di
Marco Leoni
ARISTOTELE
:
L’etica nicomachea
“ Riporto
una lezione di Matteo Saudino, fantastico prof. di filosofia “
L’etica
nicomachea è la grande opera di filosofia etica di Aristotele.
Prende il nome dal padre di Aristotele, Nicomaco, medico che trasmise
al figlio il grande interesse per la natura, ma soprattutto prende il
nome del figlio di Aristotele, anch’egli di nome Nicomaco.
E'
un’opera che il grande filosofo di Atene infatti dedica a suo
figlio.
E
tenendo conto che l’opera si occupa soprattutto di virtù e di
felicità è grande che sia un’opera di un padre dedicata al
proprio figlio.
Il
tema dell’etica nicomachea è
proprio la felicità,
la felicità deve
essere l'obiettivo, il fine ultimo della vita dell’uomo.
Ma
per il mondo greco il paradigma è che sia la virtù a portare la
felicità, dunque la felicità è una conseguenza dell’essere
virtuosi.
Anche
questo modello sarà poi criticato dal mondo ottocentesco,
soprattutto da Nietzsche che è il grande rilettore del mondo greco,
il quale dirà proprio che questa è una forzatura, che non è la
virtù a portare la felicità ma l’essere nella felicità è di
per sé una forma di virtù.
Il
mondo Greco però, da Socrate a Platone ad Aristotele, segue invece
questo paradigma: è la virtù che determina la felicità.
Dunque
per stabilire quando uno è felice bisogna stabilire quando è
virtuoso per cui la domanda diventa: Quando l’uomo è virtuoso?
L’uomo
è virtuoso quando esercita al meglio la propria virtù specifica.
Ad
esempio un suonatore di cetra è virtuoso quando suona al meglio la
cetra, un panettiere è virtuoso quando sforna al meglio delle sue
possibilità il pane e così un marinaio e così un contadino e così
un guerriero.
Quindi
voi sarete felici quando esercitate al meglio la vostra specifica
virtù.
Ma
l’attività propria dell’uomo è essere RAZIONALE.
Il
mondo greco, il trittico Socrate, Platone, Aristotele, che dice che
l’uomo è virtuoso quando esercita al meglio la virtù che gli è
propria, giunge alla considerazione che l’uomo che esercita la
razionalità è felice.
Le
due grandi tipologie di virtù per Aristotele sono
le virtù ETICHE e le virtù DIANOETICHE
e hanno a che
fare con la ragione.
Le
virtù ETICHE sono le virtù razionali che riguardano la vita
pratica in mezzo agli altri uomini,
come mi comporto
come agisco: ad es. quando prendo il pullman, quando sarò in coda
alla posta, quando starò giocando una partita di pallone,
Le
seconde virtù sono le virtù DIANOETICHE
, le virtù razionali
che riguardano non più la vita pratica ma la vita intellettiva, la
vita intellettuale, l’esercizio della Ragione in campo
intellettuale.
LE
VIRTU’ ETICHE
Sono
quelle che noi dobbiamo esercitare nella nostra vita associata. Se
non siamo virtuosi la società, la comunità politica, non funziona
dirà Aristotele.
Secondo
Aristotele riguardano la
capacità di scegliere il GIUSTO
MEZZO
tra due estremi.
Ad
es. tra essere vigliacchi e essere temerari il giusto mezzo è il
coraggio.
L’uomo
coraggioso non è l’uomo vigliacco che di fronte a una situazione
si ritrae e fugge, ma non è neanche colui che temerario mette il
petto in fuori e va incontro sprezzante al pericolo.
Se
voi siete alla fermata del bus e vedete un gruppo di cinque o sei
persone violente che decide di aggredire a colpi di cinghiate un
ragazzo per un motivo qualunque, per scherno o dileggio o bullismo o
razzismo, se siete vigliacchi fate finta di non vedere niente,
scappate e prendete il bus, se siete temerari vi buttate da soli
contro sei.
L’uomo
coraggioso è quello che in quel momento, vi direbbe Aristotele,
prende il telefono e chiama le forze dell’ordine, chiama altre
persone, e poi vediamo cosa accade, ma di sicuro non è colui che ha
deciso di abbassare la testa e vivere nel silenzio. La vigliaccheria
non è una virtù etica, la virtù etica è una virtù mediana ma
Aristotele aggiunge una cosa in più: E’
mediana rispetto noi stessi e a quello che siamo noi.
Se
io fossi un
insegnante di 98 kg magari decido di buttarmi in mezzo perché un
adulto rispetto a un gruppo di ragazzi che ne picchia un altro può
decidere di chiamare e poi buttarsi mettendo in campo anche di
prendersi qualche pugno. Però magari li faccio invece scappare
perché potrebbero aver paura dell’autorità. Allora le virtù come
giusto mezzo cambiano in base a chi noi siamo. Lo spiego in maniera
matematica.
Tra
0 e 10 il giusto mezzo non è 5 dipende da chi noi siamo: se sono un
pompiere e devo in quel momento avere il coraggio, provare ad
avvicinarmi con l’idrante affrontando le fiamme per alzare la
scala, il giusto mezzo fra lo 0 e il 10 sarà il 7 sarà l’8.
Dunque
il giusto mezzo va valutato, il giusto mezzo tra vigliaccheria e
coraggio per un pompiere non sarà 5 ma sarà 7 o 8. Invece per una
persona con delle disabilità fisiche il giusto mezzo sarà 3 perché
fa il massimo di quello che può fare.
Così
vale ovviamente per tutte le virtù etiche, quelle che riguardano il
comportamento, è a metà tra due estremi ma la metà è relativa
anche a ciò che siamo. Tra l’essere avaro e l’essere prodigo è
essere liberale, la liberalità è a metà tra la prodigalità e
l’avarizia perché se sono estremamente avaro o estremamente
spendaccione non sono nel giusto mezzo etico: l’avarizia porta ad
abbruttirti e chiuderti in te stesso, a perdere di vista quella che è
la tua capacità di vivere. Tra essere vanesio e essere umile è
essere magnanimo, dirà Aristotele, la magnanimità è a metà strada
tra l’essere umile rd essere vanitoso, ma anche qua ovviamente se
faccio l’attore un po’ vanitoso lo dovrò essere, più di una
persona che sta facendo il medico ad esempio perchè un medico
vanitoso non è virtuoso, cioè tutti devono essere magnanimi ma la
magnanimità di un attore sarà chiaramente più vicino all’essere
vanesio di quella di un medico
Ma
se la virtù etica è la capacità di scegliere il giusto mezzo tra
due estremi, quale sarà la virtù etica superiore a tutti ?
E'
LA GIUSTIZIA
perché la
persona giusta deve sempre saper scegliere il giusto mezzo tra due
estremi e dunque la figura tipica dell’uomo giusto è IL
GIUDICE ,
che
deve saper distribuire chiaramente le punizioni giuste.
L’insegnante
deve essere giusto nella distribuzione delle valutazioni, dovrà
essere giusto ovviamente il genitore nell’educazione dei figli, gli
arbitri devono essere giusti, i governanti devono essere giusti, le
forze dell’ordine devono essere giuste.
Quando
noi diciamo che non è giusto ? Quando percepiamo la non capacità di
essere proporzionati, capaci di scegliere tra gli estremi e applicare
poi quella cosa che è la giustizia nella vita pratica.
Aristotele
poi passa alle altre forme di virtù, parla dei due tipi di
giustizia
La
GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA e quella COMMUTATIVA.
Quella
distributiva consiste nel saper distribuire in maniera equa qualcosa,
premi, punizioni, voti. Il professore giusto non è il professore che
sa scegliere il giusto mezzo tra 0 e 10, cioè 5 perché il giusto
professore è quello che valuta il punto di partenza di un ragazzo e
dunque la sufficienza non è per tutti uguale perché c’è chi
parte avendo grandi capacità e fa un cammino molto più limitato di
quello che parte da molto molto più indietro e la sufficienza, il
sei sarà quella che premia la crescita. Per Aristotele il giusto
mezzo non è la metà spaccata ma deve tener conto del CONTESTO.
Il
papà e la mamma giusti non sono quelli che trattano i figli in
maniera eguale nel tempo ma la giustizia dipende anche dalle esigenze
che hanno i figli in quella fase della vita, quando si è piccoli
quando si è più grandi quando magari si ha una disabilità. La
giustizia non si costruisce sulla esatta metà non è data dalla
perfetta proporzionalità, la proporzione è data anche dalle
esigenze e dalle necessità.
Sono
dei passaggi ragazzi di una GRANDIOSITA’ UNICA NEL MONDO
ANTICO
, stiamo parlando di 2300 anni fa.
La
giustizia distributiva è questa.
Quella
COMMUTATIVA
consiste nel
commutare rispetto a un comportamento una pena, un premio.
Tendenzialmente la virtù commutativa è la base del diritto cioè
parla dei contratti. Infatti alla base di un contratto ci deve essere
la giustizia.
Se
ti voglio vendere una mucca, tu non mi darai in cambio dodici
galline, anzi se tu le scambi mi dici che ti ho frodato, perché non
c’è proporzione.
E
dunque i contratti di tipo economico hanno a che fare con la realtà
commutativa. I contratti come il matrimonio, come la vendita di una
casa, un terreno hanno a che fare con la realtà commutativa Anche i
furti, perchè sono una sorta di patto non fra due volontari ma tra
uno che sottrae qualcosa e un altro e a quel punto io dovrò
commutare quel gesto in una pena. Ma
la pena va equilibrata, GRANDE ARISTOTELE , la commutazione deve
essere proporzionata.
Perché
se do tre anni di galera per chi ha rubato al supermercato e do
cinque anni di galera a chi ha commesso un omicidio, non c’è una
giusta commutazione reato-pena e viene meno la fiducia dei cittadini.
Quello che a volte accade in Italia quando vediamo grandi criminali e
personalità più famose essere tradimento della giustizia. Non
dovrebbe cadere questo diritto. Poi sappiamo che ci sono tante
situazioni, gli studi degli avvocati più importanti riescono a
rinviare a lungo il processo e ottengono la decadenza dei termini
processuali, allora abbiamo la percezione che la giustizia non sia
giusta e che chi è più potente venga trattato meglio. Magari è
solo una sensazione e non la realtà, ma quando si sviluppa questo
nei cittadini, dice Aristotele , la giustizia viene meno. Giustizia
distributiva, giustizia commutativa hanno a che fare col giusto mezzo
cioè con l’essere giusti.
Altra
tipologia di virtù sono
LE
VIRTU’ DIANOETICHE.
Le
virtù dianoetiche riguardano la vita intellettiva che per Aristotele
è la vita più alta a cui può aspirare un uomo, è la vita più
alta cui può aspirare anche un filosofo.
Per
le virtù dianoetiche bisogna esercitare intellettivamente la
razionalità
Il
grado più basso, il QUINTO
grado è
dato dall’Arte,
cioè da quella
che lui chiama la TECNE
, che per
Aristotele è una virtù mentre Platone la derubricava a
immaginazione a PISTIS a credenza a DOXA addirittura
e invece è una virtù e fa parte delle virtù tecniche.
Se
sono un falegname ho delle conoscenze intellettive che applico nel
fare la sedia o il mobile, sono un idraulico ho delle conoscenze
intellettive che applico nel riparare i tubi o nel costruire un
acquedotto. Dunque le conoscenze intellettive artistiche tecniche
sono il primo grado delle virtù Dianoetiche.
QUARTO
GRADO, saliamo, la SAGGEZZA.
Saggio
e SAPIENTE per Aristotele non coincidono, per Platone invece saggio
è colui che avendo conosciuto il mondo delle caverne è ridisceso
nella caverna per salvare gli altri uomini: sono sapiente, vedo il
sole, conosco il bene e il giusto ritorno e sono ostaggio perché
libero gli altri schiavi.
Per
Aristotele saggio e sapiente non coincidono e non vuol dire che ad
Aristotele non interessa nulla della bontà, della giustizia e della
conoscenza ma sono gradi conoscitivi diversi.
Il
saggio è colui che conosce la virtù etica del giusto mezzo e la sa
applicare. Sono saggio per me e dovrei essere saggio nell’insegnarlo
agli altri, nel rapportarmi agli altri.
TERZO
GRADO delle virtù dianoetiche è L’INTELLIGENZA.
La
persona intelligente è quella che coglie i principi primi. Dunque ad
es. sa cogliere le formule matematiche e di applicarle. E' una
conoscenza astratta e soprattutto una capacità di tradurre quella
conoscenza nella risoluzione dei problemi.
Il
SECONDO GRADO
delle virtù
dianoetiche è
LA SCIENZA ,
non solo per la capacità di conoscere i principi primi ma di dedurre
i principi primi ed effettuare le dimostrazioni. L’intelligente è
colui che, data una formula, la sa applicare. Lo scienziato, l’uomo
di scienza è colui che la formula l’ha dimostrata, l’ha dedotta,
l’ha costruita e dunque è colui che effettua le dimostrazioni ed
è superiore a colui che soltanto sa applicare la formula .
E
arriviamo al grado più alto della conoscenza il PRIMO GRADO delle
Virtù dianoetiche ed è LA SAPIENZA .
Il
sapiente è colui che conosce i principi e le dimostrazioni, dunque
scienziato ma li conosce li domina pienamente e studia le realtà più
alte e sublimi cioè studia non solo le sostanze materiali naturali
dall’astronomia al naturalismo alla biologia ma studia anche le
sostanze più nobili, cioè la
sostanza prima che è DIO, IL MOTORE IMMOBILE, IL TELOS il fine
a cui tutto tende
a cui tendono le
singole sostanze a
cui tende L’INTERO UNIVERSO .
Il
sapiente è colui che coglie il principio primo dell’universo: DIO
inteso come CAUSA PRIMA che coincide con LA CAUSA ULTIMA sul
Motore immobile, L’ATTO PURO LA FORMA PURA, la sostanza priva
di Materia, priva di potenza, cioè IL PENSIERO PENSANTE, IL
PENSIERO che
pensa a sé stesso in modo tale da essere immobile ed essere
LA CAUSA FINE ULTIMA DELL’ INTERO UNIVERSO , questo è IL
SAPIENTE .
Guardate
che AFFRESCO nella ETICA NICOMACHEA
di Aristotele che affresco sulle virtù, è un inno alla virtù, è
un inno all’essere felici e la Felicità è il possesso della
virtù,
il vizio è ciò che vi allontana più di tutti dalla felicità.
COME
SEMPRE GRANDIOSO ARISTOTELE !
4 commenti:
Io consiglierei questi articolisti filosofi di somministrare la propria materia in " pillole " e non in " cure da cavallo " ; parlare poi di " etica " alla popolazione delle valli del Reno e del Setta è solo tempo e spazio perso, in quanto ho potuto constatare che non esiste gente più ignorante di questa ( nel senso etimologico del termine, cioè " che ignora ") Con un analfabetismo di ritorno, questa gente se legge, non sa capire ciò che legge; questa gente è più interessata al pettegolezzo malevolo, alle piccole carognate, dispetti verso il vicino, furti, calunnie, segnalazioni alle Autorità di ciò che non esiste, costringendo Carabinieri, Forestale, Polizie municipali a recarsi sul posto per verificare . Poichè è una popolazione prevalentemente di anziani, direi che conservano ( in tono minore) il modus operandi dei partigiani di fine guerra e della filosofia non gliene può fregar di meno ! Spero che Fabbriani vorrà pubblicare questo mio commento e non , come è sua abitudine, arrogarsi il diritto di censurare i commenti poco " allineati " col pensiero di regime .
Articolo molto attuale, infatti a breve l'economia italiana uguaglierà i valori di quella ellenica del quarto secolo avanti Cristo.
Se gli articoli filosofici fossero più sintetici, avrebbero sicuramente una maggior audience, ma la filosofia non può essere “stringatezza”. Deve avere una certa dose di AMPOLLOSITA’ !!
Concordo pienamente con le asserzioni dell’anonimo delle ore 10,31 sull’analfabetismo di ritorno che è tuttora molto più evidente e marcato nelle nostre zone rurali . Ciò nondimeno , non tutti sono incolti e illetterati !!
Non mi sembra che il gestore del blog sia un “proibitore” di commenti non allineati al “regime” : Si leggono frequentemente commenti contrastanti al “filone” dell’articolo pubblicato .
Forse, e giustamente , non vengono pubblicati commenti lesivi e/o volgari.
Non è obbligatorio leggere gli articoli che non interessano e se le pagine " FINESTRE SULLA FILOSOFIA" vengono gradite da non molti lettori ben vengano ugualmente . La FILOSOFIA è CURIOSITA' e in relazione a ciò abbeverarsi ad una nuova fonte è alimento per la mente e lo spirito ne guadagna.
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