Richiesto:
In
una nota del 28 ottobre 2014 si parla di 49 milioni dal taglio del
numero dei senatori e delle relative indennità e di altri 8,7 dalla
chiusura del Cnel. Dalla soppressione delle province il ministro
prevede di recuperare 320 milioni. Ma nel documento si parla di cifre
non quantificabili. In totale, i risparmi certi secondo i tecnici
ammonterebbero a 57,7 milioni. Sinistra italiana accusa: “E’
venuta in Aula a imbrogliare sui numeri e la nostra domanda è
rimasta senza risposta”
I conti non tornano. I circa 500 milioni di risparmi che, secondo il ministro Maria Elena Boschi, la riforma costituzionale che porta il suo nome produrrebbero nell’immediato, si scontrano con le stime della Ragioneria dello Stato, elaborate e trasmesse il 28 ottobre 2014 su richiesta dello stesso ministero delle Riforme. Nel documento, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, i risparmi certi per la finanza pubblica derivanti dal ddl Boschi, ammontano solo a 57,7 milioni di euro, mentre le spese di Palazzo Madama diminuiranno, sì, ma solo del 9%.
SENATO
DELLA DISCORDIA
– La questione è emersa ieri in Aula alla Camera nel corso del
question time.
Con un’interrogazione dei deputati
di Sinistra italiana
(primo firmatario Arturo
Scotto) che, proprio
al ministro Boschi chiedevano di sapere, considerate le stime
contenute nel documento della Ragioneria molto lontane da quelle del
governo, se esista un’ulteriore “nota evidentemente successiva ma
in ogni caso siglata dal Ragioniere generale dello Stato dalla quale
emerga in modo
inconfutabile il
dato, ribadito in più di una occasione alla stampa nazionale dallo
stesso presidente del Consiglio dei ministri, di un
miliardo di euro di risparmi ottenuti
dalla riforma costituzionale”. Risparmi che, dalla risposta data
dalla Boschi
ammonterebbero,
nell’immediato, a circa 500 milioni.
“Con il taglio del 33%
delle indennità e
rimborsi dei senatori
– ha spiegato il ministro – avremo un risparmio di 80
milioni l’anno, a
cui si aggiungono circa 70
milioni l’anno per
il funzionamento delle
Commissioni, per
esempio, d’inchiesta, per la riduzione
dei rimborsi ai gruppi
parlamentari al Senato, a questo va aggiunta una progressiva
riduzione dei
funzionari che
saranno necessari grazie al ruolo unico e all’unificazione di
Camera e Senato per la gestione del personale”.
Ma
nella nota della Ragioneria si sottolinea che, per effetto della
riduzione del numero dei componenti del Senato da 315 a 95 (esclusi
quelli nominati dal Presidente della Repubblica), unitamente alla
limitazione
dell’indennità
parlamentare (10.385
euro mensili pro
capite) ai soli componenti della Camera dei deputati, “la minore
spesa conseguente a dette disposizioni è stimabile in circa 49
milioni di euro”.
Dei quali 40 milioni ottenuti dall’abolizione dell’indennità per
i futuri senatori e i rimanenti 9 dalla cessazione della
corresponsione della diaria mensile (3.500
euro mensili pro
capite). In pratica, considerato che, stando all’ultimo bilancio,
nel 2016 il Senato
costerà 540 milioni di euro,
secondo le stime della Ragioneria dello Stato, per effetto della
riduzione del numero dei senatori il risparmio
sarà di circa il 9%.
INCOGNITA
PROVINCE – Ma non è tutto. Il ministro Boschi prevede
“dal superamento delle province” un risparmio “di 320
milioni l’anno”. E e di ulteriori 20 milioni “dalla
soppressione del Cnel”. Quanto alle Province, la nota
dell’ottobre 2014 redatta della Ragioneria segnala, però, che i
risparmi di spesa che deriverebbero dalla loro soppressione “non
sono allo stato quantificabili”. Quantificazione che potrà
essere effettuata “solo a completa attuazione” della legge di
riordino delle città metropolitane, Province, unioni e fusioni
di comuni. La soppressione del Cnel, invece, produrrebbe secondo la
Ragioneria “risparmi ulteriori pari a 8,7 milioni di euro,
rispetto a quelli già previsti ed indicati nella relazione tecnica
del disegno di legge di stabilità 2015 pari a euro 10.019.227
annui”. Ma secondo la Boschi i risparmi che il suo ddl porterà non
sono solo quelli immediati. “Fondo Monetario Internazionale, Ocse e
Unione Europea – spiega il ministro – indicano nei prossimi dieci
anni una crescita dello 0,6% grazie alle nostre
riforme”. Resta il fatto che, tra il miliardo di Renzi, i 500
milioni della Boschi e le stime della Ragioneria dello Stato i conti
non tornano. Almeno che, nel frattempo, la Ragioneria non abbia
stilato una nota aggiornata alla quale però la Boschi non ha fatto
cenno nella sua risposta. “La verità è che il ministro delle
Riforme si è presentata in Aula ad imbrogliare sulle cifre –
accusa il presidente dei deputati di Sinistra italiana, Arturo Scotto
–. Peraltro senza rispondere al quesito posto dalla nostra
interrogazione: noi chiedevamo di sapere se esiste una nota della
Ragioneria dello Stato successiva a quella dell’ottobre 2014,
per capire se era stato fatto un aggiornamento delle stime
fondate su dati certi e non sulle chiacchiere del governo. Domanda
rimasta senza risposta”. Non solo. “Costatiamo, inoltre, che il
governo non perde occasione di tirare fuori previsioni di crescita
sul Pil che, grazie alle riforme, aumenterebbe, secondo la Boschi,
dello 0,6 per cento – conclude Scotto –. A parte il fatto che non
si capisce su cosa si fondino queste stime né da chi siano state
fatte, forse la prossima volta, per saperne di più, converrà
rivolgere le nostre interrogazioni al Fondo monetario
internazionale piuttosto che al governo italiano”.
1 commento:
< converrà rivolgere le nostre interrogazioni al Fondo monetario internazionale piuttosto che al governo italiano”.<
Calma,calma, un passo alla volta, l'ingresso del FMI in Italia, al posto del governo, è previsto tra qualche anno, non abbiate fretta.
Certo se gli italiani approveranno una riforma costituzionale fatta dalla figlia di un banchiere, significa che stiamo peggio di quanto io immagini e l'oligarchia bancaria potrebbe pensare di anticipare i tempi.
Tra l'altro ultimamente, a chiacchere propagandiste, il fondo monetario internazionale ha assunto posizioni quasi rivoluzionarie, rispetto a Renzi e al PD.
"Liberismo, l’Fmi cambia verso: “Austerità e libero movimento dei capitali fanno crescere le disuguaglianze” dal Fatto Quotidiano di qualche giorno fa.
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