L’invito di
Letizia Rostagno.
Un
ristorante: l’entrata al livello della strada - sicurezza e tranquillità - poi
il bar di un tempo, perlinatura in stile montanaro, dove ti immagini solo
pensionati e giochi a carte. Ma girato l’angolo del banco bar ti sorprende una
saletta raccolta, in penombra, con un camino nell’angolo. Non molti tavoli e
dunque amori in conversazioni fitte e sottovoce… Prosegui all’ultima sala,
rettangolare e luminosissima: una lunga parete di finestre sulla vallata, una
sospensione, una vertigine per tanto vuoto insospettato. Qui la voce diventa
squillante per i variegati avventori e tavolate numerose.
L’ambiente
trova eco nel percorso della mostra.
Nella prima
saletta, la più intima, le opere giocano alla femminilità, è l’8 marzo, quindi
penombre quando non buio. O sola luce che illumina improvvisa ma non svela il
mistero. Nella seconda sala, le opere, in faccia alla luce, in
bianche cornici, aprono finestre su paesaggi interiori a confronto
con quelli esterni…
Confidenze
facili, a tavola davanti a buon vino e buon cibo. Confidenze dono agli
avventori del ristorante.
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