Tari, via libera agli aumenti. Stangate in vista per il 2018
Da
un lettore
Ormai
è un'equazione matematica: in ogni manovra economica c'è sempre
una frase ambigua o una parola astrusa.
E
il più delle volte è un preludio a un innalzamento delle tasse. È
successo anche stavolta. Nel disegno di legge di bilancio 2018,
infatti, la frase è questa: «Liberamente manovrabile». Il
riferimento è alla Tari, uno dei più odiati balzelli che gravano
su commercianti e cittadini. Ebbene, il testo recita così: «La
sospensione di cui al primo periodo non si applica alla tassa sui
rifiuti di cui all'articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre
2013, n. 147».
In
sostanza, se da un lato il testo dispone l'estensione al 2018 del
blocco dei tributi comunali, dall'altro lato si specifica l'espressa
eccezione della Tari appunto, che non ha alcun vincolo. Difficile
pensare che i Comuni per far cassa non decidano di sfruttare
l'occasione. Gli italiani sono avvisati dunque: dal 2018 gli aumenti
dell'imposta sono altamente probabili. Ancor di più se si aggiunge
il fatto che al momento, nello schema legislativo, non è più
prevista la deroga sui coefficienti di produttività dei rifiuti e
ciò comporterà una diversa determinazione delle tariffe col
rischio di rincari imprevisti per alcune categorie di attività
economiche e famiglie oltre che di potenziali scoperture sul
bilancio di previsione dei Comuni. Ancora una volta a rischiare il
salasso più grande saranno le famiglie più numerose e i
commercianti, in particolare coloro che producono maggiori quantità
di immondizia come ristoranti, pizzerie, fiorai, fruttivendoli,
pescherie e via dicendo.
«Una
babele senza controllo», ha definito la Tari Valter Giammaria,
responsabile Area Ambiente Confesercenti, calcolando che «nel 2016
la spesa media in bar e ristoranti è stata di 1.646 euro l'anno»,
con un aumento sul 2015 dello 0,8 per cento, 12,5 euro l'anno»,
mentre «quella media annua negli alberghi con ristoranti è di
6.883 euro, in aumento di 6 euro rispetto al 2015». E come dargli
torto. A riprova del caos generato dalla Tari si aggiungono poi gli
errori perpetrati da diversi Comuni sul calcolo delle tariffe. La
nota del Mef del 19 ottobre scorso ha chiarito che la «quota
variabile» della Tari (cioè quella relativa al numero dei
componenti di una famiglia) va calcolata soltanto una volta per le
abitazioni con pertinenze. Invece per anni centinaia di
amministrazioni hanno replicato il conteggio per garage, cantine e
solai, moltiplicando il costo delle bollette. E così c'è chi si è
trovato a pagare quasi il doppio rispetto al dovuto. Ora il
ministero dell'Economia ha aperto la strada a migliaia di ricorsi,
ma non si sa se e quando gli italiani avranno indietro il maltolto.
Come
se non bastasse, poi, la stessa libertà di manovra concessa ai
Comuni per la Tari varrà anche per il canone per l'occupazione di
spazi e aree pubbliche. Ma non è finita qui. Perché, come ha
prontamente rilevato il Sole 24 Ore, anche sull'imposta di soggiorno
potrebbero arrivare dei rincari dal momento che non c'è una
disposizione contraria all'articolo 4 del Dl 50/2017 che prevede che
«a decorrere dal 2017» i comuni possano istituire il tributo o
deliberare aumenti delle relative tariffe. Su questo fronte c'è già
chi si è mosso in anticipo. Neanche una settimana fa, la giunta di
Firenze ha dato il via libera agli incrementi di 50 centesimi per
gli alberghi fino a tre stelle; di 30 centesimi per quelli a quattro
e di 1,50 euro per Airbnb e case vacanza. L'entrata in vigore della
norma è programmata per gennaio. L'inizio del 2018, appunto. Perché
per incassare non si perde mai tempo.
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