sabato 28 dicembre 2019

Un centro famiglie per il distretto dell’Appennino bolognese: nel 2020 al via la fase sperimentale

Il distretto dell’Appennino sperimenterà un servizio che potrà dare supporto alle famiglie nella quotidianità e non solo nelle situazioni più gravi

di Carmine Caputo

Sarà attivato in via sperimentale nel 2020 il Centro famiglie, un servizio per il quale
l’Unione dell’Appennino bolognese ha manifestato per conto del distretto e che ha infatti avuto esito positivo e ottenuto il finanziamento di circa 39 mila euro per l’avvio del servizio. Il finanziamento diventerà strutturale per gli anni a seguire all’interno del fondo sociale locale.

Il Centro famiglie ha l’obiettivo di favorire l’informazione, il sostegno alle competenze genitoriali e lo sviluppo delle risorse familiari e comunitarie.
Un servizio diffuso a sostegno della genitorialità con una sede prevalente che verrà identificata nel territorio, ma che avrà tanti punti di erogazione per favorire la vicinanza con i cittadini.
Non si tratta di un servizio completamente nuovo, perché l’obiettivo semmai è quello di mappare e mettere a sistema i servizi che già ci sono, riempiendo le eventuali lacune. Oggi infatti si è molto concentrati, anche in termini di risorse, sul tema delle persone non autosufficienti, finendo per offrire meno supporti a chi,
come i genitori, può averne bisogno per trovare un equilibrio nella vita di tutti i giorni.
 
In questi giorni è stato avviato uno studio di fattibilità che intende da una parte dare indicazioni di
carattere organizzativo sulla gestione del servizio e dei suoi contenuti, dall’altra supportare l’Unione
nella raccolta dei bisogni e delle percezioni della comunità. In effetti proprio di recente il distretto
dell’Appennino bolognese è stato il soggetto di una indagine sui motivi per cui le famiglie rinunciano al
nido promossa dalla Città metropolitana. L’indagine aveva attestato dove sono soprattutto le famiglie
dove uno dei genitori non è occupato o dove c’è la disponibilità dei nonni a rinunciare al nido, e più per
questione economiche che per una scelta educativa; ma soprattutto aveva fatto emergere da parte
delle famiglie intervistate la necessità di essere informate meglio.
 
Di certo c’è la volontà di riproporre esperienze già attuate positivamente come lo spazio genitori e bimbi, sperimentato al nido “La montagna dei balocchi “di Castiglione dei Pepoli. Il servizio propone a
genitori e bambini che non frequentano abitualmente il servizio nido di trascorrere un tempo dedicato al
gioco dei piccoli e ai dubbi degli adulti. Oppure le conversazioni al nido, un ciclo di incontri per i genitori
frequentanti i nidi del territorio. Gli incontri, condotti con la compresenza di almeno due professionisti
della prima infanzia, hanno qualificato il sistema delle relazioni tra educatori e genitori dei nidi. 
A seconda del tema con cui si apriva la conversazione, oltre ai genitori e al coordinatore pedagogico dialogava uno psicoterapeuta, un logopedista o uno psicomotricista.
 
Annalisa Fanini, responsabile dell’Ufficio di Piano dell’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese,
conferma che l’obiettivo è di rilanciare le esperienze che hanno funzionato: « Si ratta di fare in modo
che non ci siano dei vuoti temporali nel supporto alle famiglie come accade oggi, con i genitori che dopo
il nido - per chi ha potuto fruirne - sino a quando il figlio ormai adulto deve approcciarsi al mondo del
lavoro, si sentono spesso lasciati soli nell’affrontare le diverse fasi e sfide della genitorialità. L’attuazione
di queste politiche richiede: un utilizzo coordinato ed efficace delle risorse disponibili in ambito
distrettuale, per evitare sprechi e sovrapposizioni; una personalizzazione del modello gestionale del
centro per le famiglie, per renderlo funzionale alle caratteristiche del nostro territorio. Certo sarebbe
auspicabile una revisione dell’esclusivo criterio demografico nell’assegnazione dei finanziamenti
regionali, che finisce per sfavorire le aree che sono meno popolate proprio perché svantaggiate».
Non è un caso infatti che i dati dimostrino che la capacità di spesa sociale dei comuni dell’Appennino sia la più bassa della Città metropolitana di Bologna, perché strettamente collegata alla ricchezza del
territorio (redditi e popolazione): come dire che piove sul bagnato, insomma.

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