di
Giancarlo Giovagnoni
La
Zona Pastorale di Sasso Marconi - Marzabotto domenica prossima, 27
ottobre, alle 10.30 si riunirà presso la chiesa parrocchiale di
Marzabotto per una solenne concelebrazione eucaristica in memoria di
tutte le vittime della strage di Monte Sole.
770
furono le vittime che trovarono la morte per mano dei nazisti nei
territori di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi. Fra loro vennero
trucidati tre sacerdoti diocesani: don Giovanni Fornasini, don Ubaldo
Marchioni, don Ferdinando Casagrande e due religiosi: don Elia Comini
e Padre Martino Capelli, sacerdote del Sacro Cuore di Gesù. Anche
Suor Maria Fiori, Maestra Pia, venne uccisa insieme a cinquanta
persone, a San Giovanni di Sotto.
Il
bilancio della strage, considerata la più grande strage di civili
avvenuta in Europa nella Seconda Guerra mondiale, è drammatico: 115
furono i luoghi teatro dei massacri. Persero la vita persone miti e
innocenti fra queste: 316 donne, 216 bambini inferiori ai 12 anni,
142 persone anziane oltre i 60 anni.
Al
termine della celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Alberto
Di Chio, già postulatore per la causa di beatificazione (fase
diocesana) dei tre sacerdoti diocesani, nella sala parrocchiale di
Marzabotto verrà proiettato il documentario "I luoghi di Don
Giovanni Fornasini" opera del prof. Massimiliano Belluzzi, e il
volume: "I sacerdoti, i religiosi e le comunità martiri di
Monte Sole", unitamente ad un cd che riproduce più di 300
diapositive che descrivono il territorio di Monte Sole, le
parrocchie, la gente e le fasi salienti dell'eccidio. Queste due
ultime opere, edite dalla nostra Zona Pastorale, sono state prodotte
dai prof.ri Giovagnoni e Sidoli, già docenti presso
l'Istituto Comprensivo di Marzabotto.
Abbiamo
intervistato don Paolo Russo, parroco di San Lorenzo e di San Pietro
di Sasso Marconi, nonché moderatore della Zona Pastorale.
Perché
don Paolo questa celebrazione?
Le
comunità parrocchiali dei nostri territori, che comprendono i comuni
di Sasso Marconi e Marzabotto, sono in qualche modo le custodi più
impegnate a mantenere viva la memoria di quanto accaduto a Monte
Sole.
Lassù
per noi esiste una sorta di "santuario a cielo aperto".
Santuario perché in quei luoghi è stato sparso sangue innocente di
sacerdoti, di religiosi, di persone innocenti e inermi e soprattutto
il sangue di bambini e perfino di neonati.
Era
gente religiosissima. Come raccontano gli storici queste persone
frequentavano assiduamente la chiesa, partecipavano ogni domenica
alla Messa, ritornandovi nel pomeriggio per il canto del Vespro.
Che
ruolo aveva il prete in quelle parrocchie?
Come
più volte don Dario Zanini ci ha raccontato, insieme ad altri
sacerdoti che hanno narrato le vicende di Monte Sole come padre
Franchini, don Carboni e mons. Gherardi, il parroco era il centro di
tutta la vita della parrocchia. Si interessava principalmente di
evangelizzare la propria gente, ma nel contempo non trascurava di
assisterla anche nelle questioni normali della vita, sia
economicamente, quando vi era bisogno, sia nel curare la loro
formazione e la loro istruzione, come ha fatto don Casagrande che
aveva aperto una scuola serale per aiutare i ragazzi a conseguire la
licenza elementare o come, invece, don Fornasini, aprendo addirittura
una specie di scuola professionale per le giovani della sua
parrocchia.
Al
prete tutti si rivolgevano, per la gente era il faro, la colonna, il
porto sicuro nelle difficoltà.
Quale
aspetto della vita di questi sacerdoti l'ha particolarmente colpito?
Erano
quasi tutti sacerdoti molto giovani, inviati in montagna, in un luogo
difficile da gestire per gli aspetti tipici delle località. Erano
molto uniti fra loro. Il servizio ecclesiale era al primo posto della
loro azione pastorale. Ricordo in particolare don Fornasini, che
aveva appena 28 anni che con la sola bicicletta, percorreva le strade
ghiaiose di allora, correndo in aiuto dei parroci anziani e ammalati.
Era
normale per lui, al di là delle condizioni del tempo, sia che fosse
bello, sia che piovesse o nevicasse, ogni domenica celebrare la Messa
a Sperticano, per poi salire a Montasico e a Vedegheto. Ritornare a
casa, pranzare e ripartire nel pomeriggio per fare lo stesso tragitto
per la celebrazione del Vespro.
Avevano
il senso del servizio, questi preti, formati in modo esemplare nel
seminario, pronti ad intervenire dove vi fosse bisogno.
L'aspetto
che più mi ha colpito, in particolare è che questi preti, benché
avessero ricevuto dal Cardinale l'invito a venir via dai luoghi
pericolosi dove vivevano, hanno declinato il consiglio e sono rimasti
fino all'ultimo momento, seguendo in modo concreto l'esempio di Gesù
Buon Pastore che non abbandona il gregge, condividendo così la morte
tragica dei loro fedeli.
Il
messaggio di queste persone è ancora valido oggi a distanza di 75
anni?
Certamente!
I preti e suor Maria Fiori, hanno testimoniato con la loro vita i
valori fondamentali che Gesù ci ha insegnato: il servizio, la
solidarietà, l'impegno compiuto a 360 gradi che tocca ogni aspetto
della vita: da quello spirituale a quello materiale, il sacrificio,
l'abnegazione, l'amore disinteressato, la condivisione di quanto
avevano. Ricordo in modo particolare che uno di questi sacerdoti
diceva al suo contadino: "prima mangia te e se ne rimane mangio
io".
L'aspetto
che potrei definire eroico compiuto da questi sacerdoti e religiosi è
stato soprattutto il dono totale della loro vita. L'abbiamo già
rilevato: potevano andarsene e abbandonare al loro destino le persone
della montagna, invece, sono rimasti lì e hanno accompagnato i loro
parrocchiani con la preghiera e con i conforti che solo la religione
è in grado di offrire in quei frangenti, all'incontro di questa
povera gente con Gesù Crocifisso .
Allora
a Marzabotto il 27 ottobre?
Si!
Invito tutti alla celebrazione eucaristica a Marzabotto domenica
prossima, 27 ottobre alle 10.30.
Sarà
un'occasione per ritrovarci come fedeli della Zona Pastorale per
condividere questa memoria e per pregare perché il Signore Gesù,
per intercessione di Maria, doni ai nostri giorni sentimenti di
perdono, di pace, di amore e di accoglienza.
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