lunedì 23 ottobre 2017

Kemet, il bonus per i licenziati: settemila euro a chi li assume

Gli esuberi dell’impresa del Bolognese sono 58. L’incentivo scade dopo un anno, i lavoratori possono anche decidere di tenersi i soldi

Un lettore chiede la pubblicazione di questo articolo del Corriere Bologna.

Kemet di Sasso Marconi licenzia 58 dipendenti su base volontaria e paga 7.000 euro alle aziende che li assumeranno entro un anno. Sempre se i lavoratori che lasceranno l’azienda non decideranno di incassare la cifra. Lo prevede l’accordo siglato in Regione, che chiude la procedura di licenziamento aperta poco più di un mese fa a Pontecchio Marconi.
Il «buono»
Ed è una novità, per il nostro territorio: nell’incentivo per andarsene, i dipendenti potranno contare su 7.000 euro che andranno alle aziende che li assumeranno. Un caso simile si era visto, negli anni scorsi, alla Electrolux, ma qui c’è una differenza: «In questo caso il lavoratore può decidere se utilizzare così quella cifra o se incassarla dopo dodici mesi», spiega Stefano Zoli della Fiom. Insomma, è una specie di «buono» che i dipendenti possono scegliere se sfruttare. Per i sindacati dovrebbe andare a compensare gli sgravi che c’erano prima del Jobs Act per chi assumeva i lavoratori in mobilità, sgravi pesantemente ridimensionati dall’istituzione della Naspi.


L’offerta ai dipendenti per andarsene
Nell’offerta che l’azienda fa ai dipendenti per andarsene ci sono anche un incentivo di ricollocazione da 3.000 euro che verranno versati a chi firmerà un contratto di lavoro o aprirà un’attività entro sei mesi (o, comunque, alla fine di questo lasso di tempo), oltre a un assegno da 44.500 euro per i dipendenti fino a 48 anni e di 54.500 per quelli dai 49 in su, a cui vanno aggiunti 300 euro per anno di anzianità aziendale.
La crisi
Per Kemet si chiude un altro capitolo della travagliata storia degli ultimi anni. L’azienda metalmeccanica è da due anni in solidarietà e, quando scadrà (a febbraio 2018), sarà la prima big del territorio a finire gli ammortizzatori. Nell’accordo si prevede che, se da qui ad agosto 2020 ci saranno altre difficoltà nel mantenere l’occupazione, «le parti si incontreranno per valutare interventi condivisi privilegiando il ricorso agli strumenti non traumatici». Tradotto, spiega Zoli, «c’è l’impegno a non procedere a iniziative unilaterali». Fino a non molti anni fa il gruppo americano contava oltre mille dipendenti: adesso, in attesa di sapere quanti si licenzieranno (58 è il numero massimo), ne ha 442. Lo stabilimento di Pontecchio Marconi raccoglie i lavoratori che una volta si distribuivano tra Sasso Marconi, Vergato e Monghidoro: qui, in particolare, dopo Kemet si stabilì Stampi, che poi è fallita nonostante i nove mesi di presidio davanti ai cancelli dei suoi dipendenti. «Speriamo che ci sia la luce in fondo al tunnel e che questa sia la parola fine per quanto riguarda la riorganizzazione», auspica Marino Mazzini della Fim. Nell’accordo, Kemet ha promesso ulteriori investimenti per poco più di due milioni nel biennio 2018-19.

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