Si
approfondisce e si concretizza la ricerca sul recupero e le
prospettive di valorizzazione della mela 'rosa romana' nell'Appennino
bolognese. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Bologna,
guidato dal professor Saverio Sansavini, ordinario di frutticoltura,
farà anche una parte di indagine attraverso il DNA delle piante per
capirne persino la struttura e individuarne le specie e le loro
diversità. Se ne è parlato a Grizzana Morandi in un convegno che
attraverso 'cultura, arte e paesaggio', ha preso in esame la presenza
dei frutti tipici di questa parte dell'Appennino che erano andati
dimenticati e ora si stanno riscoprendo.
Ha introdotto i relatori il
sindaco di Grizzana, Graziella Leoni ( al microfono nella foto), che ha voluto sottolineare come
il territorio grizzanese sia riuscito, per le sue peculiarità, ad
affascinare molti artisti tra cui il grande Giorgio Morandi che
definì, quello grizzanese “ il paesaggio più bello del mondo”.
Il sindaco ha fatto notare come il primo incontro dell'artista con
Grizzana sia avvenuto nel 1913 quando il paesaggio era fortemente
caratterizzato da una agricoltura vivace e molto attiva. C'erano
allora molte viti e molti alberi da frutto. “ Un paesaggio rurale,
semplice, contadino che va rivalorizzato perchè fa parte della
nostra cultura”, ha detto la Leoni. Il sindaco ha poi voluto dare
corpo a questo impegno preannunciando la nascita, vicino al Campiaro,
di un centro specifico che possa raccontare l'importanza
dell'Appennino, con un percorso didattico che preveda anche la
piantumazione di specie della tradizione, quali ad esempio la 'pera
ossa', frutto quasi estinto perchè molto sodo, quindi poco
masticabile, ma più che eccellente se mangiato cucinato.
Il
professor Sansavini ( nella foto) ha illustrato diffusamente i risultati del lungo
studio svolto dal suo gruppo sulla rosa romana dando anche diversi
spunti sui possibili sbocchi, anche economici, che la coltivazione
di questa mela può portare alla economia montana. Dopo aver
ricordato che, mentre agli inizi del '900 questa specie costituiva il
25 % delle mele della provincia di Bologna, e che la sua presenza si
è andata via via riducendo fino allo 0,2 % degli anni sessanta, ha
rimarcato che la capacità produttiva dell'Appennino sarebbe
rilevante soprattutto sotto il profilo qualitativo.
Ha quindi
ricordato l'importanza della costituzione di un consorzio che possa
affrontare in modo organico problemi quali, la registrazione di un
marchio, la programmazione degli investimenti, la individuazione
delle aree vocate, i piani di marketing, l'individuazione dei
possibili aiuti economici assistenziali, le programmazioni
sull'utilizzo, anche attraverso la trasformazione in succo, le
modalità di vendita, i possibili contatti con l'Università, la
programmazione di un piano di filiera. Tutto ciò è già stato fatto
in Italia da consorzi, come quello delle mele del Trentino e della
mela annurca della Campania.
Hanno
concluso il convegno gli interventi di altri studiosi ed esperti, fra
i quali il professore grizzanese, Dario Mingarelli.
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