domenica 2 agosto 2020

FINESTRE SULLA FILOSOFIA





di Marco Leoni


   ARISTOTELE : 
              L’etica nicomachea


Riporto una lezione di Matteo Saudino, fantastico prof. di filosofia “

L’etica nicomachea è la grande opera di filosofia etica di Aristotele. Prende il nome dal padre di Aristotele, Nicomaco, medico che trasmise al figlio il grande interesse per la natura, ma soprattutto prende il nome del figlio di Aristotele, anch’egli di nome Nicomaco.
E' un’opera che il grande filosofo di Atene infatti dedica a suo figlio.
E tenendo conto che l’opera si occupa soprattutto di virtù e di felicità è grande che sia un’opera di un padre dedicata al proprio figlio.
Il tema dell’etica nicomachea è proprio la felicità, la felicità deve essere l'obiettivo, il fine ultimo della vita dell’uomo.
Ma per il mondo greco il paradigma è che sia la virtù a portare la felicità, dunque la felicità è una conseguenza dell’essere virtuosi.
Anche questo modello sarà poi criticato dal mondo ottocentesco, soprattutto da Nietzsche che è il grande rilettore del mondo greco, il quale dirà proprio che questa è una forzatura, che non è la virtù a portare la felicità ma l’essere nella felicità è di per sé una forma di virtù.
Il mondo Greco però, da Socrate a Platone ad Aristotele, segue invece questo paradigma: è la virtù che determina la felicità.
Dunque per stabilire quando uno è felice bisogna stabilire quando è virtuoso per cui la domanda diventa: Quando l’uomo è virtuoso?
L’uomo è virtuoso quando esercita al meglio la propria virtù specifica.
Ad esempio un suonatore di cetra è virtuoso quando suona al meglio la cetra, un panettiere è virtuoso quando sforna al meglio delle sue possibilità il pane e così un marinaio e così un contadino e così un guerriero.
Quindi voi sarete felici quando esercitate al meglio la vostra specifica virtù.
Ma l’attività propria dell’uomo è essere RAZIONALE.
Il mondo greco, il trittico Socrate, Platone, Aristotele, che dice che l’uomo è virtuoso quando esercita al meglio la virtù che gli è propria, giunge alla considerazione che l’uomo che esercita la razionalità è felice.
Le due grandi tipologie di virtù per Aristotele sono le virtù ETICHE e le virtù DIANOETICHE e hanno a che fare con la ragione.
Le virtù ETICHE sono le virtù razionali che riguardano la vita pratica in mezzo agli altri uomini, come mi comporto come agisco: ad es. quando prendo il pullman, quando sarò in coda alla posta, quando starò giocando una partita di pallone,
Le seconde virtù sono le virtù DIANOETICHE , le virtù razionali che riguardano non più la vita pratica ma la vita intellettiva, la vita intellettuale, l’esercizio della Ragione in campo intellettuale.
LE VIRTU’ ETICHE
Sono quelle che noi dobbiamo esercitare nella nostra vita associata. Se non siamo virtuosi la società, la comunità politica, non funziona dirà Aristotele.
Secondo Aristotele riguardano la capacità di scegliere il GIUSTO MEZZO tra due estremi.
Ad es. tra essere vigliacchi e essere temerari il giusto mezzo è il coraggio.
L’uomo coraggioso non è l’uomo vigliacco che di fronte a una situazione si ritrae e fugge, ma non è neanche colui che temerario mette il petto in fuori e va incontro sprezzante al pericolo.
Se voi siete alla fermata del bus e vedete un gruppo di cinque o sei persone violente che decide di aggredire a colpi di cinghiate un ragazzo per un motivo qualunque, per scherno o dileggio o bullismo o razzismo, se siete vigliacchi fate finta di non vedere niente, scappate e prendete il bus, se siete temerari vi buttate da soli contro sei.
L’uomo coraggioso è quello che in quel momento, vi direbbe Aristotele, prende il telefono e chiama le forze dell’ordine, chiama altre persone, e poi vediamo cosa accade, ma di sicuro non è colui che ha deciso di abbassare la testa e vivere nel silenzio. La vigliaccheria non è una virtù etica, la virtù etica è una virtù mediana ma Aristotele aggiunge una cosa in più: E’ mediana rispetto noi stessi e a quello che siamo noi.
Se io fossi un insegnante di 98 kg magari decido di buttarmi in mezzo perché un adulto rispetto a un gruppo di ragazzi che ne picchia un altro può decidere di chiamare e poi buttarsi mettendo in campo anche di prendersi qualche pugno. Però magari li faccio invece scappare perché potrebbero aver paura dell’autorità. Allora le virtù come giusto mezzo cambiano in base a chi noi siamo. Lo spiego in maniera matematica.
Tra 0 e 10 il giusto mezzo non è 5 dipende da chi noi siamo: se sono un pompiere e devo in quel momento avere il coraggio, provare ad avvicinarmi con l’idrante affrontando le fiamme per alzare la scala, il giusto mezzo fra lo 0 e il 10 sarà il 7 sarà l’8.
Dunque il giusto mezzo va valutato, il giusto mezzo tra vigliaccheria e coraggio per un pompiere non sarà 5 ma sarà 7 o 8. Invece per una persona con delle disabilità fisiche il giusto mezzo sarà 3 perché fa il massimo di quello che può fare.
Così vale ovviamente per tutte le virtù etiche, quelle che riguardano il comportamento, è a metà tra due estremi ma la metà è relativa anche a ciò che siamo. Tra l’essere avaro e l’essere prodigo è essere liberale, la liberalità è a metà tra la prodigalità e l’avarizia perché se sono estremamente avaro o estremamente spendaccione non sono nel giusto mezzo etico: l’avarizia porta ad abbruttirti e chiuderti in te stesso, a perdere di vista quella che è la tua capacità di vivere. Tra essere vanesio e essere umile è essere magnanimo, dirà Aristotele, la magnanimità è a metà strada tra l’essere umile rd essere vanitoso, ma anche qua ovviamente se faccio l’attore un po’ vanitoso lo dovrò essere, più di una persona che sta facendo il medico ad esempio perchè un medico vanitoso non è virtuoso, cioè tutti devono essere magnanimi ma la magnanimità di un attore sarà chiaramente più vicino all’essere vanesio di quella di un medico
Ma se la virtù etica è la capacità di scegliere il giusto mezzo tra due estremi, quale sarà la virtù etica superiore a tutti ?
E' LA GIUSTIZIA perché la persona giusta deve sempre saper scegliere il giusto mezzo tra due estremi e dunque la figura tipica dell’uomo giusto è IL GIUDICE , che deve saper distribuire chiaramente le punizioni giuste.
L’insegnante deve essere giusto nella distribuzione delle valutazioni, dovrà essere giusto ovviamente il genitore nell’educazione dei figli, gli arbitri devono essere giusti, i governanti devono essere giusti, le forze dell’ordine devono essere giuste.
Quando noi diciamo che non è giusto ? Quando percepiamo la non capacità di essere proporzionati, capaci di scegliere tra gli estremi e applicare poi quella cosa che è la giustizia nella vita pratica.
Aristotele poi passa alle altre forme di virtù, parla dei due tipi di giustizia
La GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA e quella COMMUTATIVA.
Quella distributiva consiste nel saper distribuire in maniera equa qualcosa, premi, punizioni, voti. Il professore giusto non è il professore che sa scegliere il giusto mezzo tra 0 e 10, cioè 5 perché il giusto professore è quello che valuta il punto di partenza di un ragazzo e dunque la sufficienza non è per tutti uguale perché c’è chi parte avendo grandi capacità e fa un cammino molto più limitato di quello che parte da molto molto più indietro e la sufficienza, il sei sarà quella che premia la crescita. Per Aristotele il giusto mezzo non è la metà spaccata ma deve tener conto del CONTESTO. Il papà e la mamma giusti non sono quelli che trattano i figli in maniera eguale nel tempo ma la giustizia dipende anche dalle esigenze che hanno i figli in quella fase della vita, quando si è piccoli quando si è più grandi quando magari si ha una disabilità. La giustizia non si costruisce sulla esatta metà non è data dalla perfetta proporzionalità, la proporzione è data anche dalle esigenze e dalle necessità.
Sono dei passaggi ragazzi di una GRANDIOSITA’ UNICA NEL MONDO
ANTICO , stiamo parlando di 2300 anni fa.
La giustizia distributiva è questa.
Quella COMMUTATIVA consiste nel commutare rispetto a un comportamento una pena, un premio. Tendenzialmente la virtù commutativa è la base del diritto cioè parla dei contratti. Infatti alla base di un contratto ci deve essere la giustizia.
Se ti voglio vendere una mucca, tu non mi darai in cambio dodici galline, anzi se tu le scambi mi dici che ti ho frodato, perché non c’è proporzione.
E dunque i contratti di tipo economico hanno a che fare con la realtà commutativa. I contratti come il matrimonio, come la vendita di una casa, un terreno hanno a che fare con la realtà commutativa Anche i furti, perchè sono una sorta di patto non fra due volontari ma tra uno che sottrae qualcosa e un altro e a quel punto io dovrò commutare quel gesto in una pena. Ma la pena va equilibrata, GRANDE ARISTOTELE , la commutazione deve essere proporzionata.
Perché se do tre anni di galera per chi ha rubato al supermercato e do cinque anni di galera a chi ha commesso un omicidio, non c’è una giusta commutazione reato-pena e viene meno la fiducia dei cittadini. Quello che a volte accade in Italia quando vediamo grandi criminali e personalità più famose essere tradimento della giustizia. Non dovrebbe cadere questo diritto. Poi sappiamo che ci sono tante situazioni, gli studi degli avvocati più importanti riescono a rinviare a lungo il processo e ottengono la decadenza dei termini processuali, allora abbiamo la percezione che la giustizia non sia giusta e che chi è più potente venga trattato meglio. Magari è solo una sensazione e non la realtà, ma quando si sviluppa questo nei cittadini, dice Aristotele , la giustizia viene meno. Giustizia distributiva, giustizia commutativa hanno a che fare col giusto mezzo cioè con l’essere giusti.
Altra tipologia di virtù sono
LE VIRTU’ DIANOETICHE.
Le virtù dianoetiche riguardano la vita intellettiva che per Aristotele è la vita più alta a cui può aspirare un uomo, è la vita più alta cui può aspirare anche un filosofo.
Per le virtù dianoetiche bisogna esercitare intellettivamente la razionalità
Il grado più basso, il QUINTO grado è dato dall’Arte, cioè da quella che lui chiama la TECNE , che per Aristotele è una virtù mentre Platone la derubricava a immaginazione a PISTIS a credenza a DOXA addirittura e invece è una virtù e fa parte delle virtù tecniche.
Se sono un falegname ho delle conoscenze intellettive che applico nel fare la sedia o il mobile, sono un idraulico ho delle conoscenze intellettive che applico nel riparare i tubi o nel costruire un acquedotto. Dunque le conoscenze intellettive artistiche tecniche sono il primo grado delle virtù Dianoetiche.
QUARTO GRADO, saliamo, la SAGGEZZA. Saggio e SAPIENTE per Aristotele non coincidono, per Platone invece saggio è colui che avendo conosciuto il mondo delle caverne è ridisceso nella caverna per salvare gli altri uomini: sono sapiente, vedo il sole, conosco il bene e il giusto ritorno e sono ostaggio perché libero gli altri schiavi.
Per Aristotele saggio e sapiente non coincidono e non vuol dire che ad Aristotele non interessa nulla della bontà, della giustizia e della conoscenza ma sono gradi conoscitivi diversi.
Il saggio è colui che conosce la virtù etica del giusto mezzo e la sa applicare. Sono saggio per me e dovrei essere saggio nell’insegnarlo agli altri, nel rapportarmi agli altri.
TERZO GRADO delle virtù dianoetiche è L’INTELLIGENZA. La persona intelligente è quella che coglie i principi primi. Dunque ad es. sa cogliere le formule matematiche e di applicarle. E' una conoscenza astratta e soprattutto una capacità di tradurre quella conoscenza nella risoluzione dei problemi.
Il SECONDO GRADO delle virtù dianoetiche è LA SCIENZA , non solo per la capacità di conoscere i principi primi ma di dedurre i principi primi ed effettuare le dimostrazioni. L’intelligente è colui che, data una formula, la sa applicare. Lo scienziato, l’uomo di scienza è colui che la formula l’ha dimostrata, l’ha dedotta, l’ha costruita e dunque è colui che effettua le dimostrazioni ed è superiore a colui che soltanto sa applicare la formula .
E arriviamo al grado più alto della conoscenza il PRIMO GRADO delle Virtù dianoetiche ed è LA SAPIENZA .
Il sapiente è colui che conosce i principi e le dimostrazioni, dunque scienziato ma li conosce li domina pienamente e studia le realtà più alte e sublimi cioè studia non solo le sostanze materiali naturali dall’astronomia al naturalismo alla biologia ma studia anche le sostanze più nobili, cioè la sostanza prima che è DIO, IL MOTORE IMMOBILE, IL TELOS il fine a cui tutto tende a cui tendono le singole sostanze a cui tende L’INTERO UNIVERSO .
Il sapiente è colui che coglie il principio primo dell’universo: DIO inteso come CAUSA PRIMA che coincide con LA CAUSA ULTIMA sul Motore immobile, L’ATTO PURO LA FORMA PURA, la sostanza priva di Materia, priva di potenza, cioè IL PENSIERO PENSANTE, IL PENSIERO che pensa a sé stesso in modo tale da essere immobile ed essere LA CAUSA FINE ULTIMA DELL’ INTERO UNIVERSO , questo è IL SAPIENTE .
Guardate che AFFRESCO nella ETICA NICOMACHEA di Aristotele che affresco sulle virtù, è un inno alla virtù, è un inno all’essere felici e la Felicità è il possesso della virtù, il vizio è ciò che vi allontana più di tutti dalla felicità.

COME SEMPRE GRANDIOSO ARISTOTELE !

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Io consiglierei questi articolisti filosofi di somministrare la propria materia in " pillole " e non in " cure da cavallo " ; parlare poi di " etica " alla popolazione delle valli del Reno e del Setta è solo tempo e spazio perso, in quanto ho potuto constatare che non esiste gente più ignorante di questa ( nel senso etimologico del termine, cioè " che ignora ") Con un analfabetismo di ritorno, questa gente se legge, non sa capire ciò che legge; questa gente è più interessata al pettegolezzo malevolo, alle piccole carognate, dispetti verso il vicino, furti, calunnie, segnalazioni alle Autorità di ciò che non esiste, costringendo Carabinieri, Forestale, Polizie municipali a recarsi sul posto per verificare . Poichè è una popolazione prevalentemente di anziani, direi che conservano ( in tono minore) il modus operandi dei partigiani di fine guerra e della filosofia non gliene può fregar di meno ! Spero che Fabbriani vorrà pubblicare questo mio commento e non , come è sua abitudine, arrogarsi il diritto di censurare i commenti poco " allineati " col pensiero di regime .

Anonimo ha detto...

Articolo molto attuale, infatti a breve l'economia italiana uguaglierà i valori di quella ellenica del quarto secolo avanti Cristo.

Anonimo ha detto...

Se gli articoli filosofici fossero più sintetici, avrebbero sicuramente una maggior audience, ma la filosofia non può essere “stringatezza”. Deve avere una certa dose di AMPOLLOSITA’ !!
Concordo pienamente con le asserzioni dell’anonimo delle ore 10,31 sull’analfabetismo di ritorno che è tuttora molto più evidente e marcato nelle nostre zone rurali . Ciò nondimeno , non tutti sono incolti e illetterati !!
Non mi sembra che il gestore del blog sia un “proibitore” di commenti non allineati al “regime” : Si leggono frequentemente commenti contrastanti al “filone” dell’articolo pubblicato .
Forse, e giustamente , non vengono pubblicati commenti lesivi e/o volgari.

nonna gegè ha detto...

Non è obbligatorio leggere gli articoli che non interessano e se le pagine " FINESTRE SULLA FILOSOFIA" vengono gradite da non molti lettori ben vengano ugualmente . La FILOSOFIA è CURIOSITA' e in relazione a ciò abbeverarsi ad una nuova fonte è alimento per la mente e lo spirito ne guadagna.