Maurizio Musolesi nel suo castagneto. |
Chiacchierata a ruota libera sul castagneto con Maurizio
Musolesi di Monzuno, esperto del settore
. Infatti ha pubblicato, insieme a
Germano Lolli, un trattato completo sul tema dal titolo ‘ Il Castagneto da
Frutto – manuale pratico di innesto, potatura e conduzione’ edito da Bononia
University Press, e coltiva egli stesso
un ampio appezzamento di castagneto a Monzuno.
Gli abbiamo chiesto, la tanto attesa pioggia di
questi giorni porterà benefici alla raccolta di quest’anno?
“Sicuramente l’acqua non fa male . Ma è arrivata un
po’ tardi. Sarabbe stata necessaria una
‘ bagnata’ consistente ai primi di luglio e una seconda a metà di agosto. In
quel modo avremmo avuto un prodotto nella norma. Con tutto probabilità assisteremo a piante senza prodotto, mentre quelle in posizione favorevole, cioè
rivolte a nord e in zone umide, che
avranno frutti ma numericamente scarsi e
di pezzatura minima”.
Quindi i cultori del prodotto del castagneto
dovranno ancora soffrire un altro anno?
“Secondo me,
sì. A mio parere la sofferenza
durerà ancora decenni: la cultura denuncia infatti diversi fattori negativi: innanzitutto
la presenza di un consistente numero di ungulati. Gli ungulati, oltre a
mangiare il prodotto, rovinano il sopra suolo, tutta la cotica erbosa e ciò
destabilizza i versanti,. I capriolo e il cervo distruggono gli innesti. Poi le
tre Cidya presenti nei castagneti: sono
piccole farfalline estive che possono produrre delle vere mutilazioni ai frutti:
nel 2005 un marrone su due era bacato. Inoltre il cancro del castagno, ora
fortunatamente fermo, un fungo che
attacca la corteccia e la necrotizza facendo morire i tessuti
sottostanti e di conseguenza tutta la pianta. Nel ’40 portò alla totale
distruzione della castanicoltura in Italia. Poi anche un altro fungo ‘il mal
dell’inchiostro’, che vive sottoterra, si attacca alle cuffie delle radice e
impedisce l’assorbimento delle sostanze vitali. A tutto questo si sono aggiunti
ultimamente la vespa cinese e la siccità. La sola vespa cinese non sarebbe
esageratamente disastrosa . Attestandosi sulla foglia ne diminuisce la capacità
assorbente della luce e del processo foto sintetico, ma non provoca la morte della
pianta. Però quando a questo fenomeno si
accompagna la siccità le piante defogliano e il processo di foto sintesi è
minimo. Questo nel lungo periodo può uccidere la pianta. La vespa cinese è
purtroppo un vero killer per i nuovi impianti in quanto forma la sua abitazione, chiamata galla,
proprio sull’attacco del nuovo germoglio e lo soffoca. Per questo oggi rinnovare un impianto castanicolo è praticamente impossibile. Questo secondo me è il periodo peggiore che
sta vivendo la castanicoltura negli ultimi mille anni. Si sono sommati troppi
fattori negativi".
E’ il caso quindi di pensare ad altre colture ?
“Assolutamente no. La castanicoltura rimane una
eccellenza irrinunciabile per la collina. Sia per la tradizione, sia per il debito
che la popolazione montana gli deve. Per secoli ha sfamato le popolazione della
montagna che non potevano contare su altro. Anche il passaggio della seconda
guerra mondiale ha messo in evidenza l’importanza della castanicoltura. La
pianta è sempre stata generosa e speriamo lo sia ancora".
Cosa bisogna fare allora ?
"Ridurre gli ungulati. Daini, cinghiali e caprioli debbono essere riportato
a un numero sostenibile e cioè pari al 20 % di quello che è presente ora.
Stanno distruggendo il nostro territorio. Inoltre incentivare la ricerca per
trovare soluzioni che siano efficaci e non palliativi come in molti stanno
proponendo".
Per maggiori informazioni sul parassita del castagno vedere:
http://www.entom.unibo.it/ParassitoidiACGWfrutticoltura.pdf
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