“Siamo
pronti a raccogliere la sfida lanciataci dal Sindaco di Bologna,
Virginio Merola, e a lavorare insieme per riunire gli ospedali
metropolitani. Sappiamo che sarà un percorso complesso, ma siamo
convinti che si tratti di un obiettivo tanto impegnativo quanto
realizzabile, e che la determinazione, il realismo e l’entusiasmo
che metteremo in gioco ci aiuteranno a valorizzare i tratti
distintivi di ciascuna realtà, a garantire nuove opportunità di
crescita alla comunità professionale e ad assicurare una maggiore
qualità dei servizi ai cittadini”.
Così Chiara Gibertoni,
Antonella Messori e Andrea Rossi, Direttori Generali rispettivamente
della Azienda USL e della Azienda Ospedaliero-Universitaria di
Bologna e dell’Azienda USL di Imola hanno commentato la proposta
del Sindaco Virginio Merola per il superamento dell’attuale assetto
degli ospedali metropolitani, a cominciare da Maggiore e dal
Sant’Orsola, per puntare sulla loro riunificazione.
“Si tratta di continuare - ha proseguito Antonella Messori - un impegno comune già avviato da tempo e che può contare su una serie di esperienze di integrazione positive già portate a termine in questi anni, come il Laboratorio Unico Metropolitano, il Trasfusionale Unico metropolitano, la Medicina nucleare, le Malattie Infettive, la Pneumologia Interventistica, i Servizi Amministrativi. Riunire ora gli ospedali bolognesi consentirà di caratterizzarli ancora di più per la disponibilità di professionalità elevate, alta tecnologia e come punti di riferimento per le patologie più complesse”.
Per Chiara Gibertoni “E’ necessario rafforzare ulteriormente la capacità del nostro sistema sanitario di rispondere ai bisogni dei cittadini, bolognesi e non solo. Nella fase di riprogrammazione della rete territoriale e ospedaliera dell’area metropolitana – ha proseguito Gibertoni – l’investimento di maggior rilievo riguarda il territorio. Superare la frammentazione della offerta ospedaliera di secondo e terzo livello ci permetterà di liberare risorse utili per aumentare la nostra capacità di risposta, introducendo tutta l’innovazione necessaria a colmare la distanza tra la condizione attuale dei servizi e i bisogni e le aspettative dei cittadini. Anche su questo terreno i tempi sono maturi per un cambio di passo significativo”.
“Già oggi – conclude Andrea Rossi - i bisogni di cura più complessi non consentono interventi settoriali, ma richiedono sempre più spesso risposte che attraversano l’intera filiera ospedaliera, oltrepassando frequentemente i confini aziendali. L’integrazione ospedaliera rappresenta, pertanto, la migliore delle risposte possibili se si ha a cuore il miglioramento della relazione fra servizi e cittadini e la pratica attuazione del principio dell’equità di accesso alle cure. Non va sottovalutato, infine, il fatto che un sistema più integrato potrebbe trasmettere un forte messaggio di sostenibilità, coesione interna e credibilità.”
“Si tratta di continuare - ha proseguito Antonella Messori - un impegno comune già avviato da tempo e che può contare su una serie di esperienze di integrazione positive già portate a termine in questi anni, come il Laboratorio Unico Metropolitano, il Trasfusionale Unico metropolitano, la Medicina nucleare, le Malattie Infettive, la Pneumologia Interventistica, i Servizi Amministrativi. Riunire ora gli ospedali bolognesi consentirà di caratterizzarli ancora di più per la disponibilità di professionalità elevate, alta tecnologia e come punti di riferimento per le patologie più complesse”.
Per Chiara Gibertoni “E’ necessario rafforzare ulteriormente la capacità del nostro sistema sanitario di rispondere ai bisogni dei cittadini, bolognesi e non solo. Nella fase di riprogrammazione della rete territoriale e ospedaliera dell’area metropolitana – ha proseguito Gibertoni – l’investimento di maggior rilievo riguarda il territorio. Superare la frammentazione della offerta ospedaliera di secondo e terzo livello ci permetterà di liberare risorse utili per aumentare la nostra capacità di risposta, introducendo tutta l’innovazione necessaria a colmare la distanza tra la condizione attuale dei servizi e i bisogni e le aspettative dei cittadini. Anche su questo terreno i tempi sono maturi per un cambio di passo significativo”.
“Già oggi – conclude Andrea Rossi - i bisogni di cura più complessi non consentono interventi settoriali, ma richiedono sempre più spesso risposte che attraversano l’intera filiera ospedaliera, oltrepassando frequentemente i confini aziendali. L’integrazione ospedaliera rappresenta, pertanto, la migliore delle risposte possibili se si ha a cuore il miglioramento della relazione fra servizi e cittadini e la pratica attuazione del principio dell’equità di accesso alle cure. Non va sottovalutato, infine, il fatto che un sistema più integrato potrebbe trasmettere un forte messaggio di sostenibilità, coesione interna e credibilità.”
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