sabato 23 dicembre 2017

L'elmo romano di Baragazza è un falso, ha trent'anni di onorato servizio per i giochi dei bambini

di Andrea Donati

Non era l'elmo di un legionario di Adriano reduce dalle guerre germaniche, ne' quello di un pretoriano, non era neppure 'romanesco', ma era genuinamente castiglionese, costruito poche decine di anni fa da un appassionato cultore di oggetti antichi . Non grondava quindi di sangue ne' del sudore da corpo a corpo in battaglia, ma riecheggiava ancora delle grida dei bambini impegnati in un attrezzato gioco ai saldati che, ormai stanchi, hanno abbandonato il pesante copricapo nei boschi. E' questa la verità sull'elmo romano ritrovato pochi giorni ne fa nei boschi che circondano Baccaderio e 'spacciato' per storico .

"L’elmo romano? L’ho fatto io, una trentina d’anni fa con la calotta in ferro battuta e qualche lastra di ottone lavorata con pazienza», spiega Marco Carpani, settantenne bolognese, ex insegnante di educazione artistica, guida turistica di vecchio corso, maestro d’arte al carnevale di Persiceto e soprattutto appassionato ed esperto cultore di storia antica e moderna. A dimostrazione della fondatezza di quanto sostiene mostra l'elmo gemello di quello ritrovato da lui realizzato.

Il 30 novembre, quando i principali quotidiani cittadini hanno dato notizia del ritrovamento a Castiglione dei Pepoli di un elmo di epoca romana databile a primo o secondo secolo dopo Cristo si è incuriosito, poi dalle immagini ha riconosciuto l’opera delle sue mani (FOTO). Ci ha riso su, ci ha pensato qualche giorno, e poi ha deciso di scrivere alla Soprintendenza alle belle arti e al paesaggio di Bologna che con un comunicato aveva divulgato la notizia, per chiarire come stanno le cose.

«Nelle foto pubblicate ho riconosciuto l’elmo da legionario che io eseguii nell’estate di 30-35 anni fa nella casa di mia moglie in località Serraglio di Baragazza. Questo elmo divenuto in seguito oggetto dei giochi dei tanti bambini e ragazzi che si sono alternati nel corso di 20 anni nella casa, fu abbandonato nel bosco e di esso si sono perse le tracce anche perché la casa non fu più abitata causa la frana di 15 anni fa», racconta divertito e anche in qualche modo lusingato per essere riuscito a realizzare una copia talmente realistica da trarre in inganno gli archeologi della Soprintendenza.

E spiega: «La calotta fu eseguita utilizzando la parte superiore di un elmetto del quale è riconoscibile la fessura per l’aerazione sulla sommità. Mentre le paragnatidi, il paranuca, i paraorecchie e la fascia frontale sono di ottone ricavato da una lastra moderna», dice aggiungendo dettagli sulla formazione delle cerniere, degli esemplari originali ai quali si è ispirato e alla tecnica usata.

Poi aggiunge: «Mi rendo conto che la fattura decisamente artigianale dell’elmo, costruito servendomi di un martello o poco più, e la correttezza filologica della forma possano aver tratto facilmente in inganno. Ho poi letto di ipotesi di musei, di studi di approfondimento storico e di itinerari culturali. Il mio senso civico mi ha spinto ad inviare questa comunicazione alle autorità competenti onde evitare vane illusioni ed equivoci imbarazzanti», conclude il professor Carpani ben deciso ad evitare ogni facile paragone con la beffa livornese delle false teste di Modigliani.

Fonte: Il Resto del Carlino



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