di Marco Leoni
PLATONE
: Il Fedone
e la vita come
preparazione alla
morte
Riporto
una lezione di Matteo Saudino fantastico prof. Di filosofia
“ Oggi
affronteremo il dialogo del Fedone, dialogo della maturità che segue
il Menone e affronta il tema della Morte e dell’immortalità dell’
Anima.
L’immortalità
dell’anima è un tema cardine del platonismo. Platone è
un
teorico e un sostenitore dell’anima immortale, recupera dunque la
lezione
pitagorica della metempsicosi dell’anima immortale, lezione che
a
sua volta Pitagora aveva tratto dal mondo dei culti orfici.
Platone
ritiene che l’anima, alla morte del corpo, compie un viaggio dal
mondo
delle cose al mondo delle idee. Ricordo che Platone è anche
uno
dei massimi teorici della metafisica antica ma è soprattutto anche
un
duplicatore dei mondi. Infatti per Platone ci sono due realtà: la
realtà
che
è il mondo delle idee e la realtà che appare, il mondo delle cose.
L’anima
viaggia, alla morte del corpo, dal mondo delle cose al mondo
delle
idee.
In
questo dialogo del Fedone, Platone ci spiega e ci argomenta perché
l’anima
è immortale, adduce delle argomentazioni che non sono di
tipo
scientifico galileiano, sono argomentazioni chiaramente razionali
ma
razionali filosofiche. La filosofia empirica è una cosa, la
filosofia
metafisica
è un altro ramo della filosofia. Ma soprattutto, in questo
dialogo
Platone affronta un tema fondamentale di tutta la sua filosofia,
il
tema della morte. Platone è un filosofo che mette al centro
della vita
dell’uomo
la morte.
La
morte è quel momento, quel passaggio decisivo, che dà un senso
alla
vita. L’uomo vive una vita per arrivare all’appuntamento con la
Morte.
La morte non è elusa da Platone, la morte non è respinta, la
morte
è esaltata come quel momento di liberazione dell’anima dal
corpo.
Dunque si vive per preparare la vita dopo la morte, si vive per
preparare
il viaggio dell’anima alla morte del corpo.
Vivere
per la morte significa vivere una vita di verticalità di ascesa
verso
il bene, il bello, il giusto. Si vive una vita di aspirazione al
miglioramento
per non farsi cogliere impreparati dalla morte.
Quando
la morte arriva, il nostro vivere deve essersi elevato il più
possibile;
abbiamo dovuto educare la nostra anima al bene, al bello,
al
giusto, alla matematica, alla geometria, alla musica.
Se
noi non viviamo per queste bellezze, quando l’anima si troverà di
fronte
al passaggio della morte del corpo, al viaggio nell’aldilà, non
sarà
preparata.
Rischiamo allora di farci trovare impreparati e quando
arriverà
non potremo più dire 'vorrei adesso studiare la matematica,
la
geometria, la musica, adesso vorrei scoprire le bellezze della
giustizia,
dell’amore'.
Se non hai vissuto quando eri in vita per quei valori, per
quelle
bellezze per quelle altitudini, quando la morte arriverà non
potrai
farlo e la tua anima nel viaggio che dovrà compiere dopo la
morte
del corpo sarà debole e impreparata. Dunque vivere è prepararsi
alla
morte per Platone e solo chi non teme la morte vive una vita
degna,
soltanto chi vive preparandosi alla morte e chi vi arriva
avendone
avuto consapevolezza potrà vivere una vita di dignità, di
filosofia,
di ricerca. Dunque, vivere per morire significa vivere in
maniera
bella, alta, non significa vivere timorati di essa, vivere in
preparazione
della morte significa abbellire la vita.
Dunque
l’anima è prigioniera del corpo, il corpo è visto come una
prigione
da Platone nel Fedone e vivere significa costruirsi le chiavi per
liberarsi
da quella prigione: io in vita devo costruirmi le ali per poter
affrontare
questo viaggio verso il mondo delle idee. Devo vivere
come
nel mito della biga alata allenando il cavallo bianco che
deve
essere
forte, ma non concentratevi sull’esistenza del mondo delle idee,
concentratevi
sul fatto che vivendo in preparazione alla morte voi
migliorate
la vita al di là che il mondo delle idee ci sia o non ci sia, al di
là
del fatto che l’anima sia immortale o meno. Se io vivo pensando che
l’anima
sia immortale io vivrò per il bene.
Kant
recupererà questo tema dicendo: 'io vivo come se l’anima fosse
immortale,
così almeno vivrò nella giustizia perché penso che dopo la
mia
anima dovrà o potrà raggiungere la virtù. Dunque io non so se
realmente
l’anima sia immortale, non lo posso dimostrare', dirà Kant,
'ma
vivendo come se l’anima fosse immortale faccio di tutto in vita
per
essere virtuoso e per lasciare che la mia anima dopo possa
continuare
questo cammino di virtù'.
Quindi
il Fedone è anche il dialogo sull’immortalità dell’anima.
E'
il dialogo della vita come preparazione alla morte.
I
protagonisti sono Fedone e un suo amico, Echecrate. E' un dialogo
diverso
dagli altri perché in esso Platone immagina che Fedone, allievo
di
Socrate, racconti ad Echecrate le ultime ore di vita del grande
maestro.
Questo
dialogo ha una costruzione narrativa diversa da altri dialoghi di
Platone,
ad esempio l’Apologia è un racconto diretto invece questo
è
un racconto narrato.
In
modo particolare, racconta il momento in cui Socrate assume con
dignità
e fierezza la cicuta senza temere la morte, con a fianco gli allievi,
i
figli, la moglie piangente e li rassicura dicendo che sta facendo la
scelta
giusta. In particolare Fedone si inoltra a raccontare come Socrate
argomenta
sull’immortalità dell’anima.
Socrate
dice agli allievi amici: 'io non vado a morire in modo definitivo
perché
la mia anima immortale compierà un viaggio'.
FINE
1° PARTE
2 commenti:
Grazie per questa "finestra sulla filosofia" che apprezzo moltissimo.
Il problema della morte e della immortalità dell'anima è tabù per la maggior parte degli occidentali. Affrontarlo, porsi domande e cercare risposte sicuramente abbellisce la nostra vita...le da' uno scopo elevato, ci permette di vivere una esistenza fondata su valori etici, morali, sociali e spirituali ma soprattutto ci fa comprendere che se siamo empatici con Creatore, Creato e Creature, non abbiamo nulla da temere nel momento in cui lasciamo il corpo.
Mi hai reso felice, grazie a te. Un caro saluto e tanti auguri di
Buone Feste, Marco
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