lunedì 9 ottobre 2017

La Corte condanna una donna per essersi allacciata al cavo del vicino perché in stato di necessità. Giustificare il bisogno sarebbe creare danno agli altri.

Un lettore sollecita la pubblicazione dell'articolo sottoriportato.

Il nostro ordinamento non condanna chi si trova a commettere illeciti se spinto 'dallo stato di necessità', come per esempio il furto di generi per la sopravvivenza, appunto, per sopravvivere. Di questa civile scusante spesso però si approfitta tentando di far 'passare' il comportamento illecito come 'illecito di necessità'. L'articolo riporta una sentenza che cerca di riportare su un binario veritiero la scusante di 'stato di necessità'.


Ti serve la corrente elettrica? Meglio che fai un contratto con un fornitore. Perché se ti appelli allo stato di necessità e ti agganci al cavo del vicino rischi grosso. Così ha stabilito la Corte di Cassazione , che ha confermato la condanna a una pugliese, «ladra» di energia elettrica perché non aveva i soldi per pagare una bolletta, ma quello che sì aveva era una figlia incinta da mantenere.
E qui le morali della favola dettate dalla Suprema Corte sono due. La prima: non si ruba. Nemmeno i kilowatt. La seconda: la corrente elettrica procura «un agio e un’opportunità» ma non è un bene indispensabile. D’altronde, come facevano prima dell’Ottocento? Con quello che oggi si risparmia in bollette (compreso il canone Rai) sai quante candele ti compri? Ed il costo di un candelabro (Iva inclusa) sarà mica quello di un impianto elettrico fatto a regola d’arte (Iva anche esclusa, per la gioia del Fisco), no?
Cos’ha detto la Cassazione? Per i giudici supremi, riconoscere lo stato di necessità di una persona potrebbe, a priori, comportare il rischio di un grave danno ad un’altra persona (quella che paga la bolletta per tutte e due). L’unico modo per impedire quel danno, spiegano gli ermellini, è dichiarare quell’atto penalmente abusivo. Lo stato di bisogno economico, aggiunge la Cassazione, «non può, comunque, ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti». Tanto più, continua ancora la Suprema Corte, che nel caso in esame «la mancanza di energia elettrica non comportava nessun pericolo attuale di danno grave alla persona, trattandosi di bene non indispensabile alla vita, (veniva utilizzata anche per muovere i numerosi elettrodomestici della casa), ma per procurare agi e opportunità, che fuoriescono dal concetto di incoercibile necessità», cioè da concetto che la legge richiede per non emettere condanna. Quanto costa allacciarsi abusivamente al cavo elettrico di un altro? 2.000 euro. Tanto dovrà sborsare la donna condannata dalla Cassazione per la pretestuosità dei suoi motivi di ricorso. Con quei soldi, qualche bolletta l’avrebbe pagata.

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