Il
ministro dello Sviluppo: "Il governo mira a favorire
l’integrazione pubblico-privato". Ancora più esplicito
Salvatore Rossi, dg di Bankitalia e presidente dell'authority di
vigilanza Ivass: "C'è un grande mercato per le compagnie
assicurative". Stefano Patriarca, consigliere economico della
presidenza del Consiglio, si è concentrato invece sulle pensioni:
"Il privato intervenga dove il pubblico non arriva". Musica
per le orecchie dell'ad del gruppo Carlo Cimbri
Per
“razionalizzare il Servizio
sanitario nazionale”
occorre “definire quello di cui il pubblico
può continuare a occuparsi e quello che può essere demandato
al privato,
senza deludere le aspettative
dei cittadini”. Quanto alla previdenza,
“l’azione del governo mira a favorire l’integrazione
pubblico-privato”. C’è perfetta unità di vedute tra il
ministro dello
Sviluppo, uno
dei consiglieri economici di punta del governo
Renzi e i
vertici del
secondo gruppo assicurativo
italiano. E al coro si è unito anche il rappresentante
della vigilanza
sulle assicurazioni. Cornice del quadretto il convegno White
Economy: innovazione e crescita. Energie pubbliche e private per i
nuovi modelli di welfare, organizzato
a Roma da Unipol.
Che, a fronte del continuo calo dei ricavi da Rc
auto (il
settore “va nella direzione di una perdita
tecnica“, ha
ammesso il numero uno
Carlo Cimbri), sta
puntando molto sulle polizze sanitarie. Come
dimostra anche la scelta di sponsorizzare il Giubileo
straordinario (e
offrire prodotti ad hoc ai pellegrini).
“La
vera differenza tra servizi non è tra pubblico e privato, ma fra
prestazioni a pagamento o gratuite“,
ha tirato la volata il titolare dello Sviluppo economico Carlo
Calenda, sul
palco al fianco di Cimbri, amministratore delegato di Unipol,
per il dibattito conclusivo. “Non è detto che il privato sia
sempre più efficiente, ma questo discorso va sviluppato se vogliamo
razionalizzare il nostro Servizio sanitario nazionale, definendo”,
appunto, “quello di cui il pubblico può continuare a occuparsi e
quello che può essere demandato al privato, senza deludere le
aspettative dei cittadini sul patto
sociale universale che
prevede gran parte delle prestazioni sanitarie gratis“.
Del resto durante
la crisi “la spesa pubblica per la salute si è fermata”, ha
avvertito il presidente dell’Istat Giorgio
Alleva,
mentre “la spesa delle famiglie è continuata a crescere”. E la
speranza degli operatori del settore è che quella spesa sia sempre
più “intermediata”
da fondi e assicurazioni. Speranza condivisa dal responsabile
del dicastero che si occupa di politica industriale, che ha
sottolineato: “Il welfare e i servizi di welfare erogati dai
privati sono un
grandissimo generatore di crescita“.
Musica
per le orecchie di Cimbri, che dopo avere ricordato come il settore
della ‘white economy’ (la filiera delle attività, sia pubbliche
sia private, di assistenza, cura e previdenza) valga “il 20%
del pil” e
occupi “il 16%
della forza lavoro,
numeri che ne testimoniano l’importanza”, ha auspicato che lo
Stato avvii in questo campo “una gestione e una programmazione
di medio-lungo periodo:
è necessario passare da una gestione spot ad una programmazione
vera”. E anche “riorganizzare a livello pubblico” il
settore dell’assistenza domiciliare
perché “molte patologie, coi nuovi strumenti tecnologici e la
telemedicina,
possono essere curate a domicilio“.
Del resto le polizze di Unisalute prevedono, appunto, anche l’invio
di personale sanitario a casa. Sia per gli over
65 sia per chi
affronta la riabilitazione dopo un infortunio.
Stefano
Patriarca,
consigliere economico della presidenza del Consiglio, ha dato
manforte a Calenda concentrandosi però sul tema pensioni: “La
previdenza integrativa,
in un Paese nel quale c’è il 33%
di aliquota
contributiva più un altro 7% di fatto obbligatorio,
ha ben poco spazio, ma l’azione del governo mira a favorire
l’integrazione pubblico-privato”. Privato che “non deve fare il
doppione
del pubblico, ma intervenire
dove il pubblico
non arriva, e in
questa direzione vanno le misure come l’Ape (anticipo
pensionistico, ndr)
intraprese da questo governo”. Si noti che l’Ape, in pratica un
prestito
bancario con
annessa polizza
assicurativa obbligatoria
grazie al quale i 63enni potranno lasciare il lavoro prima di quanto
previsto dalla legge Fornero, finirà
per
costare a chi lo
richiede fino al
20% della
pensione netta.
Sulla
stessa linea dei rappresentanti dell’esecutivo, ma ancora più
esplicito, Salvatore
Rossi, direttore
generale della Banca
d’Italia e
presidente dell’Ivass,
l’Istituto di vigilanza
sul settore assicurativo: “È indubbio che il tema sanità si
intreccia, in Italia, col dato demografico,
e il ‘long term
care‘ è la
questione fondamentale: è qui che c’è un grande
mercato per le compagnie
assicurative”, ha dichiarato il responsabile della tutela
dei consumatori nel rapporto con le compagnie. Per poi aggiungere che
“il settore pubblico potrebbe favorire
questo mercato con
incentivi fiscali,
e non tutti devono necessariamente pesare sul bilancio
dello Stato, perché alcuni possono migliorare il complessivo
rapporto costo-efficienza“.
Quanto alle pensioni, “i lavoratori ancora non sono
consapevoli che la previdenza pubblica non svolge più quel ruolo che
svolgeva in passato e non lo svolgerà più”, perché “il tasso
di sostituzione
atteso tra salario e pensione che un tempo era la magica cifra
dell’80% e oggi è il 50″, e “quindi devono integrare”
con i fondi pensione privati. Ma “questa integrazione privata
però ancora non
decolla,
stenta“.
2 commenti:
Questi personaggi pubblici e privati andrebbero tutti impiccati in piazza e mi auguro che vada al potere qualcuno che lo faccia veramente (tanto i politici sono assicurati in parte anche a nostre spese anche contro le insurrezioni, e le loro famiglie non morirebbero di fame), il loro intento è di arrivare a far pagare il cittadino due volte, una con i contributi per la sanità pubblica e la seconda per far arricchire il privato (che può essere anche targato PD) con una assicurazione che prometta di elargire prestazioni che dovrebbe fornire il pubblico.
Scandaloso che questi politici, anche di sinistra, considerino il popolo solo una mucca da mungere.
Quando si parla di integrazione tra "pubblico e privato" significa che siamo in piena privatizzazione, nel finale dell'assalto alla diligenza, nella resa incondizionata alla mano non troppo invisibile del mercato. Finita la precedente fase, quella del persistente trituramento di cabbasisi sull'inefficienza certificata e acclarata incapacità del pubblico, ci si affida anima e corpo al privato che è, invece, bello, capace ed efficiente. Sempre e comunque. Quindi occorre smantellare ospedali costosi, vedi quelli nuovissimi di Porretta e Vergato, per rivolgersi alla sanità privata. Identica situazione sta avvenendo nel mercato del lavoro. Assodato che i servizi pubblici per l'impiego non servono, bisogna rivolgersi alle agenzie private per il lavoro. La disoccupazione rimane stabile, però il danaro pubblico lo spreca il privato, avendo la sensazione di stare meglio. Vuoi mettere!
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