Il
distretto dell’Appennino sperimenterà un servizio che potrà dare
supporto alle famiglie nella quotidianità e non solo nelle
situazioni più gravi
di
Carmine Caputo
Sarà
attivato in via sperimentale nel 2020 il Centro famiglie, un servizio
per il quale
l’Unione
dell’Appennino bolognese ha manifestato per conto del distretto e
che ha infatti avuto esito positivo
e ottenuto il finanziamento di circa 39 mila euro per l’avvio del
servizio. Il finanziamento diventerà strutturale
per gli anni a seguire all’interno del fondo sociale locale.
Il
Centro famiglie ha l’obiettivo di favorire l’informazione, il
sostegno alle competenze genitoriali e lo sviluppo delle risorse
familiari e comunitarie.
Un
servizio diffuso a sostegno della genitorialità con una sede
prevalente che verrà identificata nel territorio, ma che avrà tanti
punti di erogazione per favorire la vicinanza con i cittadini.
Non
si tratta di un servizio completamente nuovo, perché l’obiettivo
semmai è quello di mappare e mettere a sistema
i servizi che già ci sono, riempiendo le eventuali lacune. Oggi
infatti si è molto concentrati, anche in
termini di risorse, sul tema delle persone non autosufficienti,
finendo per offrire meno supporti a chi,
come
i genitori, può averne bisogno per trovare un equilibrio nella vita
di tutti i giorni.
In
questi giorni è stato avviato uno studio di fattibilità che intende
da una parte dare indicazioni di
carattere
organizzativo sulla gestione del servizio e dei suoi contenuti,
dall’altra supportare l’Unione
nella
raccolta dei bisogni e delle percezioni della comunità. In effetti
proprio di recente il distretto
dell’Appennino
bolognese è stato il soggetto di una indagine sui motivi per cui le
famiglie rinunciano al
nido
promossa dalla Città metropolitana. L’indagine aveva attestato
dove sono soprattutto le famiglie
dove
uno dei genitori non è occupato o dove c’è la disponibilità dei
nonni a rinunciare al nido, e più per
questione
economiche che per una scelta educativa; ma soprattutto aveva fatto
emergere da parte
delle
famiglie intervistate la necessità di essere informate meglio.
Di
certo c’è la volontà di riproporre esperienze già attuate
positivamente come lo spazio genitori e bimbi, sperimentato al nido
“La montagna dei balocchi “di Castiglione dei Pepoli. Il servizio
propone a
genitori
e bambini che non frequentano abitualmente il servizio nido di
trascorrere un tempo dedicato al
gioco
dei piccoli e ai dubbi degli adulti. Oppure le conversazioni al nido,
un ciclo di incontri per i genitori
frequentanti
i nidi del territorio. Gli incontri, condotti con la compresenza di
almeno due professionisti
della
prima infanzia, hanno qualificato il sistema delle relazioni tra
educatori e genitori dei nidi.
A seconda del
tema con cui si apriva la conversazione, oltre ai genitori e al
coordinatore pedagogico dialogava uno psicoterapeuta,
un logopedista o uno psicomotricista.
Annalisa
Fanini, responsabile dell’Ufficio di Piano dell’Unione dei comuni
dell’Appennino bolognese,
conferma
che l’obiettivo è di rilanciare le esperienze che hanno
funzionato: « Si ratta di fare in modo
che
non ci siano dei vuoti temporali nel supporto alle famiglie come
accade oggi, con i genitori che dopo
il
nido - per chi ha potuto fruirne - sino a quando il figlio ormai
adulto deve approcciarsi al mondo del
lavoro,
si sentono spesso lasciati soli nell’affrontare le diverse fasi e
sfide della genitorialità. L’attuazione
di
queste politiche richiede: un utilizzo coordinato ed efficace delle
risorse disponibili in ambito
distrettuale,
per evitare sprechi e sovrapposizioni; una personalizzazione del
modello gestionale del
centro
per le famiglie, per renderlo funzionale alle caratteristiche del
nostro territorio. Certo sarebbe
auspicabile
una revisione dell’esclusivo criterio demografico nell’assegnazione
dei finanziamenti
regionali,
che finisce per sfavorire le aree che sono meno popolate proprio
perché svantaggiate».
Non
è un caso infatti che i dati dimostrino che la capacità di spesa
sociale dei comuni dell’Appennino sia la
più bassa della Città metropolitana di Bologna, perché
strettamente collegata alla ricchezza del
territorio
(redditi e popolazione): come dire che piove sul bagnato, insomma.
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