I risultati dell'indagine curata dalla Città metropolitana
Dubbio
propone
Genitori
consapevoli della funzione educativa del nido ma che vi rinunciano
principalmente per la retta (specie se uno dei due è inoccupato) o
perchè hanno alternative in famiglia a partire dal fondamentale
ruolo dei nonni. Sono alcuni degli spunti che emergono dall’indagine
statistica, curata dalla Città metropolitana di Bologna, presentata
ieri a Vergato.
La
ricerca è stata svolta nell’ambito della programmazione dei
servizi socio-educativi, in collaborazione con l’Unione dei Comuni
dell’Appennino bolognese, realizzata dagli esperti della
cooperativa Iress. Una indagine simile ha visto coinvolta la zona
della Pianura Est e sarà presentata in seguito.
Due
sono state le azioni messe in campo:
- un’indagine rivolta alle famiglie con bambini in età 3-6 anni che non hanno frequentato il nido, per indagarne le motivazioni e l’approccio verso i servizi socio-educativi, attraverso la distribuzione di 400 questionari, di cui ne sono stati restituiti 213 (la provenienza principale è Alto Reno Terme, Monzuno e Gaggio Montano, cioè comuni che dispongono di un nido);
- la realizzazione di due focus group negli spazi mamme di Vergato e Alto Reno Terme, che hanno visto una ottima partecipazione delle mamme con i propri bambini (26 mamme e una coppia).
Dai
risultati emerge chiaramente che la
“vita in montagna” viene
considerata in maniera positiva e a
misura di bambini;
che alla base delle scelte di fruizione del nido non ci sono solo
motivi economici,
ma anche
organizzativi;
che i nonni sono
una risorsa fondamentale per agevolare le
pari opportunità di genere;
che occorre lavorare per rendere più capillare la diffusione delle
informazioni sui servizi.
Se
i genitori non iscrivono i propri figlio al nido i motivi sono
soprattutto tre: la conciliazione tra i tempi di lavoro e cura che
consentono di seguire il bambino a casa, la questione economica che
porta a considerare la retta troppo alta e infine l’idea educativa
che tende a preferire di seguire il bambino direttamente a casa.
Il
campione degli intervistati era costituto per le madri
(54,6%) di donne tra i 35 e i 44 anni. Soltanto il 12,6% ha meno di
29 anni e nessuna oltre i 50 anni. Tendenza simile per i padri
(48,7%) tra i 35 e i 44 anni, l’11,9% oltre i 50, e solo il 5,2%
con meno di 29 anni. Più della metà delle madri ha un diploma di
scuola secondaria superiore, il 22,8% è laureata. Fra i padri è più
bassa la percentuale di diplomati (46,7%) e laureati (10,6%). L’80,8%
dei nuclei familiari è composto da genitori italiani; l’11,5% è
composto da nuclei con entrambi i genitori stranieri, il 7,7% da
coppie miste. Il 41,4% delle madri è dipendente a tempo
indeterminato come il 66,3% dei padri; il 27% delle madri è
casalinga.
Solo
il 35,1% dei nuclei è costituito da componenti occupati
a tempo pieno;
nel 31,8% dei casi almeno uno dei due componenti ha un lavoro
part time; nel
33,2% dei casi uno dei due componenti è non
occupato. In
caso di necessità le famiglie intervistate possono contare
innanzitutto sui nonni (54,8%) mentre il 12,4% non può contare su
nessuno.
Il
motivo principale per la rinuncia al nido è la presenza di un
genitore o parente disponibile a tenere il bambino,
secondariamente una scelta consapevole di seguire il bambino
direttamente a casa e infine la retta alta. Oltre il 20% delle madri,
dopo la nascita del figlio, ha richiesto una riduzione dell'impegno
lavorativo, ad esempio con il passaggio al part-time, e solo il 3%
dei padri.
Oltre
il 60% degli intervistati non conosce i servizi per le famiglie: a
parte i nidi, l’unico servizio sufficientemente conosciuto sono le
biblioteche e ludoteche: le quote più elevate di chi non conosce i
servizi ricadono tra i nuclei con livelli di istruzione medio-bassi.
Nemmeno si è consapevoli del fatto che in larga parte i costi
gravino sul Comune. Si comprende quindi la richiesta di
maggiore comunicazione istituzionale da parte degli enti preposti,
anche se gli intervistati dimostrano di essere consapevoli che più
che cambiare il nido introducendo nuove forme di flessibilità,
andrebbe in generale ripensata la modalità di conciliare il lavoro
con la famiglia, soprattutto per gli italiani (41,3%). Il nido infine
è considerato dalla maggioranza “un luogo per socializzare con
altri bambini”; al secondo posto la considerazione che sia “un
servizio che permette ai genitori di lavorare”. E se si domanda
agli intervistati secondo loro qual è il motivo per cui i genitori
portano meni i bimbi al nido è perché la crisi economica si fa
sentire.
Tra
le famiglie straniere è molto alta la percezione educativa del nido:
solo il 13% degli intervistati infatti pensa che un minore di 3 anni
stia comunque meglio con un familiare, a fronte del 41,3% delle
famiglie con genitori italiani; inoltre, le famiglie con entrambi i
genitori italiani sono quelle che, meno delle altre, ritengono che
“il nido è soprattutto opportunità educativa per il bambino”.
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