Noto per il suo amore per la storia antica, passione concretizzata con la creazione di un gruppo di rievocatori storici, Methlum Kainual, e con l'aver impersonato l'antico generale etrusco Welthur, Gianni Passini ( nella foto nel giorno della Cresima) in una lettera aperta riporta con nostalgia i suoi ricordi di fanciullo e lancia un appello per ritornare alla solidarietà di gruppo.
“Quando avevo 7 anni tutti si davano una mano e un sostegno, a volte anche economico. Allora c'era la lira e ne girava poca. Spesso si usava il baratto come tra gli antichi popoli, si dice che il metodo del baratto fosse utilizzato già al tempo dei terramaricoli. Il catechismo ce lo faceva un gran bravo sacerdote, don Novello Gherardini o una catechista. Ricordo con profondo affetto don Novello poiché mi portava con il suo Galletto (Moto Guzzi) a casa delle altre famiglie per esprimere la mia opinione sul Catechismo e la nostra fede cristiana. Testimoniavo e riferivo inoltre le mie esperienze di vita quotidiana, di vita vissuta in un podere, dove mio padre Marcello e mia madre Cristina, lavoravano duramente. Mia madre preparava e cuoceva il pane e lavorava il latte per ottenere preziosi e saporiti formaggi. Allora ci si voleva più bene, le famiglie erano unite e compatte. Formavano una solida e solidale comunità e una più ampia società civile. Oggi solo pochi hanno queste abitudini e si diventa estranei in casa propria e vincono le divisioni. Don Novello, nonostante i pochi mezzi di cui disponeva, usava fare delle gran belle celebrazioni per le Cresime e le prime Comunioni, tutti insieme maschi e femmine. Diceva sempre “l'unione fa la forza”, cui si può aggiungere il motto 'tutti per uno uno per tutti'.
Il mio padrino fu l'architetto Federico Pancaldi , arredatore e proprietario di un mobilificio e del podere che lavorava mio padre a mezzadria. Un uomo d'altri tempi, grande imprenditore, generoso ed altruista.
Alla
chiesa di Amola, a Calderino, quel mattino in cui feci la Cresima, si
respirava una bella atmosfera. Non dimenticherò mai la funzione di
don Novello. Più che un prete sembrava un missionario. Si spendeva
sempre per chi aveva poco e chiedeva a tutti solidarietà per dare
una mano a chi era rimasto indietro. In lui rivedo molto don Aldemo
Mercuri, attuale parroco della Pieve di Panico e di altre chiese
sussidiarie. Per me è come se don Novello fosse ancora qui tra noi.
Merita certamente di essere sostenuto e aiutato. Lo chiedo
espressamente. Don Aldemo si fa in quattro ma non può prendere
dappertutto. Come dicevano Santa Chiara d'Assisi e San Francesco “chi
non dona non riceve” e i poveri hanno bisogno adesso e non domani.
Spero in cuor mio che Don Aldemo per il suo grande cuore e per essere
l'angelo della comunità venga fatto monsignore. E' concreto e non
molla mai anche quando tutto sembra perduto. Con me l'ha fatto e sono
molto orgoglioso di lui. Non abbandona il suo gregge che è in
cammino, la sua visione è globale ed è anche tecnicamente molto
preparato.
Il nostro è un tempo nel quale si rende sempre più
impellente la necessità di fare comunità.
Un tempo, quando la solidarietà faceva parte della cultura esistenziale le popolazioni erano più forti spesso vivendo un interscambio. I luoghi in cui oggi si può formare una comunità sono le parrocchie e a queste dobbiamo guardare non solo come luogo aggregativo in cui fare comunità , ma anche come porto sicuro di incontro con il Creatore”.
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