Confagricoltura «Chiediamo lo stato
di calamità per queste fitopatie che per la prima volta si sono
manifestate in modo così aggressivo».
di
Barbara Bertuzzi
Più
severe, e forse nuove, forme di alternariosi o “marciume calicino”
rischiano di sfiancare la produzione di pere, in particolare quella
della varietà regina, Abate Fetel, che è coltivata principalmente
in Emilia-Romagna.
La
Confagricoltura regionale lancia l’allarme: «È un danno
incalcolabile. Mai avrei immaginato – spiega Albano
Bergami, presidente dei frutticoltori - che malattie fungine
ormai note al territorio, per i danni provocati negli anni al nostro
patrimonio pericolo, si potessero ripresentare con una tale virulenza
e velocità di diffusione».
Saranno
fortemente ridimensionate le percentuali di crescita stimate per la
varietà Abate, in Emilia-Romagna, nel 2020, pari ad un + 107% sul
2019, quando i volumi produttivi toccarono il fondo: 106 mila
tonnellate contro le 247 mila dell’anno precedente. Cala così una
scure sulla campagna di raccolta in corso nell’areale regionale,
preannunciata da una produzione attesa di pere difficilmente
raggiungibile e vicino alle 423 mila tonnellate rispetto alle 246
tonnellate del 2019 (fonte: Cso).
«La
malattia fungina detta ”marciume calicino” non è una novità per
i nostri produttori e può danneggiare anche altre varietà quali
Conference, Decana o Kaiser, però le molecole essenziali per la
difesa da questa fitopatia – incalza Bergami – sono state
recentemente bandite dalla Ue e quelle ammesse, di ultima generazione
ma esclusivamente “monosito” - azzarda una ipotesi l’imprenditore
ferrarese - potrebbero aver generato resistenze attraverso la
selezione di nuovi ceppi».
Il
presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello
Bonvicini,
rimarca «che non bisogna vietare
l’utilizzo di molecole indispensabili per la difesa fitosanitaria
delle piante senza aver prima individuato soluzioni alternative
efficaci». E conclude: «Sembra non esserci tregua per la
frutticoltura. Chiediamo lo stato di calamità per queste fitopatie,
che per la prima volta si sono manifestate in modo così aggressivo e
che incideranno sul bilancio annuale di migliaia di aziende
emiliano-romagnole, già a rischio chiusura per l’aggravarsi della
crisi di settore, con inevitabili ricadute economiche e occupazionali
per la nostra regione». Una richiesta che sottintende inoltre
l’esigenza di interventi indifferibili nel breve, ossia «azioni di
presidio e prevenzione per scongiurarne la proliferazione evitando
così gli errori commessi in passato con altre avversità biotiche»,
e nel medio-lungo, «concentrando risorse umane e finanziarie sulla
ricerca finalizzata alla individuazione di nuovi metodi di
contenimento e contrasto».
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