Il 23enne di Marzabotto che venerdì sera ha travolto e ucciso una 29enne con la sua auto ha chiesto al giudice di poter incontrare la famiglia della ragazza.
Un lettore ha inviato per la pubblicazione questo articolo del Corriere di Bologna.
Mattia resta agli arresti
domiciliari. Lo ha deciso il giudice. I gravi indizi di colpevolezza
e l’aggravante della guida in stato di ebbrezza non hanno permesso
alla difesa di ottenerne la revoca. «Vorrei morire io», ha
ripetuto più volte il ragazzo durante l’udienza di convalida.
«Continua a dire che vorrebbe morire. È sotto shock, molto provato
e a pezzi. Stiamo valutando un supporto psicologico per il ragazzo.
Durante l’udienza , inoltre, ha chiesto di poter incontrare i
familiari della vittima. «Ma in questi momenti crediamo sia meglio
evitare», racconta il suo avvocato, Cesare Ammendola.
Nella foto: Maria
Laura (a sinistra) con la sorella Marta
Il
23enne di Marzabotto che venerdì
sera ha travolto con la propria auto uno scooterone, trascinandolo
per diversi metri e causando la morte della ragazza che lo stava
guidando, Maria Laura Di Benedetto,
è un operaio in una azienda della zona che produce macchinari. Il
gip Domenico Panza ha convalidato l’arresto disponendo la misura
cautelare degli arresti domiciliari, che Mattia Sammartino sta
scontando a casa sua su una collina vicino a Marzabotto. L’accusa
resta quella di omicidio stradale, il pm è Beatrice Ronchi.
L’esito
dell’alcol test fatto venerdì sera non ha lasciato alcun dubbio:
il tasso di alcol nel sangue del 23enne era di 2,41 grammi al litro,
cinque volte superiore al limite (0,5). Ci sarebbe anche un
precedente: anni fa gli era stata ritirata la patente all’uscita
di un locale nel bolognese. In quell’occasione il limite era
superiore a quello consentito, ma di 1,50 grammi al litro. «Non era
ubriaco», precisa il legale della famiglia di Mattia.
Al
giudice Mattia ha raccontato nuovamente di non essere fuggito
venerdì sera e di aver chiamato lui per prima le forze dell’ordine.
Da una prima ricostruzione invece è emerso che subito dopo
l’incidente aveva abbandonato l’auto, e l’amico che era con
lui, e a piedi si era diretto verso l’uscita all’altezza del
quartiere Mazzini; solo a quel punto avrebbe chiamato i carabinieri:
«Mi hanno rubato la macchina, li ho inseguiti a piedi. Hanno
causato un incidente», avrebbe detto al telefono. Ma su questo
punto arriva la smentita del legale della famiglia Sammartino: «La
fuga rientra fra i capi d’imputazione, ma si materializza con il
non aver avvisato le autorità competenti. E, invece, è stato
proprio lui a chiamare soccorsi e forze dell’ordine. Si è
allontanato di qualche metro dopo aver visto il corpo senza vita
della ragazza, ha avuto paura, a qualche metro c’erano i familiari
della 29enne. Così sotto choc ha chiamato i carabinieri. Prima ha
detto che gli avevano rubato la macchina ma ha spiegato subito
com’erano andati realmente i fatti». Arresti domiciliari
convalidati dal gip, dunque, «anche se non c’è pericolo di
reiterazione del reato, se non c’è pericolo di fuga. Mattia è
arrivato da solo in tribunale ed è tornato a casa allo stesso modo
— continua il legale — e non c’è pericolo di inquinamento
delle prove. L’amico e i testimoni hanno riferito tutto sul posto,
dopo l’incidente».
Non
è ancora chiaro dove Mattia Sammartino abbia trascorso la serata di
venerdì: «Ha detto di averla passata in compagnia di amici e stava
rientrando a casa». Poi l’incidente, all’altezza dell’uscita
12, in direzione Casalecchio: «La ragazza, – continua l’avvocato
Ammendola – secondo quanto riportato dal ragazzo, ha sorpassato
all’improvviso e lui era già sulla corsia di sorpasso». Anche su
questa versione potrebbero essere fondamentali, oltre alle
testimonianze di chi era lì, le immagini delle telecamere. Intanto
dal legale arriva la smentita delle corse clandestine:
«Quest’eventualità non è stata assolutamente trattata
nell’udienza. Perché non c’entra nulla con le corse
clandestine, anche perché diversamente non avremmo parlato di soli
arresti domiciliari».
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