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Il nostro ordinamento non condanna chi si trova a commettere illeciti se spinto 'dallo stato di necessità', come per esempio il furto di generi per la sopravvivenza, appunto, per sopravvivere. Di questa civile scusante spesso però si approfitta tentando di far 'passare' il comportamento illecito come 'illecito di necessità'. L'articolo riporta una sentenza che cerca di riportare su un binario veritiero la scusante di 'stato di necessità'.
Ti
serve la corrente
elettrica?
Meglio che fai un contratto con un fornitore. Perché se ti appelli
allo stato di
necessità e ti
agganci al cavo
del vicino
rischi grosso. Così ha stabilito la Corte di Cassazione , che ha
confermato la condanna a una pugliese, «ladra» di energia elettrica
perché non aveva i soldi per pagare una bolletta, ma quello che sì
aveva era una figlia incinta da mantenere.
E
qui le morali della favola dettate dalla Suprema Corte sono due. La
prima: non si
ruba. Nemmeno i
kilowatt. La seconda: la
corrente
elettrica
procura «un agio e un’opportunità» ma non
è un bene indispensabile.
D’altronde, come facevano prima dell’Ottocento? Con quello che
oggi si risparmia
in bollette
(compreso il canone
Rai) sai quante
candele ti compri? Ed il costo di un candelabro (Iva inclusa) sarà
mica quello di un impianto elettrico fatto a regola d’arte (Iva
anche esclusa, per la gioia del Fisco), no?
Cos’ha
detto la Cassazione? Per i giudici supremi, riconoscere lo stato
di necessità di
una persona potrebbe, a priori, comportare il rischio di un grave
danno ad un’altra
persona (quella
che paga la bolletta per tutte e due). L’unico modo per impedire
quel danno, spiegano gli ermellini, è dichiarare quell’atto
penalmente abusivo. Lo stato di bisogno economico, aggiunge la
Cassazione, «non può, comunque, ovviarsi attraverso comportamenti
non criminalmente rilevanti». Tanto più, continua ancora la Suprema
Corte, che nel caso in esame «la mancanza di energia elettrica non
comportava nessun pericolo attuale di danno grave alla persona,
trattandosi di bene
non indispensabile
alla vita, (veniva utilizzata anche per muovere i numerosi
elettrodomestici della casa), ma per procurare agi
e opportunità,
che fuoriescono dal concetto di incoercibile necessità», cioè da
concetto che la legge richiede per non emettere condanna. Quanto
costa allacciarsi abusivamente al cavo elettrico di un altro? 2.000
euro. Tanto dovrà sborsare la donna condannata dalla Cassazione per
la pretestuosità dei suoi motivi di ricorso. Con quei soldi, qualche
bolletta l’avrebbe pagata.
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