lunedì 14 agosto 2017

Turisti in Appennino, dieci anni di crisi: adesso si cerca il rilancio.

Aziende che chiudono, territori che rischiano di spopolarsi, meno visitatori. Ma c’è chi ha trovato una strada puntando sulla natura.

Un lettore con l'interrogativo: “ Ma chi progettava le politiche trascorse e chi progetta quelle attuali, PARTITICAMENTE parlando, cosa ha fatto?”, invia:


Nella terra, dove dall’inizio della crisi tutto è cambiato, l’unica speranza oggi si chiama turismo. Meglio se sostenibile, dove escursioni, percorsi enogastronomici e cultura s’accoppiano in una proposta unica che manda in pensione i vecchi modelli di un tempo, legati solo alla neve, alle terme e alla villeggiatura. Modi diversi di vivere l’Appennino che se, fino ad undici anni fa, registravano numeri da record, con oltre 99.000 arrivi e quasi 28.000 presenze, oggi non tirano più.
I DATI - Nel 2016, rispetto all’anno in cui l’Italia ha vinto il suo ultimo mondiale, i turisti che hanno fatto il check-in almeno in una struttura ricettiva sono diminuiti del 38%, mentre il numero delle notti trascorse sotto le stelle della montagna bolognese si sono dimezzate. E nel frattempo anche l’Appennino è cambiato: da fiorente distretto industriale si è trasformato nel luogo dal quale tutti se ne vogliono andare. L’emigrazione è continua e strutturale: se ne vanno i dipendenti delle fabbriche che un tempo davano lavoro a centinaia di famiglie, come gli ultimi 239 operai della Saeco di Gaggio Montano che sperano di essere presto ricollocati. O i coraggiosi 84 operai della Stampi Group di Monghidoro, rimasti in presidio per 259 giorni. Con loro fuggono anche insegnanti, giovani e famiglie.
L’ALLARME - «Se non riusciamo a garantire i servizi scolastici, qui non verrà più nessuno a vivere e lavorare. I nostri territori rischiano di spopolarsi». È questo il grido d’allarme di chi la montagna bolognese l’amministra da tempo. Ma se tutti scappano, c’è anche chi arriva. Negli ultimi anni, anche se i dati sono ancora negativi rispetto agli anni pre crisi, si sta assistendo al ritorno di chi l’Appennino lo sceglie invece per rilassarsi. È il popolo dei turisti, soprattutto italiani e mordi e fuggi, che stanno tornando a frequentare la montagna. E così se i villeggianti diminuiscono, aumentano gli escursionisti. «Sicuramente i tempi d’oro sono ancora lontani» — spiega Stefano Lorenzi, direttore di Appennino Slow —, «ma ci sono zone dell’Appennino che oggi vanno meglio di altre. Tutta la via degli Dei, la Valsamoggia e l’Imolese stanno andando molto bene. Se i dati positivi non si vedono ancora, per ora si parla di un aumento di presenze intorno al 7-8%. In tutte queste aree sta esplodendo il turismo legato al benessere: il mondo si è rimesso a camminare, e molta gente sta venendo da noi alla scoperta di quell’Italia minore, dove fare un’escursione costa meno ».
TURISMO - Ma oltre agli arrivi e alle notti trascorse dai viaggiatori, l’anno scorso è diminuito anche il numero di strutture ricettive: nel 2016 sono aumentate del 23% rispetto al 2015, ma dopo diversi anni di crescita continua oggi sono tornate agli stessi livelli del 2010 con 119 realtà ospitanti e 2766 posti letto (-7%). «Ci sono però aree, come il Corno alle Scale o la zona di Porretta Terme, dove si fa più fatica ad invertire la rotta: qui i numeri sono più negativi. Il mercato delle seconde case è in crisi e gli stranieri non vanno nelle strutture vecchie, ma preferiscono frequentare chi propone servizi in linea con i trend del momento. Il busiMa chi progettava le politiche trascorse e chi progetta quelle attuali, PARTITICAMENTE parlando?
villeggiatura, ora al massimo si arriva e si torna a casa in giornata». Ma se l’estate 2017 si allineerà più o meno con i dati di quella del 2016 con quasi 28 mila arrivi e 6500 presenze, chi non sarà in grado di stare al passo con i cambiamenti del mercato il prossimo anno rischia già di scomparire. «Stiamo pagando gli effetti delle politiche del passato che privilegiavano solo un certo tipo di turismo. Oggi stiamo cercando di vendere un altro tipo di montagna, i risultati si vedranno solo fra qualche anno. Bisogna resistere ancora un po’».

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