La riforma sulle aree montane firmata dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli ( nella foto) rischia di ridisegnare la mappa dell’Appennino emiliano-romagnolo. Secondo le stime dell’Uncem, 46 dei 121 Comuni montani della regione – circa il 40% – perderebbero lo status di “montano”, con la conseguente esclusione dall’accesso a una quota dei circa 200 milioni di euro di fondi statali destinati al settore.
Particolarmente colpita l’area
metropolitana di Bologna, dove oltre la metà dei territori rischia il
declassamento. Una scelta che ha acceso la protesta degli amministratori
locali, preoccupati per le ricadute concrete sui servizi essenziali. La perdita
della classificazione montana comporterebbe infatti meno risorse per la
manutenzione della viabilità e per la difesa dal dissesto idrogeologico, in
territori già segnati dalle recenti alluvioni.
«È un errore palese, che nasce da una
scarsa conoscenza del territorio», ha commentato il presidente della Regione
Emilia-Romagna, Michele de Pascale, sottolineando come le richieste provenienti
dalle comunità locali andassero nella direzione opposta.
La proposta di legge introduce nuovi
criteri basati su altitudine media e pendenza del territorio, con l’obiettivo
dichiarato di uniformare la classificazione dei Comuni montani. Parametri che,
secondo molti amministratori, non tengono conto delle fragilità sociali ed
economiche delle aree interne.
Duro il commento della presidente
dell’Unione dei Comuni dell’Appennino bolognese, Valentina Cuppi: «Non è una
questione di metri, ma di risorse. Così si tagliano investimenti a comunità che
avevano iniziato un percorso di rilancio».
Tra i Comuni a rischio figurano,
oltre a Monghidoro e Loiano, anche Marzabotto, Monzuno, Sasso Marconi e
Grizzana Morandi. L’assessore regionale alla Montagna, Davide Baruffi, ha
definito la proposta «irricevibile» e annunciato battaglia in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
Ora la partita si sposta a Roma, dove
Regioni e amministrazioni locali chiedono l’apertura di un tavolo di confronto
per rivedere i criteri ed evitare che l’Appennino torni a essere una periferia
dimenticata.
10 commenti:
SCIOPERO DEL VOTO AD OLTRANZA.
Marzabotto prende un sacco di finanziamenti. Tutti i fondi sono però dirottati e spesi per tutto quello che concerne gli eventi luttuosi della guerra. A Marzabotto ci sono anche i vivi, i quali certo che vogliono ricordare quei tristi eventi, ma vorrebbero anche avere un futuro
Attendiamo di vedere se Mastacchi prenderà posizione contro la sua maggioranza o si adeguerà....
Sciopero del voto? pensate che ai politici gli interessi in quanti vanno a votare? a loro basta vincere! invece di fare proclami stupidi, formate liste civiche che ai partiti da molto più fastidio.
Aspettiamo anche l'impettito Battistini, vediamo se riconosce l'ennesima porcheria di destra
Anonimo delle 08.29.Alimentare la politica in generale, che ha affossato i cittadini e l'economia montana, con liste civiche civetta dei partiti classici, e trattare chi ragiona con appellativi come quelli che ha usato lei, è quantomeno sospetto di partitocrazia (la scienza per distruggere il cittadino). Unica arma di lotta rimasta al cittadino è il non voto, è il non recarsi ai seggi, lasciarli tristemente vuoti, faranno quel che vogliono ma senza il nostro consenso. Ricordo che sia dx e sx vogliono portarci in guerra, delegittimateli, no al voto.
Molto giusto. A Marzabotto la maggioranza non si e' fatta e non si fa scrupolo di utilizzare politicamente una strage in maniera ossessiva, anche a distanza di 80 anni quando quasi nessuno dei colpevoli e' ancora vivo.
Giusto. Ma non le solite FINTE civiche con gli amici degli amici.
Dubito la riconosceranno si Battistini sia Mastacchi, o taceranno o troveranno parole per giustificare l'ingiustificabile.
Anonimo del18/12/25 ore 8.52, bastano le tue schifezze che scrivi da sinistra.
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