ente di provenienza è stato assegnato e per quanto la pandemia possa aver influito sulle normali attività gestionali, il ritardo accumulato nelle annate precedenti il Covid 19 non trova giustificazione.
Non c'è dubbio che i mancati ristori rappresentino un danno per i cacciatori, per l’attività svolta dai Centri lavorazioni carni degli ATC e un mancato introito per l’Ente pubblico. Fatto questo che incide sulle politiche di prevenzione che potevano essere portate avanti e che invece non si concretizzano.
Oltre al mancato introito per l'Ente pubblico, di grande impatto può risultare anche il danno per i cacciatori. Il numero dei cacciatori sta costantemente calando, fatto che prefigura un problema non da poco perché verranno a mancare le risorse umane che rendono possibile l'attuazione del Piano di Controllo. Disincentivarli non gratificandoli con quanto loro dovuto può rivelarsi controproducente.
Alla Giunta il Consigliere Mastacchi chiede se non ritenga opportuno intervenire, così come previsto dall’art 40 della LR.13 del 2015, per uniformare a livello normativo i criteri di gestione dei piani di controllo, al fine di ottenere su tutto il territorio regionale una puntuale rendicontazione economica e amministrativa delle azioni poste in essere dai referenti circa la distribuzione dei compensi ai coadiutori.
Propone inoltre di intervenire con un aggiornamento normativo per garantire a livello regionale una puntuale rotazione dei referenti nell’ambito dei piani di controllo, ai fini di una maggior trasparenza e di un piano di contenimento dei danni più efficace ed efficiente.
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