A rischio le produzioni su terreni non irrigui. I cambiamenti climatici chiedono di accelerare e rendere irrigui i terreni coltivati a seminativo, persino i vigneti e gli oliveti”
di Barbara Bertuzzi
Il clima torrido sta
complicando lo svolgimento delle attività agricole nelle campagne. Tutte le
colture emiliano-romagnole soffrono del repentino passaggio da una primavera
fresca a un’estate di fuoco. «Mais, soia, pomodoro da industria, patate,
orticole, viti e alberi da frutto necessitano di un apporto idrico costante per
via di temperature elevate sia nelle ore diurne ma soprattutto in quelle
notturne, accompagnate spesso da vento caldo. Le irrigazioni sono indispensabili
nella fase di allegagione come pure nella fase di crescita del frutto. Ciò
implica un aumento di costi per la distribuzione della risorsa
idrica a scopo irriguo e per la gestione e manutenzione degli impianti -
osserva Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura
Emilia Romagna - un aggravio di spese sempre maggiore per l’agricoltore a
causa degli effetti dei cambiamenti climatici. Bisogna inoltre effettuare
irrigazioni non abbondanti per evitare il rischio di una diffusione di
patologie fungine scatenate da alti livelli di umidità e ristagni d’acqua».
L’emergenza
idrica non ha risparmiato neppure i frutticoltori colpiti dalle gelate di aprile, che nonostante la scarsa
o nulla produzione devono continuare a dare acqua alle piante per non
compromettere l’intero impianto frutticolo.
«Attenzionare
e garantire la disponibilità di risorsa idrica, in particolare
nelle aree servite dagli affluenti appenninici del Po. Il climate change ci
chiede di accelerare e rendere irrigui i terreni coltivati a
seminativo, persino i vigneti e gli oliveti», conclude il presidente
regionale di Confagricoltura.
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