mercoledì 8 giugno 2016

Vedegheto: Dante Lolli 'inciampa' nel quarto confronto giudiziario contro la Regione.

Battuta d'arresto nella solitaria battaglia legale intrapresa da Dante Lolli di Vedegheto. Dopo aver vinto 3 confronti legali nell'azione contro altrettanti provvedimenti dalla Comunità Montana con cui l'ente puniva l'intervento per la realizzazione di un acquedotto privato, il quarto confronto, scaturito dal ricorso in appello della Regione, ha visto soccombere il vedeghese. Ora a Lolli non rimane che ricorrere in Cassazione ed egli è intenzionato a intraprendere anche quest'ultima scommessa legale. “Quello che irrita”, spiega ora il soccombente, “è il fatto che nei primi tre confronti legali mi sono assunto personalmente la difesa e l'ho avuta vinta. In quello davanti al giudice dell'appello, per la delicata impegnativa procedura tecnica ho dovuto ricorrere alla tutela legale. Mi sono servito di due fra i più quotati avvocati della città e sono stato condannato. Ora quindi è tutto da rifare e passare al vaglio del giudice superiore. Procederò certamente,” assicura Dante. “ Anche perchè la sentenza del giudice d'appello si basa su presupposti sbagliati. C'è un errore di persona. E' stata per esempio attribuita a me una proprietà non mia ma di un altro Lolli. Ci sono poi altre imprecisioni che a mio giudizio hanno influito in modo determinante sul pronunciamento del giudice. Non voglio essere malizioso e pensare al peggio e cioè all'errore voluto, quindi a una volontà preconcetta. La verifica legale è comunque d'obbligo”. Dante non spiega se in questo quinto confronto davanti al giudice si avvarrà di un legale o sosterrà egli stesso la difesa. Conoscendo il tipo, potrebbe anche agire solo. Sarà interessante seguirlo.

Ecco la sentenza:


La Corte di Appello di Bologna Prima Sezione Civile riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati: dott. Francesco Parisoli  Presidente rel. dott. Antonella Palumbi   Consigliere dott. Riccardo Di Pasquale  Consigliere ha pronunciato la seguente  SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2448 del Ruolo Generale dell’anno 2015, promossa da REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del Presidente pro tempore, con domicilio eletto in Bologna, presso la sede del Servizio Avvocatura della Regione Emilia Romagna, rappresentata e difesa dall’avv. Gaetano Pugliatti come da delega a margine del ricorso in appello - appellante - contro LOLLI DANTE, con domicilio eletto in Bologna, presso lo studio dell’avv. Silvia Salvati, che lo rappresenta e difende come da delega in calce alla comparsa di costituzione - appellato -
Firmato Da: IUPPO ANNA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 122f2c - Firmato Da: PARISOLI FRANCESCO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: a739a
Sentenza n. 923/2016 pubbl. il 01/06/2016 RG n. 2448/2015
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IN PUNTO A: Opposizione all’ordinanza ingiunzione ex art. 22 e ss. L. n. 689/1981 Decisa all’udienza pubblica del 27 maggio 2016, sulle seguenti CONCLUSIONI come da verbale d’udienza RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Con ordinanza della Direzione Generali Affari Istituzionali e Legislativi in data 20 maggio 2013, notificata il 24 maggio 2013, la Regione Emilia Romagna ingiungeva a Lolli Dante il pagamento della sanzione amministrativa di euro 5.000,00, di cui euro 3.000 per la violazione dell’art. 17, comma 1° del R.D. n. 1775 del 1933, per avere derivato e utilizzato l’acqua pubblica del rio o fosso Calanco senza concessione, ed euro 2.000,00 per violazione dell’art. 21 comma 4° della legge regionale n. 7 del 2004 per avere realizzato opere su area del demanio idrico senza provvedimento concessorio della Regione con alterazione dello stato dei luoghi e pregiudizio del sistema idraulico Lolli Dante presentava opposizione davanti al Tribunale di Bologna e chiedeva l’annullamento della ordinanza impugnata. Con il primo motivo eccepiva la estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per le
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Sentenza n. 923/2016 pubbl. il 01/06/2016 RG n. 2448/2015
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violazioni giacché l’ordinanza indicava che l’accertamento del fatto era stato compiuto in data 19 gennaio 2008 e la notificazione della violazione era avvenuta il 22 ottobre 2008 e, dunque, oltre il termine di cui all’art. 14 della legge 689 del 1981. Con il secondo motivo eccepiva in ogni caso la prescrizione del diritto dell’amministrazione a riscuotere le somme dovute per le violazioni stante il decorso del termine di cinque anni dalla data dell’accertamento, sempre identificato nel giorno 19 gennaio 2008. Con il terzo motivo si doleva della erronea contestazione della violazione di norme ulteriori rispetto alla norma citata nel verbale di contestazione ed estranee alla fattispecie. Con il quarto motivo, relativo al merito della contestazione, deduceva che la stessa ordinanza aveva contraddittoriamente evidenziato l’esistenza di una autorizzazione all’attingimento che rendeva lecito l’operato di esso ricorrente Sosteneva, poi, che la delibera della Regione ER n. 1117/2000 del 11 luglio 2000 precisava che non erano soggette ad autorizzazione o comunicazione gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di acquedotti. Nelle premesse del ricorso il Lolli assumeva di essere comproprietario di un acquedotto rurale sito in Vedegheto
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Sentenza n. 923/2016 pubbl. il 01/06/2016 RG n. 2448/2015
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Savigno, captante acqua dal rio Calanco, costituito nel 1966 e “riconvalidato” nel 1977 come da convenzione con il Comune di Savigno; evidenziava, poi, che nell’occasione gli agenti accertatori, appartenenti al Corpo Forestale dello Stato, avevano redatto altri verbali con i quali gli aveva contestato diversi altri illeciti amministrativi che lo stesso Tribunale di Bologna aveva poi ritenuto insussistenti Si costituiva la Regione Emilia Romagna e resisteva al ricorso deducendone la infondatezza Con sentenza in data 18 marzo 2015 il Tribunale di Bologna accoglieva l’opposizione del Lolli e annullava la impugnata ordinanza-ingiunzione, affermando che l’amministrazione non aveva dimostrato i fatti posti a fondamento della pretesa punitiva e, in particolare, non aveva dimostrato quali opere il Lolli aveva realizzato nell’alveo del torrente Calanco ed aveva, al contrario, riconosciuto che l’impianto di captazione dell’acqua era già esistente e munito delle necessarie autorizzazioni La Regione Emilia Romagna proponeva appello, criticando la sentenza per avere ritenuto non provati fatti che, al contrario, dovevano dirsi del tutto pacifici perché mai contestati dal Lolli non soltanto nel giudizio di opposizione, ma, prima ancora, in sede di redazione del verbale di accertamento dell’illecito e nelle sue difese stragiudiziali nel corso del procedimento amministrativo.
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Riproponeva le argomentazioni difensive, già svolte in primo grado e non considerate dal Tribunale. in ordine ai motivi di opposizione svolti dal Lolli. Questi si costituiva nel grado e, nel difendere la appellata decisione, sosteneva che la ordinanza-ingiunzione era viziata “sotto il profilo motivazionale” non essendo dato comprendere quale fosse l’addebito mosso al trasgressore e quali i comportamenti a lui ascritti; e, facendo proprie le considerazioni del primo giudice, affermava che la Regione non aveva assolto l’onere probatorio essendosi limitata ad una mera petizione di principio senza dimostrare che il soggetto sanzionato aveva posto in essere la condotta contestata e senza neppure avere dedotto “in cosa consistessero le pretese violazioni imputate al Lolli”. Contestava, poi, che potesse trovare applicazione nel presente giudizio il principio di non contestazione, in quanto regola propria del sistema civilistico e non del processo di opposizione a sanzione amministrativa. Nel merito, negava di avere mai derivato e utilizzato acqua pubblica in quanto i tubi posati in corrispondenza della preesistente condotta, travolta da una frana, non erano stati collegati al collettore, come riferito in sede testimoniale, e di avere compiuta alcuna opera nell’alveo del torrente.
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Ribadiva che le modeste opere da lui realizzate non richiedevano alcun provvedimento concessorio o autorizzatorio ai sensi della delibera regionale 1117 del 2000. La Corte decideva la causa, all’udienza odierna, come da dispositivo. La decisione del primo giudice è infondata per due ragioni. La prima è che effettivamente il fatto oggetto di contestazione non risulta mai essere stato contestato dal Lolli con la opposizione e, prima ancora, nel corso del procedimento amministrativo, dal momento che le sue difese erano fondate sulla liceità della condotta descritta nel verbale di accertamento, vuoi perché egli era stato autorizzato nel passato a servirsi dell’acquedotto vuoi perché si era trattato di intervento manutentivi dell’impianto che non esigevano alcuna preventiva autorizzazione. E’ poi infondato l’assunto del Lolli che il principio della non contestazione non trova cittadinanza nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione che rimane, invece, soggetto alle regole generali del processo ordinario di cognizione dove non risultino espressamente derogate. La seconda ragione è che i fatti erano chiaramente descritti nel verbale di accertamento redatto alla presenza
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del Lolli e configuravano la realizzazione di interventi diretti a deviare e captare per intero le acque del torrente per condurle alle due cisterne e alla vasca di raccolta delle acque piovane “così implementata nella capacità e utilizzata dal ... trasgressore”. Del resto, non è comprensibile l’assunto del Tribunale laddove afferma che l’amministrazione ha indicato l’esistenza di un approntamento al di sopra della briglia esistente nel torrente senza descrivere l’allestimento o le opere che Lolli avrebbe asseritamente eseguito né accertando se l’approntamento fosse stato eseguito dal Lolli medesimo. Viceversa è agevole comprendere dalla descrizione dei fatti che l’autore dell’intervento fu proprio il Lolli, che l’approntamento si risolse in uno sbarramento diretto a deviare le acque verso le condotte private, e che le nuove condutture vennero collegate al collettore, circostanza che ha trovato conferma anche nella deposizione del teste Scannavini il quale ha riferito che l’impianto non funzionava soltanto perché vi era poca acqua nel rio Calanco  In ordine alle altre difese svolte dalla parte appellata deve osservarsi che la convenzione conclusa dal Lolli con il Comune di Savigno nel 1977 (documenti nn. 1 e 2 del Lolli) aveva ad oggetto il diritto del Lolli di utilizzare acque provenienti da uno sfioratore ossia l’esubero di acque dell’acquedotto e non del rio o torrente Calanco (delle
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quali il Comune non poteva disporre). La precedente ‘concessione’ rilasciata dall’allora Ufficio del Genio Civile, non solo risaliva al 1969, ma aveva addirittura una durata annuale (“concessione annuale di attingimento acqua pubblica” n. 13208 del 6 novembre 1969: v. doc. 2 allegato al ricorso introduttivo). Quanto alla asserita legittimità della condotta sulla scorta di quanto previsto dalla delibera regionale n. 1117 del 2000, deve condividersi l’assunto della Regione appellante, secondo cui l’intervento manutentivo non comportava la possibilità per l’autore di realizzare opere nell’alveo del torrente né, ovviamente, captare le acque appartenenti al demanio pubblico, ciò che era stato specificamente contestato al trasgressore. In accoglimento dell’appello, dunque, va rigettata la opposizione proposta dal Lolli con conseguente suo obbligo di rifondere alla parte appellante le spese di entrambi i gradi del giudizio P.Q.M. Visto l’art. 6 del D. Lgs. n. 150 del 2011 in riforma dell’appellata sentenza, rigetta l’opposizione proposta da Lolli Dante all’ordinanza-ingiunzione della Regione Emilia Romagna 4965/SA del 20 maggio 2013 e condanna parte appellata a rifondere alla controparte le spese di entrambi i gradi del giudizio che liquida in euro 1.860,00
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Sentenza n. 923/2016 pubbl. il 01/06/2016 RG n. 2448/2015
 9 quanto al primo grado, ed in euro 2.800,00 quanto al presente grado di giudizio, oltre spese generali, IVA e C.P. come per legge Bologna, 27 maggio 2016 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le Regioni sono un tumore da sradicare, se passe la riforma costituzionale di Renzi, le Regioni eleggeranno i senatori, perciò il senato dipenderà dalle regioni che diventeranno intoccabili come i loro assessori regionali che avranno più importanza dei senatori della Repubblica.