“I
contribuenti di Sasso Marconi possono stare tranquilli. Il calcolo
della Tari nel nostro comune è stato fatto correttamente”. In
sintesi è questa la risposta data alla interrogazione del
consigliere comunale Pietro Fortuzzi con cui chiedeva al primo cittadino
chiarimenti in materia.
" Nel calcolo non è prevista la 'parte variabile', quella determanata dal numero degli occupanti l'unità immobiliare sottoposta alla Tari. Colcolo all'irigine degli errori riscontrati in altri comuni", si precisa ancora nella risposta.
Alleghiamo, su richiesta dei lettori, il testo della circolare ministeriale che fornisce chiarimenti sul calcolo della parte variabile della tassa sui rifiuti (TARI) relativa alle utenze domestiche. I chiarimenti riguardano anche le eventuali richieste di rimborso da parte dei contribuenti.
Interrogazione |
" Nel calcolo non è prevista la 'parte variabile', quella determanata dal numero degli occupanti l'unità immobiliare sottoposta alla Tari. Colcolo all'irigine degli errori riscontrati in altri comuni", si precisa ancora nella risposta.
Alleghiamo, su richiesta dei lettori, il testo della circolare ministeriale che fornisce chiarimenti sul calcolo della parte variabile della tassa sui rifiuti (TARI) relativa alle utenze domestiche. I chiarimenti riguardano anche le eventuali richieste di rimborso da parte dei contribuenti.
OGGETTO:
Chiarimenti sull’applicazione della tassa sui rifiuti (TARI).
Calcolo della parte variabile.
A seguito della notevole risonanza che ha avuto sui vari mezzi di informazione la questione concernente il calcolo della parte variabile della tassa sui rifiuti (TARI) relativa alle utenze domestiche, si forniscono i seguenti chiarimenti anche in ordine alle eventuali richieste di rimborso da parte dei contribuenti. In particolare, la problematica prende spunto dalla risposta all’interrogazione in Commissione n. 5-10764 dell’On. le L’Abbate nella quale è stato chiesto se la quota variabile debba essere calcolata una sola volta anche nel caso in cui la superficie di riferimento dell’utenza domestica comprenda quella delle pertinenze dell’abitazione, poiché è emerso che i comuni talvolta computano la quota variabile sia in relazione all’abitazione che alle pertinenze, determinando, in tal modo, una tassa notevolmente più elevata rispetto a quella che risulterebbe considerando la quota variabile una volta sola rispetto alla superficie totale. Al riguardo, è opportuno, innanzitutto, fare un cenno alla normativa che governa la determinazione delle tariffe della TARI. L’art. 1, comma 651, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, prevede che “Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158”. In ordine alla determinazione della tariffa il citato D.P.R. dispone che la stessa è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, e da una
DIPARTIMENTO
DELLE FINANZE
DIREZIONE LEGISLAZIONE TRIBUTARIA E FEDERALISMO FISCALE
Roma,
20 novembre 2017
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parte
variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti; la tariffa
inoltre è articolata nelle fasce di utenza domestica e non
domestica. Quanto alla strutturazione della tariffa, l’art. 5,
comma 1 del D.P.R. n. 158 del 1999 prevede che la parte fissa per le
utenze domestiche è determinata secondo quanto specificato nel punto
4.1 dell’allegato 1 allo stesso D.P.R. e, quindi, in base alla
superficie e alla composizione del nucleo familiare. Per la parte
variabile della tariffa, il comma 2 dell’art. 5 in esame stabilisce
che questa “è rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati
e differenziati specificata per kg, prodotta da ciascuna utenza”.
Tuttavia, se non è possibile misurare i rifiuti per singola utenza,
il comma 4 dello stesso art. 5 stabilisce che la quota variabile
della tariffa relativa alla singola utenza viene determinata
applicando un coefficiente di adattamento secondo la procedura
indicata nel punto 4.2 dell'allegato 1 al D.P.R. n. 158 del 1999. In
relazione alle problematiche innanzi evidenziate, è essenziale
soffermarsi sul contenuto della locuzione di utenza domestica che
deve intendersi comprensiva sia delle superfici adibite a civile
abitazione sia delle relative pertinenze. In proposito giova
richiamare anche quanto riportato nell’art. 16 del Prototipo di
Regolamento per l’istituzione e l'applicazione del tributo comunale
sui rifiuti e sui servizi (TARES), i cui principi possono ritenersi
applicabili anche relativamente alla TARI, il quale prevede che “la
quota fissa della tariffa per le utenze domestiche è determinata
applicando alla superficie dell’alloggio e dei locali che ne
costituiscono pertinenza le tariffe per unità di superficie
parametrate al numero degli occupanti…”. Pertanto, la quota fissa
di ciascuna utenza domestica deve essere calcolata moltiplicando la
superficie dell’alloggio sommata a quella delle relative pertinenze
per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti
dell’utenza stessa, mentre la quota variabile è costituita da un
valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli
occupanti che non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza
e va sommato come tale alla parte fissa. Ciò chiarito, con
riferimento alle pertinenze dell’abitazione appare corretto
computare la quota variabile una sola volta in relazione alla
superficie totale dell’utenza domestica. Un diverso modus operandi
da parte dei comuni non troverebbe alcun supporto normativo, dal
momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile
quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero
degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare
conseguentemente l’importo della TARI. A tale proposito, si pensi,
ad esempio, al caso di due nuclei familiari, entrambi con 3
componenti, il primo dei quali possiede un’abitazione di 100 mq e
il secondo un appartamento di 80 mq e una cantina di 20 mq, che
costituisce la pertinenza dell’abitazione.
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Se
si ipotizza che la tariffa per il calcolo della parte fissa
determinata dal comune sia pari a € 1,10 mentre la parte variabile
sia pari a € 163,27, l’errato procedimento di calcolo della tassa
sopra descritto condurrebbe al seguente risultato.
Primo
Nucleo Familiare Mq abitazione Parte fissa Parte variabile TARI
Totale 100 mq 100 x € 1,10= € 110 € 163,27 110+163,27= €
273,27
Secondo
Nucleo Familiare Abitazione Mq Parte fissa Parte variabile Totale
80
mq 80 x € 1,10= € 88 € 163,27 88+163,27= € 251,27 Cantina
pertinenziale Mq Parte fissa Parte variabile Totale 20 mq 20 x €
1,10 = € 22 € 163,27 22+163,27=€ 185,27 TARI Totale = €
436,54
Come appare evidente dall’esempio, se si considera la parte
variabile in riferimento sia all’abitazione sia alla pertinenza, a
parità di componenti e di superficie, l’importo della TARI risulta
molto più elevato rispetto al caso in cui non si disponga della
pertinenza. Si deve ribadire che tale differenza di importi non
trova un valido sostegno logicogiuridico soprattutto se si osserva
che le pertinenze come le cantine o le autorimesse non possono
ragionevolmente essere contraddistinte da una potenzialità di
rifiuti superiore a quella che si può attribuire alle abitazioni e
che così procedendo il nucleo familiare, che costituisce un
parametro per la definizione della parte variabile, verrebbe preso in
considerazione due volte. Conseguentemente, la modalità corretta di
calcolo della tassa per il secondo nucleo familiare di cui
all’esempio che precede è la seguente.
Secondo
Nucleo Familiare Abitazione e cantina pertinenziale Mq Parte fissa
Parte variabile Totale
80+20=100
mq 100 x € 1,10= € 110 € 163,27 110+163,27= € 273,27
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Pertanto,
laddove il contribuente riscontri un errato computo della parte
variabile effettuato dal comune o dal soggetto gestore del servizio
rifiuti, lo stesso può richiedere il rimborso del relativo importo,
solo relativamente alle annualità a partire dal 2014, anno in cui la
TARI è stata istituita dall’art. 1, comma 639, della legge 27
dicembre 2013, n. 147, quale componente dell’imposta unica comunale
(IUC) posta a carico dell'utilizzatore per finanziare i costi del
servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Non è possibile,
quindi, chiedere il rimborso relativamente alla tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), governata da regole
diverse da quelle della TARI, che non prevedevano, tranne in casi
isolati, la ripartizione della stessa in quota fissa e variabile.
Né si può procedere alla richiesta di rimborso laddove i comuni che
hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di
rifiuti conferiti al servizio pubblico, hanno introdotto in luogo
della TARI, una tariffa avente natura corrispettiva, in applicazione
del comma 668 dell’art. 1 della citata legge n. 147 del 2013. Per
quanto riguarda, in particolare, l’istanza di rimborso in parola,
si fa presente che la stessa deve essere proposta, a norma dell’art.
1, comma 164, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, entro il termine
di cinque anni dal giorno del versamento. L’istanza, che non
richiede particolari formalità, deve però contenere tutti i dati
necessari a identificare il contribuente, l’importo versato e
quello di cui si chiede il rimborso nonché i dati identificativi
della pertinenza che è stata computata erroneamente nel calcolo
della TARI. Si precisa, infine, che i regolamenti comunali di
disciplina della TARI in molti casi non contengono un’espressa e
univoca previsione in ordine alle concrete modalità di calcolo della
tassa nell’ipotesi di cui si tratta, potendosi manifestare l’errore
in sede di applicazione degli atti regolamentari ai fini
dell’emissione degli inviti di pagamento che specificano le somme
dovute per ogni utenza. Qualora, peraltro, i comuni abbiano adottato
disposizioni il cui contenuto si riveli difforme rispetto ai criteri
di calcolo in questa sede chiariti, si invitano gli stessi a
procedere ai necessari adeguamenti delle proprie previsioni
regolamentari.
IL Direttore Generale delle Finanze
Fabrizia Lapecorella
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