Suggerito
da Marco
A conclusione di due istruttorie, l’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto gravemente ingannevoli e
omissive le modalità di offerta dei diamanti da investimento da
parte di Intermarket Diamond Business – IDB S.p.A. (IDB) e Diamond
Private Investment – DPI S.p.A. (DPI), anche attraverso gli
istituti di credito con i quali rispettivamente operavano: Unicredit
e Banco BPM (per IDB); Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di
Siena (per DPI).
I
profili di scorrettezza riscontrati per entrambe le società hanno
riguardato le informazioni ingannevoli e omissive diffuse attraverso
il sito e il materiale promozionale dalle stesse predisposto in
merito:
a) al prezzo di vendita dei diamanti, presentato come
quotazione di mercato, frutto di una rilevazione oggettiva pubblicata
sui principali giornali economici; b) all’andamento del mercato dei
diamanti, rappresentato in stabile e costante crescita;
c)
all’agevole liquidabilità e rivendibilità dei
diamanti alle
quotazioni indicate e con una tempistica certa;
e d) alla qualifica
dei professionisti come leader di mercato.
In
realtà, alla luce delle risultanze istruttorie è emerso che le
quotazioni di mercato erano i prezzi di vendita liberamente
determinati dai professionisti in misura ampiamente superiore al
costo di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di
riferimento (Rapaport e IDEX); l’andamento delle quotazioni era
l’andamento del prezzo di vendita delle imprese annualmente e
progressivamente aumentato dai venditori; e le prospettive di
liquidabilità e rivendibilità erano unicamente legate alla
possibilità che il professionista trovasse altri consumatori
all’interno del proprio circuito.
L’Autorità
ha, inoltre, accertato che gli istituti di credito, principale canale
di vendita dei diamanti per entrambe le imprese, utilizzando il
materiale informativo predisposto da IDB e DPI, proponevano
l’investimento a una specifica fascia della propria clientela
interessata all’acquisto dei diamanti come un bene rifugio e a
diversificare i propri investimenti.
Secondo l’Autorità il fatto che l’investimento fosse proposto da parte del personale bancario e la presenza del personale bancario agli incontri tra i due professionisti e i clienti, forniva ampia credibilità alle informazioni contenute nel materiale promozionale delle due società, determinando molti consumatori all’acquisto senza effettuare ulteriori accertamenti.
Secondo l’Autorità il fatto che l’investimento fosse proposto da parte del personale bancario e la presenza del personale bancario agli incontri tra i due professionisti e i clienti, forniva ampia credibilità alle informazioni contenute nel materiale promozionale delle due società, determinando molti consumatori all’acquisto senza effettuare ulteriori accertamenti.
L’Autorità
ha, inoltre, accertato la violazione da parte di IDB e DPI dei
diritti dei consumatori nei contratti in merito al diritto di recesso
e, per IDB, anche al foro competente in caso di controversie.
Le
sanzioni irrogate sono state: in un caso, pari complessivamente a
9,35 milioni (2 milioni per IDB; 4 milioni per Unicredit; 3,35
milioni per Banco BPM); nell’altro caso, pari complessivamente a 6
milioni (1 milione per DPI; 3 milioni per Banca Intesa; 2 milioni per
MPS).
Nel
corso dell’istruttoria sono stati svolti accertamenti ispettivi con
l’ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza e
sono state fornite informazioni utili all’accertamento della
pratica da parte della CONSOB.
Hanno partecipato al procedimento le associazioni Altroconsumo, originaria segnalante, Movimento Difesa del Cittadino e Codacons.
Hanno partecipato al procedimento le associazioni Altroconsumo, originaria segnalante, Movimento Difesa del Cittadino e Codacons.
Roma,
30 ottobre 2017
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