Richiesto:
Direttori
operativi dequalificati,
presidio sul territorio smantellato, complicazioni
burocratiche interminabili
e Regioni
depotenziate.
Mentre l’Italia
brucia, tutte le
storture e i ritardi della riforma
Madia vengono a
galla: non riguardano soltanto gli elicotteri
dell’antincendio boschivo costretti a restare
a terra, che già
è paradossale. A distanza di 7 mesi dalla sua entrata in vigore, la
“rivoluzione”
voluta dalla ministra della Pubblica amministrazione si rivela un
sostanziale flop. Causato, soprattutto, dalla soppressione
del Corpo
Forestale dello Stato.
“Una soppressione affrettata, fatta in nome della semplificazione,
che non ha tenuto conto delle prevedibili complicazioni che si
sarebbero verificate. E che puntualmente sono emerse in tutta la loro
evidenza proprio nel momento della verità” commenta Gabriele
Pettorelli,
coordinatore nazionale dei Forestali per il Conapo,
il sindacato autonomo dei vigili del fuoco.
Il
pasticcio della riforma arriva nell’annus horribilis dell’ultimo
decennio per le emergenze incendio. Dal primo gennaio ad oggi sono
state 764 le richieste di soccorso aereo: nel 2007 erano state 722
nello stesso periodo nel 2007, nel 2012 458. Non è un caso, secondo
Pettorelli: “Sopprimendo la Forestale si è notevolmente indebolita
quell’opera di presidio
sul territorio e
di prevenzione
che era propria dei nostri uomini”. Erano 8mila,
fino al 31 dicembre 2016: poi sono stati distribuiti tra i vigili
del fuoco (360
appena) e la Pubblica
amministrazione
(circa 1240). Ma è ai carabinieri che sono stati destinati in modo
massiccio: ben
6400. Ed è
stato un passaggio che ha lasciato conseguenze pesanti. Soprattutto
per quanto riguarda il ruolo dei cosiddetti Dos,
ovvero i direttori operativi degli spegnimenti: sono coloro che sono
in grado di coordinare
i lavori
in caso di emergenza. La Forestale era particolarmente
preparata in
questo compito e le ex guardie trasferite tra i pompieri speravano di
vedersi riassegnare
automaticamente
quell’incarico (i carabinieri non operano nell’antincendio). Così
non è stato. E
così da un lato i vigili del fuoco sono stati costretti a una corsa
contro il tempo per formare il proprio personale in questa difficile
mansione, dall’altro molti ex forestali specializzati si sono
ritrovati relegati in ruoli di minore responsabilità o parcheggiati
senza mansioni, nell’attesa di decreti
attuativi
previsti nella riforma. E nell’attesa, chissà, della prossima
emergenza.
Poi c’è
la storia dei mezzi aerei di soccorso. “Qui il cortocircuito nasce
dalle difficoltà legate al passaggio
di proprietà
dei mezzi della Forestale” racconta il coordinatore del Conapo.
Fino all’anno scorso, la Forestale poteva mettere a disposizione
dello Stato una flotta di 32 elicotteri, di cui ben 30 in grado di
intervenire per spegnere gli incendi. Al primo gennaio 2017 sono
transitati tutti sotto la proprietà dei carabinieri. Che ne hanno
trattenuti per sé la 13, convertendoli però ad altre finalità.
Cinque dei 18
Ab412, velivoli
di dimensione media capaci di trasportare fino a 1000 litri d’acqua,
e tutti gli 8
nh500, piccoli
ma maneggevoli, utilissimi in situazioni critiche. Tredici elicotteri
che fino all’anno scorso operavano in casi d’incendio, e
quest’anno no. Ma non è finita qui. Perché dei 17 mezzi aerei
assegnati ai vigili del fuoco per effettuare operazioni di
spegnimento, in questi giorni ne vengono impiegati appena 7. Si
tratta dei 4 S-64, enormi “gru
volanti” in
grado di sganciare fino a 9mila litri per volta, e di 3 Ab412. Solo
3, a fronte dei 13 modelli finiti nella disponibilità dei pompieri.
Com’è
possibile? Secondo Pettorelli, il motivo è semplice. “La riforma
Madia ha provocato tutta una serie di complicanze
burocratiche e
ora, nel momento della verità, i nodi arrivano al pettine”. Da un
lato i problemi legati ai protocolli
di volo. “Quelli
dei forestali erano diversi da quelli adottati dai vigili del fuoco:
per cui molti piloti hanno dovuto rivedere le procedure e questo ha
prodotto ritardi”. Poi c’è il problema della manutenzione.
“Sembra assurdo – prosegue Pettorelli – ma si è arrivati a
luglio, cioè al mese più critico dell’anno, con vari elicotteri
non autorizzati a volare”. La prima parte del 2017 ha visto una
corsa contro il tempo per riassegnare ruoli e competenze un tempo
svolti dai Forestali: così anche la manutenzione
è stata ritardata.
Risultato? Elicotteri parcheggiati negli hangar, in attesa di un
certificato, mentre i boschi sono in fiamme. Quelli che fino al 2016
appartenevano alla Forestale
non sono gli
unici velivoli
di cui dispone lo Stato. La flotta italiana conta anche su 16
Canadair, dislocati su 14 diverse basi sul territorio nazionale, più
altri mezzi – privati, talvolta, o messi a disposizione dalle
Capitanerie di
porto – cui ci
si affida attraverso delle convenzioni ad hoc.
Ma
è evidente che i problemi connessi alla riforma Madia si fanno
sentire. Soprattutto per le Regioni, cui compete la gestione
dell’antincendio boschivo, per il quale sono obbligate a mettere a
punto ogni anno un piano specifico. Alcune – come il Veneto
e la Toscana
– hanno deciso, nel tempo, di organizzarsi in maniera sempre più
autonoma, facendo affidamento sui propri dipendenti o sui volontari
della Protezione
Civile. La
maggior parte, però, continua a scegliere la soluzione più canonica
delle convenzioni. Che, fino all’anno scorso, venivano stipulate
sempre con la Forestale
e i vigili del fuoco. Ora che il primo di questi corpi è stato
soppresso e il secondo è costretto a fare i salti mortali per
coprire tutti gli interventi, la situazione è molto più complicata.
Soprattutto perché a non essere operativi sono appunto i mezzi
aerei. Un esempio su tutti riguarda la regione più martoriata dalle
fiamme in questi giorni. La Sicilia,
fino a tutto il 2016, ha potuto contare su 4 Ab412: li utilizzava
praticamente come propri, ma di fatto appartenevano alla Forestale.
Non è più così, da quest’anno. E i risultati sono nelle pagine
della cronaca.
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