mercoledì 17 dicembre 2025

Appennino sacrificato: ipocrisie, promesse e macerie

 Dalla montagna alla farsa: cronaca di un abbandono annunciato



di Pietro Ceneri


Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. È il proverbio che meglio descrive la situazione dell’Appennino. Ci si straccia le vesti per il declassamento, da parte del ministero Calderoli, dell’Appennino a territorio insignificante, non degno di attenzione, equiparato a dune banali: luoghi che qualcuno, la domenica o nei giorni di festa, può magnanimamente frequentare ed essere accolto con tutti gli onori, poiché, bontà sua, porta un po’ di denaro a quei poveri illusi che ancora operano sulle pendici di questo rifiuto nazionale.

A lasciarci lo zampino, però, non sono coloro che finora hanno giocherellato con le “dune” che delimitano a sud la Pianura Padana, ma chi, nonostante tutto, ha tenuto botta e ha continuato a operare, affrontando con caparbietà le insidie che i culi piatti da scrivania bolognesi gli imponevano. A cominciare dall’invasione degli ungulati, la cui presenza ha messo in ginocchio quel poco di economia agricola montana che ancora esisteva, scoraggiando ogni nuova iniziativa. Poi si sono aggiunti i lupi, che hanno di fatto sconsigliato ogni impresa pastorale, e molte altre presenze inadeguate: tutto affinché quei culi piatti potessero assistere allo spettacolo degli ungulati al pascolo nei campi del povero agricoltore.

Viene da chiedersi perché non abbiano difeso con la stessa insistenza lo sterminio dei colombi di città: forse perché, essendo portatori di malattie, queste potrebbero colpire anche i culi piatti. Eppure anche quelli sono animali. E perché non difendono la zanzara? Anche quella è un insetto, come quelli che però non pungono i culi piatti.

Recentemente un illustre politico bolognese ha dichiarato che l’impegno futuro della Città Metropolitana sarà quello di mettere tutti i cittadini compresi in tale area nelle stesse condizioni di servizi e di logistica. C’è da ridere, per non piangere, perché per fare questo bisognerebbe recuperare decenni di incuria, se non di vera e propria attività negativa. Ridare, per esempio, a Porretta Terme condizioni logistiche degne di questo nome significherebbe almeno adeguare la statale Porrettana con un tracciato moderno e aggiornare la ferrovia Porrettana. Ma si sa che tutto si fermerà a Casalecchio, ormai parte della città di Bologna, non certo della Città Metropolitana.

All’adeguamento alle attuali esigenze dei collegamenti informatici, promessi anch’essi da decenni e mai realmente attivati, non si pensa nemmeno. Lo verifica quotidianamente ogni residente dell’Appennino. E, tanto per fornire un esempio di quanto costoro siano farisei, a duecento metri dalla tomba di Marconi, cui si deve il wireless, il telefono e il computer non riescono a collegarsi alla rete.

Ritardi che hanno affossato anche l’artigianato e l’industria locale,  che per anni hanno chiesto inutilmente di essere messi in grado di operare in modo competitivo e ormai quasi del tutto costretti a trasferirsi o a chiudere, lasciando un vuoto incolmabile di posti di lavoro.

E allora piangiamo pure, ma saranno lacrime di sangue. 

Siamo alla vigilia delle amministrative del 2027 ed è già iniziata la presa in giro dell’elettorato, fatta di promesse cafone e impossibili.

Bruci pure la città, con il ministro Calderoli al centro, per aver declassato i comuni dell’Appennino; ma insieme a lui, come combustibile e con generale sollievo, vadano anche tutti coloro che hanno giocato con l’incosciente — e spesso consapevole — credulità di noi cittadini votanti.

Basta balle. Abbiate almeno la decenza di tacere.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bell'esercizio di capriola politica! Complimenti! Invece di vergognarsi di aver votato una coalizione dove c'è uno come Calderoli (uno che ha scritto una legge elettorale che lui stesso ha definito una porcata), si punta il dito verso chi non ha fatto abbastanza in passato. Ora l'inventore del porcellum ha prodotto un'altra genialata che colpirà duramente il 50% dei comuni appenninici bolognesi, ma per l'autore di questa articolessa, la colpa è di chi ha fatto poco, ma non certo tagliato i fondi con un colpo secco di mannaia. Per non contare l'aumento di fatto di 3 mesi dell'età pensionabile, portando la finestra per uscire da 3 a 6 mesi. E questi sarebbero i "populisti"? Mala tempora currunt...