lunedì 4 luglio 2016

CIA Bologna: “Cerealicoltura in ginocchio servono misure di emergenza”.


Dalla CIA Bologna

La situazione dei prezzi del grano pagati agli agricoltori è molto critica. Le quotazioni della borsa di Bologna il 30 giugno u.s. hanno segnato € 15,8 – 16,2 al quintale per il grano tenero e € 19,8 – 20,3 per il grano duro.
Così non si sostengono neppure i costi di produzione, per la CIA bisogna intervenire subito, anche in assenza di un Piano nazionale di settore.

La cerealicoltura è in ginocchio i prezzi sono dimezzati negli anni, parlare di crisi è un eufemismo, solo per pagare i contributi INPS che scadono il 16 luglio prossimo ci vorrebbero 40 ettari di coltivazione a grano con una media di 100 euro ad ettaro di guadagno, oggi impossibile. La situazione è diventata paradossale, non solo perché i grani nazionali sono di qualità sempre più eccellente, ma perché al porto di Bari ogni giorno si scarica grano proveniente dall’estero, negli ultimi giorni è arrivato persino grano australiano. “Altro che difesa del Made in Italy” , osserva Pietro Sabbioni della direzione provinciale Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) di Bologna, siamo di fronte all’ennesimo e gravissimo attacco ad un prodotto simbolo. La pasta italiana, vanto della nostra tradizione, tra qualche anno sarà solo un bel ricordo se i pastifici continueranno a lavorare grano estero” .
Da qualche anno cresce la tendenza degli Imprenditori agricoli a non seminare: una scelta che dipende da quotazioni basse del grano e dal fattore costi, soprattutto visto che i prezzi di mercato, non riescono a compensare gli oneri da fronteggiare. I costi produttivi in costante aumento (+6,4% solo del carburante), hanno portato gli agricoltori del settore ad un netto rialzo dei terreni lasciati a riposo più 19%. Tanto più nell’ambito dei cereali, dove il prezzo del grano tenero e duro pagato ai produttori italiani resta tra i più bassi del mondo. Per la CIA il settore necessita di una diversa organizzazione di filiera, attraverso il sostegno della qualità, della ricerca applicata al settore agroalimentare, tutti elementi che possono aumentare il potere contrattuale della produzione rispetto alle industrie di trasformazione. Senza provvedimenti, per rientrare almeno dei costi di produzione, gli agricoltori investiranno sempre meno a discapito della qualità. “ Se non si cambia rotta a perderne sarà tutto il sistema agricolo italiano basato sulla qualità, salubrità e genuinità”, conclude Sabbioni con evidente preoccupazione .

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Così vuole l'europa, anzi l'eurafrica, piantatela di piagnucolare.
L'unica misura d'emergenza è l'Italexit.

Anonimo ha detto...

Una situazione assurda!

Anonimo ha detto...

Ci vogliono fatti e basta parole parole!,

Anonimo ha detto...

Così vuole il consumatore, che non è minimamente interessato né alla qualità, né alla provenienza della materia prima degli alimenti che compra.
Basta che costino poco, ma se consumare cibo costa poco non si può pensare che chi lo produce ci campi dignitosamente.

Anonimo ha detto...

Anonimo del 5.7., in parte sono d'accordo con lei ma il prezzo lo fanno anche i costi e le spese del produttore e su questo un governo nazionale e anche locale puo' intervenire eccome per esempio con la tassazione per non parlare di altre misure. Certo e' piu' semplice lasciare gli agricoltori in balia di un mercato impoverito. Ma vogliamo parlare degli stipendi e delle tasse nazionali e locali che potrebbero lasciare al consumatore piu' soldi disponibili per scegliere?