martedì 22 gennaio 2013

La storia ritorna a Lama di Reno discreta e severa.


Il B6 colpito

“Sarebbe opportuno porre un cippo a ricordo di quei sei aviatori che hanno perso la vita in combattimento per liberare l’Italia”.
E’ la conclusione un po’ accorata del racconto di Alessandro Bolelli sull’evento bellico del lontano 1944 legato alla caduta di un aereo alleato, un Maraunder B26, che, colpito dalla contraerea tedesca, si schiantò sul fianco di monte Giovine, la collina che sovrasta Lama di Reno a sud e che costò la vita a sei giovani aviatori. Il fondo è di proprietà di Alberto Passini.
 Alessandro Bolelli, originario di Sasso Marconi, ha sempre fatto ricerche su questo periodo storico, affascinato, come molti altri, dal racconto di tanti piccoli e grandi avvenimenti che si sovrapposero a quelli di  vita quotidiana della popolazione locale e che costarono enormi sacrifici a questi e anche ai protagonisti diretti.

La piastrina
Fra i protagonisti diretti anche quei ragazzi il cui ricordo è andato perduto con il voltare pagina della storia. Bolelli invece ha voluto perseguirla facendo ricerche presso i diretti testimoni, coloro cioè che risiedevano nell’area in quel periodo e, aiutato dal figlio Davide, anche presso gli archivi militari. Ne ha ricavato un racconto che ancora ‘ gli fa accapponare la pelle’, racconta.
“La squadriglia era di stanza in Sardegna. Era partita il 10 luglio del 1944 per venire a bombardare la linea ferroviaria Porrettana e rendere difficili così i rifornimenti  ai tedeschi della linea Gotica. L’aereo fu colpito all’ala sinistra e in pochi secondi cadde a terra senza neppure dare il tempo ai sei aviatorii di indossare il paracadute e lanciarsi. Morirono tutti nell’impatto con la collina. 
Lias Harvey
Uno dei tanti episodi che si è però arricchito da un particolare. Il pilota che avrebbe dovuto condurre l’aereo, Lias Harvey, si sentì poco bene poco prima di partire per cui fu sostituto da Wiginton Murray (  primo pilota ) assistito dal copilota William  Wigginton. Harvey, che è deceduto nel 2005, ha vissuto la vita intera con il rimorso di essere stato la causa della morte di chi lo aveva sostituito e in alcune circostanze è venuto a Lama di Reno a piangere sul luogo dove i suoi amici e commilitoni avevano perso la vita , forse anche nella vana speranza di trovare consolazione per il suo rimorso. L’ultima volta è venuto 12 anni fa e immaginando probabilmente che non sarebbe più ritornato, ha lasciato un piccolo cartello coi i nomi dei quei sei aviatori che hanno perso la vita in una guerra voluta non per liberare il loro paese, ma quello di altri”.
Il monumento precario
Il piccolo ‘monumento’ alle vittime con il tempo è finito a terra. Qualcuno  ha cercato di rimetterlo in sesto ma sarebbe opportuno realizzare un manufatto solido e stabile,  sottolinea Bolelli e continua poi a raccontare la vicenda sotto tutti gli aspetti e con tutte le testimonianze anche dei residenti. “Come l’aereo si schiantò, dopo pochi minuti i tedeschi furono sul luogo. Contarono i paracaduti e riscontrarono che all’interno della carlinga vi ne erano sei ancora chiusi. Ciò li rassicurò nella certezza che nessuno si era lanciato e che tutti i componenti dell’equipaggio erano morti. Poi pochi giorni dopo ritornarono,tagliarono l’aereo a fette come fosse  ‘salame’ e inviarono i materiali, leghe molto preziose, in Germania per il loro riutilizzo. Sul terreno rimasero solo i particolari non utilizzabili fra cui sei canne da pesca. Quei ragazzi , di stanza a Decimomannu in Sardegna, certamente trascorrevano molto del loro tempo libero a pescare e probabilmente si preparavano a rifarlo al termine della loro missione. Erano inoltre abbronzati, era estate. Ma loro giovine vita era prossima al termine e i loro nomi si sarebbero aggiunti ai tanti soldati che hanno perso la vita in Europa”.
Alessandro Bolelli
Bolelli mostra anche alcuni particolari trovati dall’amico e collega di ricerca Luciano Casadio sul posto dello schianto come la piastrina identificatrice dell’aereo che conserva con molta attenzione pensando ai sei morti e alla settima vittima, il pilota ‘sopravvissuto’ forse più vittima dei suoi commilitoni.
Chi volesse saperne di più può contattare  il sito http://www.320thbg.org
Mr. Franz    Mail  reisd002@umn.edu

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Avevo già sentito racconti,e anche una testimonianza, sull'abbattimento di questo aereo.
Anni fa mi recai anche sul posto,recuperando alcuni frammenti ancora sepolti, che purtroppo ho smarrito durante un trasloco.
Perchè no, mi sembra giusto ricordare questi caduti e conservare la targa posta dal compagno sopravvissuto.
La fotografia che riporta il sito è proprio quella del bombardiere in questione pochi attimi prima dello schianto,agghiacciante...
La raccolta del metallo di aerei abbattuti era divenuta una prassi regolare fra i tedeschi, che soffrivano di mancanza di materia prima,per un ordine dell'alto comando.
In germania erano state create squadre addette al recupero, dato l'alto numero di abbattimenti che avvenivano.
In italia la raccolta risultò più faticosa,tantochè molti aerei ancora rimangono sepolti dove sono caduti.
Una associazione, i romagna air finders, si occupano di ritrovarli e recuperarli.
Mi piacerebbe che,se qualcuno ne avesse ricordo, si potessero individuare altre testimonianze riguardo a aerei abbattuti nelle vicinanze per eventualmente iniziare una operazione di ricerca/recupero.

pierpaolo ha detto...

quest'anno la Romagna AIr Finders ha fatto una cerimonia e messa una nuova targa .....
e realizzato un libro della memoria .....
per saperne di più collegarsi al nostro gruppo su Facebook

https://www.facebook.com/media/set/?set=oa.421449231388928&type=1

saluti