Pietro Sabbioni della direzione Cia di Bologna. |
La
‘ricetta’ della Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Bologna per
arrivare a una corretta gestione e a una sopportabile presenza di ungulati in Appennino
è stata divulgata in un comunicato nel quale l’associazione indica i suoi
obiettivi nella discussione per la stesura del nuovo PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE ora in
discussione.
I ‘denti
dolenti sono diversi’ e i punti salienti della proposta sono sostanzialmente
tre: riorganizzazione della caccia affinchè le squadre di cacciatori non siano
troppo legate alla zona loro assegnata, ridefinizione degli ambiti
territoriali, ridimensionamento del numero di capi in rapporto al territorio.
Le
squadre tendono ad operare per mantenere
negli spazi loro assegnati una quantità di selvaggina elevata per non diminuire
‘il raccolto di caccia’ (si abbattono preferibilmente i maschi e si ‘graziano’
le femmine perché figliano) a scapito degli agricoltori che si vedono razziare
i raccolti. La soluzione è quella di avviare una rotazione delle squadre.
Ridisegnare gli ambiti territoriali di caccia non più per latitudine ma per
longitudine, così che ogni ambito a semicerchio rispetto alla città abbia una
propria caratteristica ambientale e agricola omogenea e una gestione uniforme
in tutto il suo arco. Verso la città, dove esiste una agricoltura intensiva di
qualità gli ungulati dovranno essere eliminati. Nelle altre zone i censimenti
dovranno essere più precisi e gli ungulati eliminati dovranno essere in numero
tale da consentire la permanenza massima di due o tre capi ogni 100 ettari.
Riportiamo le parti salienti del
documento dove il lettore potrà meglio trovare il pensiero e la proposta della
Cia.
I
censimenti ufficiali per l’anno 2012, (tenuto conto che viene censito il 60/70%
degli animali, perché i 5 Parchi Regionali della provincia, le zone di
ripopolamento e cattura, e gli altri Ambiti protetti non sono coperti dalla
rete dei Censitori ), hanno dato questi risultati:
Caprioli n° 18.716- Cervi n°1.575- Daini
n° 1.186 – cinghiali 8/10 mila a fine settembre, per un totale di circa 35.000
animali di grossa taglia!!
E’
soprattutto sulle centinaia di aziende agricole operative della collina e della
montagna che si scarica tutto l’anno questo “ciclone di ungulati”, poiché si
tratta, senza esagerazioni, di dovere sottostare tutti gli anni e senza
indennizzo ad un ammanco della produzione lorda vendibile di almeno il 20%. Considerata
l’impossibilità di fare agricoltura, zootecnia e selvicoltura in condizioni
accettabili, al fine di scongiurare la definitiva chiusura di molte aziende agricole,
riteniamo doveroso aprire una discussione costruttiva con tutti i soggetti
interessati ed avanzare come primo contributo le seguenti proposte di
cambiamento:
1)
Cinghiale
Mantenere
decine di squadre di cinghialai fisse da anni sullo stesso territorio loro
assegnato, è equivalso a consolidare dei veri e propri interessi venatori. Il
cinghiale è gestito come una forma di zootecnia alternativa in campo aperto in
casa di altri ( gli agricoltori ). Purtroppo questo sistema di caccia
contribuisce solo a consolidare la specie che, con un alto tasso di
riproduzione annua nonostante il prelievo venatorio, si mantiene sempre a non
meno di 8.000 capi. E’ una situazione intollerabile!! Questo animale deve
essere ritenuto specie dannosa all’agricoltura e a tutto l’ecosistema.
Deve
essere riportata la densità al minimo pari ad 1, massimo 2 capi per ogni 100 ettari in montagna,
e attuare ogni forma di eradicazione sulla restante parte del territorio,
comprese le zone collinari. Le squadre dei cinghialai dovranno svolgere la loro attività in rotazione sul
territorio ed in concorrenza tra di loro, al fine di considerare la specie non
più come un loro patrimonio.
I
Piani di controllo, da effettuarsi tutto l’anno su tutto il territorio,
dovranno essere più tempestivi ed incisivi, rafforzando il potere di intervento
e coordinamento della Polizia Provinciale e del Corpo Forestale, preposti per
Legge in via prioritaria.
L’autodifesa
da parte degli agricoltori, sui loro terreni, va riconfermata con facoltà di
trattenere almeno 2 capi l’anno.
2)
Ungulati Nobili
(Capriolo, Cervo, Daino)
I
censimenti 2012 sul capriolo hanno registrato un incremento sia nell’ATC B02, (+11%)
con una densità media di 12,7 capi ogni 100 ettari, che nell’ATC
B03 con una densità media di 12,1 caprioli ogni 100 ettari, su 60 mila
ettari coperti dal censimento. Se poi teniamo conto che i Parchi, le Oasi,
Riserve naturali, rifugi e zone di ripopolamento e cattura, restano quasi
sempre esclusi dai censimenti, la situazione si aggrava ancora.
Questi dati mettono
in risalto che gli abbattimenti consentiti corrispondono solo all’incremento
utile annuo della specie pari ad un 20/25% complessivo di prelievo. Così
facendo si mantiene il capitale e si
prelevano solo gli interessi, così che la specie è destinata ad
aumentare in modo esponenziale.
Lo stesso
ragionamento si può fare per il cervo ed il daino.
Questa situazione, non più tollerabile,
deve essere assolutamente riequilibrata.
La
densità obiettivo del capriolo deve essere riportata, in tutta la fascia collinare,
a non più di 2/3 capi ogni 100 ettari. Proponiamo
una riperimetrazione in senso
orrizzontale ed altitudinale
degli attuali 3 ATC, dovendosi tenere conto della necessità di un drastico
ridimensionamento di tutti gli ungulati. Questa ipotesi potrà regolamentare una
gestione della popolazione degli ungulati, nell’ATC di fascia medio alta, tale
da farla diventare una risorsa anche per le aziende agricole. Si dovrà pertanto
investire almeno il 70% delle risorse finanziarie di questo ATC, in
prevenzione, risarcimenti danni adeguati, ed incentivi a favore delle aziende agricole della Zona.
Purtroppo
sin ad ora, la gestione finanziaria degli attuali ATC è stata fortemente
indirizzata in investimenti di carattere venatorio, in sintesi alle aziende
agricole nel 2011, l’ATC BO1 ha destinato il 21% del proprio bilancio, l’ATC
BO2 il 19% e l’ATC BO3 il 38%. Chiediamo di rivedere gli attuali Regolamenti di
prevenzione e risarcimento danni, affinchè
gli ATC possano diventare una vera struttura associativa in cui anche gli
agricoltori possano riconoscersi come soci con diritti riconosciuti.
3)
Censimenti
Corre
l’obbligo di esprimere forti perplessità su chi fa le stime della popolazione
degli ungulati e sul metodo con cui vengono fatte, in un giorno della seconda
metà del mese di marzo di ogni anno. I Censitori sono quasi esclusivamente gli
stessi selecacciatori, che dopo aver frequentato un breve corso, coordinati
dalla Provincia, contano cervi, caprioli e daini. Non sono quindi soggetti
superpartes, ma persone, ancorchè qualificate, interessate a non suscitare
allarmismi, ovvero a fare in modo che tutto risulti sotto controllo; gli stessi
che contano poi andranno a sparare.
Purtroppo
dopo anni di esperienza, pur aumentando il numero dei prelievi, la produzione
degli animali aumenta. Tutto ciò ci induce a pensare: chi controlla il controllore?
4)
Direttive Regionali per la prevenzione e risarcimento dei danni
Dal
mese di novembre 2011, la Regione ha emanato un Regolamento che ha causato alle
aziende agricole, forti restrizioni nelle modalità di prevenzione e
risarcimento dei danni.
La
CIA di Bologna chiede perciò che venga modificato, reinserendo
l’autocertificazione del danno fino a mille euro, togliendo la franchigia nelle
zone di collina e montagna, eliminando l’obbligo di iscrizione alla Camera di
Commercio per le piccole imprese agricole, ed il ripristino della dotazione e
fornitura di mezzi di prevenzione.
Inoltre,
non possiamo più accettare che vengano disattese le norme previste dalla Legge
statale 157/92 e Legge Regionale 8/94, che stabiliscono che i proventi della
tassa di concessione regionale sulla licenza di caccia, devono essere investiti
nel settore.
I
fondi destinati al risarcimento danni vengono continuamente ridotti, diventa
indispensabile un adeguamento della tassa di concessione regionale che è
rimasta invariata dal 1992, mentre le altre Regioni l’hanno adeguata nel pieno
rispetto di quanto previsto dalla Legge statale.
Bologna
li. 13 novembre 2012
1 commento:
http://www.legambiente.emiliaromagna.it/stopalcemento/
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